Omicidio nautico e lesioni personali sono legge di Ettore Romagnoli il 29 Nov 2023 A seguito della pubblicazione sulla G.U. del 10 ottobre 2023 della legge 26 settembre 2023 n. 138, i reati di omicidio nautico e di lesioni personali nautiche sono realtà dal 25 ottobre. Dunque, si apre un nuovo capitolo per il mondo della nautica e la fine dell’estraneità sancita dal relativo codice al diritto penale/criminale cui si preferì un sistema punitivo basato in esclusiva su sanzioni amministrative sia pur di un certo rilievo come dimostrato per le norme del 2017 che reprimevano il comando di unità sotto l’effetto di alcool e stupefacenti. Il disegno di legge – presentato dal Senatore Balboni già nella precedente legislatura – ha conosciuto nell’attuale un iter spedito confortato da unanime approvazione da maggioranza e opposizione incassando il 21 febbraio 2023 il sì del Senato, coronato da quello della Camera il successivo 20 settembre. Come detto, il Codice della nautica è scevro da sanzioni penali e tale rimane per cui si è operato introducendo i nuovi reati nel Codice penale. Sono puniti con maggior rigore comportamenti che, anche agli occhi dell’opinione pubblica, erano repressi in modo inadeguato, essendo ricondotti a fattispecie colpose. A parte questo, osserviamo che si è colmato un vuoto legislativo, in quanto nel 2016 furono introdotti l’omicidio e le lesioni gravi stradali agli artt. 589 bis e 590 bis del Codice penale, mentre nulla si era previsto sul versante nautico, causando con ciò uno squilibrio disciplinare poiché, a fronte dell’identica gravità del comportamento prodromico tenuto in strada o in mare, le sanzioni erano diverse. In più, a prescindere dai numeri certamente inferiori di vittime in mare aperto e nelle acque interne piuttosto che sulle strade, la matrice del reato e la condotta tenuta nella causazione di questi gravi fatti appaiono di sicuro similari per la condotta da ricondurre al fattore comune di imprudenza, leggerezza e inosservanza di norme di comportamento. Come accennato, con la prima riforma del Codice, nel 2017, è stato introdotto il divieto dell’assunzione del comando/direzione nautica nel diporto per coloro che sono sotto effetto di alcool o sostanze psicotrope ex artt. 53 bis, ter e quater del Codice della nautica che prevedono una disciplina particolareggiata comminando sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie piuttosto severe e di certo dissuasive. Evidentemente non è stato sufficiente e, da qui, il passaggio al penale con l’obiettivo di frenare con deterrenti adeguati comportamenti irresponsabili come quello che, nel 2021, coinvolse Greta Nedrotti e Umberto Garzarella verso la sponda bresciana del lago di Garda . Ad essi è stata idealmente dedicata la legge. Greta Nedrotti e Umberto Garzarella Nella relazione al Senato del proponente furono evidenziati i frequenti casi di cronaca su drammatiche morti e lesioni gravi causate da incidenti in mare, laghi e laguna: da ciò la necessità di introdurre simmetricamente i reati di omicidio nautico e quello di lesioni personali gravi nautiche ricalcati sulla disciplina dell’omicidio e delle lesioni stradali grazie a una modifica delle norme incriminatrici. Come gli automobilisti, anche i diportisti che, al timone di imbarcazioni, sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti, causano la morte qualcuno saranno puniti con pene maggiori di quelle attualmente previste per il “semplice” omicidio colposo, come avvenuto sino ad ora. Si è colmata una contraddizione con i fondamentali criteri di proporzionalità tra i beni protetti compromessi (vita/integrità fisica) e l’atteggiamento psicologico di imprudenza del reo di per sé inaccettabile ove si pensi che la medesima persona, responsabile della morte di un’altra, alla guida di un’automobile rischiava molto di più del conducente/comandante di un’imbarcazione che sinora poteva cavarsela con appena sei mesi di reclusione anche grazie a patteggiamento e altri riti premiali. In tale ottica si è inciso non solo sull’entità della pena e sulle misure che ne garantiscono l’efficacia ma soprattutto sul corretto inquadramento in senso deterrente dell’approccio psicologico di chi, consapevole della pericolosità della propria condotta illegale, sfida il destino in totale spregio delle prevedibili conseguenze della stessa sugli altri utenti dell’ambiente marino e acquatico in genere. Passiamo ora all’analisi del testo di legge che si compone di tre articoli – apparentemente di facile lettura – in cui sostanzialmente si estende l’applicazione delle norme dedicate all’omicidio e lesioni personali stradali gravi/gravissime anche ai casi in cui i medesimi fatti siano determinati da violazione delle norme sulla disciplina della navigazione marittima. Come già osservato, mentre al I comma degli articoli 589 bis e 590 bis CP si usa il “chiunque” comprendendo quindi soggetti al comando di unità commerciali e da diporto, per le ipotesi aggravate ci si riferisce ai soli diportisti. Per l’omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla circolazione della navigazione marittima si applicherà la pena della reclusione da 2 a 7 anni. I due turisti attraccano dopo aver causato l’incidente. Uno dei due, ubriaco, cade in acqua Proseguendo nella lettura dell’art. 589 bis, oltre al fatto già evidenziato che dal “chiunque” si prevede la restrizione ai solo diportisti, notiamo che una particolare attenzione è dedicata al caso in cui l’omicidio nautico è commesso da conduttori in stato di ebbrezza alcolica grave (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti/ psicotrope che comporta invece la reclusione dagli 8 ai 12 anni. Nel caso poi di comandanti di unità adibite ad uso commerciale, ex art. 2 del Codice della nautica, sarà sufficiente lo stato di ebbrezza alcolica media (tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro) a similitudine di ciò che avviene per conducenti di mezzi pesanti e di autobus. Sarà comunque punito con la reclusione da 5 a 10 anni l’omicidio nautico colposo commesso da “comandanti” in stato di ebbrezza alcolica media e autori di specifici comportamenti connotati da colpa nautica che naturalmente si declina in negligenza, imperizia e inosservanza di leggi, regolamenti e discipline. Inoltre, se il conducente dell’unità cagiona la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, sarà applicata la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo con un tetto massimo di diciotto anni di reclusione. Il recupero della lancia Un’altra norma non certo secondaria è ora applicabile alle nostre casistiche, per cui all’art. 589 ter del CP evidenziamo la modifica della rubrica dell’articolo: ora si estende all’omicidio nautico la circostanza aggravante per il caso di fuga del conducente, che comporterà un aumento della pena da un terzo a due terzi e comunque non potrà essere inferiore a cinque anni. L’art. 590-bis del Codice penale è modificato col fine di estendere la disciplina prevista per le lesioni personali stradali gravi o gravissime alle corrispondenti ipotesi di lesioni nautiche. Trattandosi di disciplina eminentemente tecnica, riservando specifico intervento, per motivi di spazio rimandiamo alla lettura del testo legislativo. Viene poi modificata la “rubrica” dell’art. 590-ter relativo alla circostanza aggravante prevista per il caso di fuga del conducente a seguito di lesioni, che ora troverà applicazione anche al caso di fuga a seguito di lesioni nautiche. Nell’ipotesi di cui sopra, la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona priva di patente nautica, ove prescritta, o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui l’unità sia di proprietà dell’autore del fatto e sia sprovvista di assicurazione obbligatoria. In ogni caso, qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà. Naturalmente, per far sì che il sistema funzioni sono state apportate modifiche anche al Codice di procedura penale. Si integra pertanto l’art. 380, comma 2, lettera m-quater, relativa alle ipotesi di omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti prevedendo che non si applichi l’arresto obbligatorio in flagranza ove il conducente si sia immediatamente fermato, adoperandosi per prestare o attivare i soccorsi (art. 2). In tal modo si evidenzia con il favore di disposizioni premianti la necessità di implementare una maggiore coscienza etica e solidarietà sociale che riguarda il responsabile di un evento lesivo e la vittima dello stesso: tali comportamenti dovrebbero far parte del normale bagaglio del marinaio ma il legislatore ha posto l’accento sul tema in un momento in cui sembra che individualismo ed egoismo stiano prendendo il sopravvento. In ultimo si introduce una specifica disciplina transitoria in seguito alle modifiche previste con riguardo al regime di procedibilità del reato di lesioni personali stradali a querela di parte (art. 3). Due fotogrammi dell’agghiacciante video di una collisione, fortunatamente senza vittime Notiamo infine che la disciplina avrebbe potuto trovare asilo nel Codice della nautica quale sua sede naturale ma evidentemente si è voluto tener fede all’originaria configurazione in cui sono previste le sole sanzioni amministrative. Sta di fatto che a parte il dato formale il tema rientra certamente nella materia diportistica ed anzi incrementa la sua raggiunta autonomia dal diritto della navigazione “classico” regolato dal relativo codice del 1942. Tracciato il quadro generale, entriamo in alcuni aspetti critici e maggiormente “tecnici” della nuova disciplina. A margine dobbiamo notare che la nuova legge pone aspetti problematici per il legale poiché gli artt. 589 bis e 590 bis C.P. al primo comma si riferiscono a “chiunque” cagioni per colpa la morte o lesioni gravi di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della navigazione marittima o interna mentre poi i rimanenti commi dei due articoli riguardano esplicitamente i soli diportisti. In pratica il tipo generale del reato è diretto a “chiunque” sia al comando di una unità sia essa commerciale (da traffico, passeggeri, trasporto merci, pesca etc.) o da diporto, mentre per i casi specifici aggravanti poi enumerati ci si limita al diporto. Ciò implica sul fronte dell’equità costituzionale un certo attrito, visto che il medesimo comportamento tenuto dai comandanti di imbarcazioni da pesca e/o da traffico appare punito in modo diverso qualora sia tenuto da comandanti di unità da diporto. Infine, questa differenza di trattamento tra navigazione commerciale e diportistica evidenzia un ulteriore strappo disciplinare per cui la nautica, destinataria di uno specifico codice, assume autonomia rafforzata anche in campo penale rispetto alla navigazione commerciale propriamente detta. Osserviamo poi che la nuova legge prevede una serie di aggravanti specifiche nel caso in cui i reati in essa previsti siano commessi da chi è al comando di unità da diporto come definite dall’art. 3 del relativo codice. La norma appare comprendere l’intera flotta diportistica visto che alla lettera a) asserisce che per unità da diporto si intende ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto che però deve essere naturalmente intesa secondo la nostra legge. Se si tratta di unità con bandiera italiana nessun problema poiché la licenza sarà specifica per diporto ad uso sia privato lusorio sia commerciale e ci si rifà al nostro Codice della nautica. Nel caso invece di unità con bandiera straniera, sempre più frequente nelle nostre coste anche con proprietà di italiani, potrebbero insorgere problematiche definitorie attese alcune situazioni potenzialmente ambigue di commercial vessel di varie bandiere che potrebbero facilmente transitare nell’una e nell’altra posizione (diporto o navigazione commerciale). A questo punto, in caso di incidente, è immaginabile che molti tenteranno di giocare su situazioni equivoche per fuggire alle sanzioni decisamente gravi previste per la qualifica diportistica dell’unità. Ciò detto, si riaffaccia il problema della destinazione delle aggravanti alle sole unità da diporto e da qui quello definitorio ovviabile solo con una previsione per cui in caso di unità di bandiera straniera la qualifica diportistica sarà disegnata in base alla legge italiana. Per gli aspetti procedurali, osserviamo infine, in linea di massima, che dopo la riforma Cartabia e la l.60/23, se le lesioni – di qualsiasi gravità esse siano – sono cagionate per colpa e con “violazione delle norme sulla disciplina della navigazione” sono sempre procedibili a querela della persona offesa e si applica l’art. 90-bis CPP per il quale la PG procedente deve informare le persone offese, sin dal primo contatto e in una lingua a loro comprensibile, circa le modalità di presentazione degli atti di denuncia/querela il cui termine di presentazione è fissato in tre mesi dal momento che l’interessato viene, o può venirne (ad esempio nei casi di lunghi periodi dello stato di coma), a conoscenza del “fatto”. Se le lesioni sono del tipo gravi o gravissime e siano state provocate con le condizioni previste dai commi da 2 a 5 dell’art. 590-bis CP e quindi con le aggravanti in essi previste si avrà procedibilità d’ufficio e competenza del tribunale monocratico. Data la tecnicità della materia si consiglia comune un esame approfondito per singolo caso. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!
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