La Riserva Marina delle Medas, un museo vivente di Stefano Navarrini il 29 Lug 2020 Una convergenza di fattori ha portato alla nascita di una straordinaria riserva marina in Catalogna. Un micro arcipelago - tra i più piccoli del Mediterraneo - che ci offre un quadro di quello che poteva essere il nostro mare tanto tempo fa. Forse chiamarlo arcipelago può sembrare un po’ eccessivo, ma tale è, anche se le sue sette isolette - alcune poco più che scogli - si trovano a meno di un miglio dalla costa. Un piccolo arcipelago in grado però di offrire uno straordinario spettacolo perché una non casuale convergenza di fattori ha creato sulle coste della Catalogna - e più precisamente proprio di fronte a L’Estartit - la più straordinaria riserva marina del Mediterraneo. Immergersi nei fondali delle Medas è come sfogliare l’album dei ricordi del Mare Nostrum, ritrovare il Mediterraneo di quando (noi sub di pelo bianco) avevamo i calzoni corti. In altre parole, una sorta di museo vivente o, se preferite, un grande acquario a… mare aperto. In nessun altro posto, in Mediterraneo, è infatti possibile osservare da vicino e con la massima tranquillità una tale quantità di specie (1.345 tra flora e fauna), partendo da una quantità di invertebrati, incluso il corallo rosso, e variando poi da cefali e spigole a saraghi (inclusi i faraoni) e corvine, da orate e giganteschi scorfani a tanute e occhiate, da dentici e barracuda a gronchi e murene, a polpi e salpe, a una tribù di gigantesche cernie e a tutta quella quantità di specie meno spettacolari che comunque danno un’idea di quella che doveva essere la ricchezza dei nostri mari. Insomma una festa per l’occhio e per la macchina fotografica che ha avuto alla base una precisa ragione: il fish-feeding, cioè la pratica di dar da mangiare ai pesci che, però, da qualche anno è stata proibita. È stata però questa la chiave di volta - come del resto in altre spettacolari riserve marine come per esempio quella di Lavezzi - per conquistare la fiducia dei pesci. Nei primi anni ’80, le isole erano battute da pescatori sportivi e professionali, oltre che da molti corallari, per la grande ricchezza di queste acque. Una ricchezza che, oltre che per la particolare morfologia del fondo, è dovuta alla singolare confluenza di correnti e alla vicina foce del fiume Ter, apportatrice di un benefico flusso di sostanze organiche. Poi, poco a poco, il corallo è finito (ma è ancora facile vederlo in immersione, anche se di piccole dimensioni), il pesce è scarseggiato a causa dell’esubero di pesca e così a qualcuno è venuto in mente che quelle isolette potevano essere sfruttate meglio, magari coinvolgendo il turismo subacqueo che stava lentamente prendendo piede. Leggi tutto l'articolo Abbonati Questo articolo è disponibile solo per gli abbonati. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!