Il mistero del Bright: riaperte le indagini di Corrado Ricci il 11 Ott 2024 La scomparsa in Atlantico di una barca a vela di 47 piedi (il Bright) con skipper e marinaio. La pista della collisione con un cargo, compulsata da una fonte anonima, non trova riscontro. Invece emergono tracce di attività dei naufraghi dopo la sparizione. Un solo “S.O.S.” trasmesso da un Epirb e captato dai satelliti per orientare le ricerche sul punto di un naufragio. Del tutto assente la successiva serie di allarmi per dare il via a soccorsi puntuali, considerando che il funzionamento rituale del dispositivo ne avrebbe previsto uno ogni 50 secondi per circa 48 ore, cioè quanto consentito dalla durata delle batterie. Antonio Voinea e Aldo Revello Sommario I fattiAd oggiLe ipotesiLe indagini ufficialiL’agenzia investigativaLe ricerche I fatti Dalla radioboa del Bright, un Beneteau Oceanis 473 Clipper di 14,30 metri, parte dunque un unico segnale. Accade alle 13,48 Utc del 2 maggio 2018, a 342 miglia a Est di Ponte Delgada, capoluogo delle Azzorre. Le condizioni meteo sono maneggevoli per la barca a vela. Unica possibile ragione di quel segnale isolato, un naufragio-lampo con l’apparecchio rimasto intrappolato all’interno dello scafo, al pari dei due velisti imbarcati: lo skipper torinese Aldo Revello, di 52 anni, e il marinaio di origine rumene Antonio Voinea, 31 anni. Per loro, nemmeno il tempo di aprire la zattera di salvataggio. Risale a un giorno prima la traccia lasciata su Facebook dallo skipper, che racconta la navigazione verso Gibilterra per far rientro a Bocca di Magra dopo la crociera charter ai Caraibi, rassicurando familiari e amici: “Che giornate meravigliose! Il Bright corre sereno senza sforzo, oggi al gran lasco, e macina miglia”. Il Bright visto dall’alto Ad oggi A poco più di sei anni dalla scomparsa dei due velisti e della loro barca – di proprietà di Aldo Revello e della moglie Rosa Cilano – si materializza la svolta investigativa che alza l’asticella del mistero aprendo all’ipotesi che il Bright non sia affondato e, a partire dall’unico segnale Epirb, abbia preso forma uno scenario lontano dalla verità. L’atto dirimente è firmato dal Gip del Tribunale di Roma, Daniela Ceramico. Il magistrato ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione del fascicolo che era stato aperto per naufragio e omicidio colposo, omissione di assistenza a navi o persone in pericolo. L’avvocato Aldo Niccolini L’opposizione è giunta dai familiari di Antonio Voinea, per il tramite dell’avvocato Aldo Niccolini, subentrato all’ultimo tuffo dell’inchiesta discutendo il convincente affondo in udienza. Il legale ha contestato il pm titolare dell’inchiesta, Silvia Sereni, laddove intendeva chiudere la storia dopo aver vagliato, in profondità, una sola pista, rivelatasi però fallace: quella dello speronamento dello yacht, colato a picco in men che non si dica. Le ipotesi L’agghiacciante scenario era stato tratteggiato, nel settembre 2018, da una fonte anonima che, a mezzo Messenger, sotto l’username di facciata Lone Sailor, aveva stabilito un contatto con Rosa Cilano sostenendo di essere un marinaio filippino testimone del naufragio dal ponte di un cargo battente bandiera di Hong Kong. Questa nave era tra le unità mobilitate dal Maritime Rescue Coordination Center delle Azzorre che aveva diretto le ricerche dopo l’allarme spot dell’Epirb. Nessun riscontro però all’esito delle indagini giudiziarie delegate alla centrale operativa dell’Italian Maritime Rescue Coordination Centre presso il Comando generale delle Capitanerie di Porto. Le indagini ufficiali Gli investigatori hanno accertato, con riferimento alla posizione registrata dal sistema Ais che presenta un’accuratezza di alcuni metri, che il mercantile si trovava a transitare a circa un miglio e mezzo dal punto in cui era stato lanciato il segnale Epirb, i cui margini di incertezza sono però sull’ordine di alcune miglia. Ergo: impossibile confermare o escludere la collisione; ciò in assenza della documentazione fotografica satellitare relativa al tratto di mare interessato (richiesta all’Agenzia europea per la sicurezza della navigazione) e in assenza di tracce di detriti da schianto in mare, se non due salvagenti riconosciuti come appartenenti al Bright dall’ospite che navigò su di esso fino alle Azzorre per poi rientrare in Italia in aereo. Impossibile, in pari tempo, dare la patente di attendibilità all’anonimo informatore dopo il bluff rifilato, allorché fu messo alle strette per tirare fuori elementi concreti. A un certo punto veicolò una foto come prova del naufragio del Bright: in realtà era stata attinta in rete dai filmati su YouTube relativi al soccorso di una barca a vela nel 2006 nei Mari del Nord. Mentre vani si sono rivelati gli sforzi della Polizia Postale tesi a identificare la gola profonda (l’unica certezza è che abbia scritto dal Senegal), sono emersi elementi sconcertanti dalle indagini commissionate dai familiari di Antonio Voinea. Le coordinate dell’unico segnale Epirb L’agenzia investigativa Le ha svolte l’agenzia investigativa Reveles della Spezia. Le scoperte sono molteplici e, secondo il gip, meritevoli di approfondimento. A nome del ‘naufrago’ risulta intestata la fattura del noleggio di un’auto all’aeroporto di Lisbona il 18 agosto del 2020, circa due anni e tre mesi dopo il presunto naufragio; ciò è avvenuto dopo le tracce di chiamate senza risposta lasciate sul cellulare della nonna, partite dal cellulare del marinaio scomparso; non bastasse, sono emersi dei collegamenti ai profili social personali di Voinea e Revello, come se gli stessi, detentori delle rispettive password, si fossero connessi. Dalle indagini difensive è emersa anche la circostanza dello sconcerto palesato dall’ospite del Bright nella tratta Caraibi-Azzorre per il divieto tassativo di accedere alla cabina di prua. C’è poi un tablet da passare al setaccio: quello spedito ai familiari di Voinea dall’ex fidanzata del marinaio dopo aver chiuso il ristorante intestato allo stesso a Fuerteventura, seconda isole delle Canarie, la Taberna de Jack. Infine pesa il conforto da lei dato alla madre di lui. Le avrebbe detto che prima o poi Antonio sarebbe tornato e, riferendo la prospettiva scalda-cuore, aveva tratteggiato i contorni di un futuro capace di innescare interrogativi da brivido: “Tornerà irriconoscibile, diverso, non saprà neanche come si chiama: tornerà con il cervello lavato; si è messo in una situazione più grande di quella che potete immaginare”. La frase attribuita alla donna è contenuta nell’opposizione alla richiesta di archiviazione formalizzata dall’avvocato Niccolini; quanto basta, insieme agli elementi emersi dall’investigazione dell’agenzia Reveles, a far riaprire il caso, con l’ordine di un surplus di accertamenti. Mentre la giustizia penale è ancora lontana dal giungere al capolinea di una verità processuale, se mai sarà raggiunta, quella civile è approdata, alla fine del 2021, a un atto intriso di rassegnazione: la dichiarazione di morte presunta di Aldo Revello. La sentenza è giunta su istanza della moglie, mossa dal bisogno di darsi pace e di pensare a crescere la figlia di 10 anni. «Nessun patrimonio in gioco, nessuna eredità» aveva spiegato, all’epoca del deposito della richiesta, l’avvocato Sebastiano Angelo Scarpa, incaricato da Rosa a promuovere il procedimento. «Solo – aveva puntualizzato – la necessità di gestire il quotidiano, come ad esempio il mutuo della casa di Castelnuovo Magra, la dichiarazione Isee per le agevolazioni scolastiche della figlioletta, la rottamazione della vecchia auto di Aldo». Rosa Cilano Lo status di Rosa Cilano, da poco meno di tre anni, è quello di vedova. Ciò dopo una mobilitazione intensiva, su Facebook e con appelli in tv, passata anche per manifestazioni di piazza per sollecitare le ricerche dei naufraghi, inanellando solidarietà diffusa e risorse, ripartite tra i familiari dei naufraghi, per finanziare le indagini private. Ora per l’anagrafe Aldo Revello è morto, sulla base delle presunzioni vagliate dal Tribunale della Spezia che le ha ritenute solide. Contro queste continuano a battersi i familiari di Antonio Voinea, che sperano di riabbracciare il congiunto; intanto emerge che il Bright risulta ancora iscritto alla Capitaneria di Olbia dove venne immatricolato. Il gip ha dato 6 mesi al pm per sbrogliare la matassa. Il Bright e la foto choc smascherata Si riaccendono così i riflettori sulla storia controversa; avviene sotto l’ombra della fonte anonima, poi uscita di scena. Un ‘semplice’ e sciagurato millantatore che ha voluto speculare sul dolore dei familiari degli scomparsi per provare un insano piacere? Un testimone che alla distanza ha voluto farsi da parte temendo per la sua vita? Sta di fatto che il cargo sospetto, secondo la memoria dell’avvocato Niccolini, è stato demolito. Sarebbe così sparita un’incisione sul mascone di dritta che era stata spiegata dalla fonte anonima come traccia lasciata dall’albero della barca a vela al momento della collisione. Le ricerche Le ricerche dei naufraghi in Atlantico si erano protratte per una settimana (avevano coinvolto anche nave Alpino della Marina Militare in rotta per New York) e gli sforzi erano stati vani. Agli atti restano due salvagenti del Bright recuperati nell’area prossima alle coordinate geografiche da cui parti il segnale di soccorso. Su questi, seguendo la logica dei familiari di Antonio Voinea, si allunga il sospetto di una collocazione mirata, al pari del rilascio dell’Epirb, sparito in una manciata di secondi. Una possibile messinscena. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!