Long test, Elan Impression 45.1 di Nico Caponetto il 6 Nov 2019 Sommario In equilibrio sulle ondePrime miglia a velaLa vita sottocopertaFinalmente si manovra a vela In equilibrio sulle onde Una gran bella carena, quella che Rob Humphreys ha disegnato per questo nuovo modello dell’Elan. L’abbiamo testata per 400 miglia con mare e vento spesso contrari, in una galoppata durata 56 ore. Le ore che precedono la partenza sono un po’ frenetiche. Fra 70 ore il Golfo del Leone sarà attraversato da un maestrale molto forte con una previsione di mare molto agitato. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere l’altra sponda, la Costa Brava, entro la mattina del I novembre: 60 ore per coprire quasi 400 miglia. Anticipare la partenza è fondamentale anche per evitare brevi ma intense burrasche da Nord-Ovest che sono previste in Costa Azzurra. Alle 16 del 28 ottobre molliamo le cime d’ormeggio per inziare il Long test del nuovo Impression 45.1, uno sloop del cantiere Elan disegnato da Rob Humphreys. Dicevamo circa 400 miglia: la distanza da Genova a Port Ginesta, una quindicina di miglia a Ovest di Barcellona. A bordo siamo in due, il sottoscritto e Antonio Iaria, skipper e istruttore di vela a causa di una passione che lo perseguita da 35 anni. Prime miglia a vela Appena mettiamo la prua fuori dall’imboccatura di levante del porto genovese, riusciamo immediatamente a fare vela. Un vento fresco da Sud ci permette di fare un primo bordo di bolina larga mantenendo una buona rotta di avvicinamento a Capo Mele, sull’altra sponda del golfo ligure. E saggiamo le prime reazioni della barca: l’onda di un metro è corta e la carena l’affronta con un passo deciso, con una bella progressione. La velocità, con un vento reale sui 15 nodi, oscilla fra i 6,5 e i 7 nodi. In condizioni di mare fra poco mosso e mosso, gli spostamenti in coperta sono agevoli e il passavanti si mostra ben servito da appigli ravvicinati, come il tientibene sulla tuga e le sartie. Abbiamo comunque armato una life line sulla murata di dritta – avendo una previsione prevalente di maestrale – cui ci assicuriamo per ogni spostamento verso prua. Ma già in queste prime due ore, in pozzetto si manifesta una fastidiosa presenza: due tavoli enormi, con le ante abbattibili così ingombranti da impedire il passaggio a ridosso della tuga. Un impedimento che, in oltre due giorni di navigazione, si manifesterà come un enorme rottura di scatole. Ed è un peccato, perchè il pozzetto è ben concepito, ampio ma riparato dai paramare alti, attrezzato nella zona di poppa con frigorifero e cucina. Insomma, uno spazio che è chiaramente indirizzato verso il comfort in crociera. La felice andatura dura poco. Alle 18 il vento scompare lasciando solo una fastidiosa onda da libeccio. Proseguiamo a motore cercando di non scendere sotto i 6 nodi per rispettare la nostra tabella di marcia. Spingiamo quindi il Volvo Penta D2 da 50 HP a 2.200 giri e stabilizziamo la velocità. La vita sottocoperta Le prime ore della sera ci conducono verso la preparazione della barca per affrontare la prima notturna di questo long test. Il mare mosso di prua e il motore che spinge contro un’onda di circa un metro, ci permettono di verificare come ci si muove sottocoperta. Per scendere in quadrato si può contare sulla presa sicura di due tientibene verticali ai lati della scala e, una volta all’interno, il bordo rialzato di tutti i mobili permette di avere un appiglio sempre a portata di mano. La preparazione del primo pasto, seppure si tratti di una cosa semplice con l’uso della cucina ridotto al minimo per scaldare dell’acqua, mette in luce il pregio e il limite della cucina. Lo spazio si sviluppa lungo la murata di dritta con una conseguente apprezzabile disponibilità di piani d’appoggio e la presenza di un frigorifero casalingo di facilisimo accesso. D’altra parte, nel lavorare in navigazione con mare mosso ci si sente più esposti rispetto a una cucina più raccolta con una conformazione a “U”. Molto utile lo schienale del divano collocato fra il grande tavolo e la cucina. In posizione normale, è sormontato da un tientibene che rende più sicuri gli spostamenti e la permanenza in quadrato fino alla zona delle cabine di prua, mentre quando è reclinato verso il tavolo permette di avere una seduta verso la cucina che abbiamo utilizzato spesso anche per infilare la cerata o gli stivali e prepararsi per il turno di guardia. Punto di forza su una barca così votata alla crociera, è il tavolo da carteggio, che sembra più immaginato per le lunghe navigazioni d’altura. Sistemato a murata sulla sinsistra, è una vera e propria postazione del navigatore, con una seduta regolabile e tutti gli strumenti per il controllo dei parametri della navigazione collocati a parete. È vero che tutti gli strumenti sono riportati anche in pozzetto ma, soprattutto di notte, la possibilità di scendere sottocoperta al caldo, sedersi per riportare un punto nave, verificare i dati degli strumenti e dei consumi, costituisce una grande comodità e un elemento di sicurezza. Prima che faccia buio ci prepariamo per la notte. Abbiamo deciso di coprire due ore di guardia a testa e due di riposo da passare in pozzetto, dormendo al caldo del sacco a pelo sulla panca di sottovento in modo da poter essere pronti e allertabili in pochi secondi in caso di necessità. L’indispensabile uso della toilette, prima di salire in pozzetto, conferma un’opinione che mi sono fatto in tante miglia vissute in altura: le dimensioni contenute e la conseguente possibilità di puntellarsi, quando la si usa con mare mosso, sono da considerare un valore. Nel caso della toilette di poppa, lo spazio a disposizione è più che dignitoso, seppure non enorme, e la doccia separata dai servizi per mezzo di una porta in plexiglass dispone di una seduta utile per lavarsi in navigazione. Il secondo servizio a prua, che non abbiamo mai utilizzato, è invece privo di doccia. La notte prosegue senza variazioni meteo, scandita dai cambi di turno simbolicamente segnati dalla preparazione di un caffè solubile molto allungato ma caldo. Fino alle 3, quando all’altezza di Monaco, pur in assenza di vento, l’onda diventa un po’ più ripida. Accostiamo di qualche grado a sinistra fissando un punto di accosto a dritta dopo un’ora per riavvicinarci, se sarà possibile, alla costa. Finalmente si manovra a vela L’alba di domenica 29 settembre illumina la scia generata dalla nostra elica. Colazione e splendida doccia con l’acqua calda prodotta dallo scambiatore di calore ci impegnano con grande lentezza fino alle 8 quando, finalmente, l’atteso maestrale fa capolino mentre mancano poco meno di 40 miglia alle isole di Hyeres. In realtà, probabilmente condizionato dal profilo della costa, il vento si dichiara da Ovest pieno. Facciamo vela e prendiamo subito una bolina mure a dritta inziando un bordo di allontanamento dalla costa. La manovra di issata è resa molto comoda dall’uso del winch elettrico, ma più lenta rispetto a quella del pomeriggio precedente quando, fuori dal porto di Genova, con poche bracciate, l’uomo all’albero ha messo a riva tutta la vela. Ancora una volta, i due tavoli così mal ridossati alla tuga, creano impedimento ad Antonio in manovra sulla drizza, impedendogli di assumere una posizione frontale rispetto al winch. La navigazione ci ripaga della nottata passata a ballare al suono del motore. Con un angolo reale di 45 gradi, 15 nodi e tutta tela filiamo a 7,5 nodi, ma soprattutto sentiamo la barca stabile e reattiva al comando del timone. Quando decidiamo di virare per risalire verso Hyeres, la manovra è perfettamente fluida e realmente eseguibile dal solo timoniere grazie ai due winch collocati a pochi centimetri dalle ruote del timone. Altre due virate e alle 11,30 prendiamo il bordo con mure a sinistra che ci permette di tenere la prua su Port Lavandou, dove dobbiamo fermarci per fare rifornimento. Una sosta brevissima, giusto il tempo di rabboccare il serbatoio e fare due conti sui consumi: certi di essere partiti con il pieno, a 2.200 giri il Volvo Penta D2 50 HP ha consumato quasi 4 litri l’ora. Quando ripartiamo, lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi è impagabile. Il vento è calato e increspa appena l’acqua e tutto lo spazio di mare compreso fra le isole di Hyeres e la costa francese pullula di centinaia di barche a vela di ogni dimensione e tipo. Noi tiriamo qualche bordo, incrociando e salutando decine di velisti; poi, quando siamo di fronte al Golfo del Leone, il vento ci abbandona completamente. Diamo motore e alle 14 siamo al traverso di Tolone con 145 miglia davanti alla prua prima della Costa Brava. Siamo in anticipo sulla burrasca prevista per il giorno successivo ma in perfetto orario per prendere qualche ora di vento fresco che dovrebbe raggiungerci domani mattina verso le 3. Con questa previsione, decidiamo di tenere una rotta più settentrionale rispetto ai 240 gradi che ci porterebbero a lambire Palamos sul versante opposto del Leone. L’obiettivo è quello di avere la possibilità di poggiare quando arriverà vento forte e mare più formato. L’articolo completo su Nautica n. 391, novembre 2019 – www.adriaship.it Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!