Il bolentino di alta profondità di Nautica Editrice il 21 Ago 2016 La pesca è spesso guidata da momenti e mode, ma soprattutto la voglia di pescare aumenta esponenzialmente con la possibilità di realizzare carnieri di riguardo. Vengono così riscoperte tecniche poco praticate e ne nascono di nuove, sempre nella continua ricerca di poter soddisfare la voglia di avventura e di mare insita in ogni potenziale pescatore. La pesca sportiva, proprio per sua prerogativa, presuppone un margine di vantaggio da parte della preda rispetto al pescatore, in modo da rendere ogni cattura una sfida al limite della potenza delle attrezzature. Ma la pesca sportiva può anche essere intesa come un modo per vivere una piacevole giornata in mare, tralasciando le esasperazioni etiche e cercando l’avventura in mare. Ci sono alcune prede infatti che non possono essere insidiate con sistemi sportivi, a causa della notevole profondità a cui vivono ed è proprio per queste prede che sono nati gli apparati elettrici per la pesca di alta profondità. La conformazione del fondo del Mediterraneo è molto simile alla parte emersa delle terre che ne lambiscono le coste. Le caratteristiche geologiche del fondo marino sono caratterizzate da valli e montagne, proprio come le terre emerse, e queste caratteristiche oltre che nel sotto costa, si ripetono anche in mezzo al mare, con improvvise depressioni, che causano salti anche di centinaia di metri. Il bolentino di profondità ha allargato le sue vedute e, dalle secche con cappelli a 120-150 metri vicine alla costa, si è spostato in alto mare, su cadute che piombano fino a 550-600 metri. Proprio nelle profondità comprese tra i 300 ed i 500 metri sono stati individuati consistenti banchi di occhioni, merluzzi e cernie di profondità, più una vasta varietà di pesci che vivono ad alta profondità. La pesca si è quindi spostata a maggior distanza dalla costa e a maggior profondità, con un incremento notevole sia della strumentazione elettronica necessaria alla navigazione, sia negli strumenti idonei per pescare. E’ inutile dilungarsi sull’imbarcazione, che oltre a essere adatta alle distanze da raggiungere dalla costa per individuare le poste menzionate, deve essere equipaggiata con GPS cartografico ed un ecoscandaglio in grado di leggere bene il fondo almeno fino a 600 metri, di conseguenza con una potenza d’uscita di almeno 600 watt Rms ed il trasduttore preferibilmente passante in bronzo. La notevole profondità d’azione impone l’impiego di strumenti elettrici per poter salpare le esche (ed eventuali prede), la pesca con canna e mulinello è infatti possibile fino a 150-200 metri, in assenza di corrente. Per profondità maggiori si rendono necessari i salpabolentini o i mulinelli elettrici, creati appositamente per rendere possibile questa affascinante tecnica. Gli attrezzi vengono imbobinati con multifibra che rispetto ad altri multifili (il nylon è da escludere a causa dell’eccessiva elasticità), presenta un diametro molto minore a parità di potenza, opponendo una più bassa resistenza idrodinamica alla corrente. La lenza in bobina termina con una girella Sampo di adeguate dimensioni alla quale si collega il terminale. Tra il terminale e la madre lenza è necessario interporre una lampada stroboscopica, prodotta appositamente per essere calata ad alte profondità, che rende le esche più visibili nel buio abissale ed attrae i pesci. Il terminale finisce con l’aggancio del piombo distanziato dall’ultimo amo a seconda del fondale (50 centimetri in caso di roccia, 70-100 in caso di alga). I piombi, che per un minore attrito con l’acqua in calata è preferibile siano oblunghi e conici in punta, possono pesare da 750 grammi a tre chili, a seconda della profondità e della corrente. La pesca si svolge prevalentemente a scarroccio, ma chi è pratico di ancoraggi ad alta profondità, può tentare di individuare i pesci sull’ecoscandaglio e provare ad ancorarsi in modo che le esche peschino sul punto prefissato. Raggiunta la posta scelta, si inizia una prima azione di scandaglio per capire l’andamento della cigliata ed effettuare i passaggi in modo che le esche passino correttamente sulla zona di franata o dove si è individuata la presenza dei pesci. Eseguita una prima scandagliata si risale la corrente uscendo dalla cigliata in modo che calando le esche non arrivino in pesca già sul ciglio, ma effettuino la passata dalla base della caduta al pianoro della secca o viceversa (a seconda di come la corrente sposta la barca). Come esche si utilizzano prevalentemente la sardina a pezzi, innescata e legata successivamente con il filo elastico, oppure piccoli calamari interi, cappellotti, pezzi di polpo o di calamaro. In molti casi vengono effettuati degli inneschi misti di sardina e calamaro, unendo l’olezzo dell’una alla fluorescenza dell’altro, il tutto va “infiocchettato” con il filo elastico. Gli inneschi vanno eseguiti in considerazione della lunga discesa fino al fondo e della possibile perdita delle esche. L’attesa perché le esche arrivino sul fondo, aumenta in proporzione alla corrente e allo scarroccio della barca, nel caso si noti un allontanamento eccessivo della lenza dalla barca, è necessario aumentare il piombo. Una volta in pesca, si attendono le abboccate. Sia che si peschi con salpabolentini elettrici, corredati dell’apposita canna, sia che si utilizzino mulinelli elettrici abbinati a canne da traina con carrucole, da 20-50 libbre, le mangiate sono chiarissime, trasmesse con prontezza dalla rigidità del multifibra. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!