Il problema della possibilità di navigazione nelle acque territoriali straniere e nell’alto mare dei natanti non immatricolati (unità di lunghezza di omologazione fino a 10 metri, prive di bandiera) ha sempre diviso le opinioni tra favorevoli e contrari.

Per la navigazione in alto mare e cioè oltre le 12 miglia dalle “linee di base” è intervenuto nel 2005 il Codice della nautica che, all’art. 27, ha stabilito che queste unità possono – anche se munite di marchio CE cat.“A” che consentirebbe una navigazione senza limiti – spingersi a un max di 12 miglia dalla costa. Intanto perché la Convenzione di Montego Bay del 1982 ha stabilito che la navigazione in alto mare (oltre 12 mg dalla linea di base) deve essere intrapresa con unità munite di bandiera e pertanto caratterizzate da un genuine link con un determinato stato.

Per ciò che attiene la navigazione “costiera” nelle acque di paesi stranieri – anche se comunitari – il discorso si fa più complesso poiché sempre la convenzione di Montego Bay ammette pacificamente il diritto di transito inoffensivo ma nulla dice sull’obbligo di bandiera/iscrizione.

A questo punto quel che rileva è la “volontà” del Paese rivierasco di accogliere o meno le unità che siano prive di bandiera/iscrizione.

Il primo caso di “ostilità” alla libera circolazione dei natanti fu con la Francia nell’ormai lontano 2004, sulla base di problematiche eminentemente doganali e assicurative. Appianata quella situazione che correva il rischio di trasformarsi in un caso diplomatico, negli ultimi tempi sono emerse problematiche con la Slovenia, la Croazia e la Grecia.

In effetti sono numerosi i diportisti – specie del nostro Nord-Est – che prediligono quelle coste, per la qual cosa il disagio non è stato di poco conto. Vi è certo la possibilità di iscrizione del natante (anche in altra bandiera UE), cosa che permette di pareggiarlo a tutti gli effetti con le imbarcazioni ma tale opzione comporta costi, oneri vari e farebbe cadere di fatto i pregi insiti nell’appartenenza alla categoria.

Modifica al Codice

A questo punto, per salvaguardare l’attrattività dei natanti nostrani ed evitare una fuga prevedibile verso bandiere UE piuttosto “agevolative” si è predisposta una modifica all’art. 27 del Codice della nautica seguito da due decreti attuativi di cui il secondo del 02 maggio 2024 (pubbl. in G.U. del 13/05/2024) ha sostituito il primo del 22 gennaio stesso anno.

Andiamo per ordine: l’art. 14 della legge n. 206/2023, recante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy”, ha modificato l’art. 27 del codice della nautica dedicato ai natanti disegnando una specifica disciplina,  nella forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio con firma autenticata da uno Sportello telematico dell’automobilista (STA) che attesti la proprietà esclusiva dell’unità, la data e il luogo di acquisto, nonché le generalità del venditore.  In tal modo viene tra l’altro facilitata l’iscrizione facoltativa dei natanti nei competenti registri, rendendola possibile anche a chi abbia smarrito o non abbia mai posseduto un valido titolo di proprietà.

L’attestazione per natanti da diporto italiani

I natanti che navigassero poi in acque territoriali straniere, dovranno tenere a bordo e presentare all’occorrenza alle autorità due documenti: la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui sopra, attestante possesso e nazionalità del natante, e la Dichiarazione di Costruzione o Importazione (DCI) riportante i dati tecnici dell’unità. La Dichiarazione deve essere conforme al modello allegato al DM del 02 maggio 2024.

Attestazione modello
Nell’immagine, il modello aggiornato tratto dalla G.U. del 13 maggio 2024.

Nella dichiarazione si deve attestare che il natante da diporto  è di esclusiva proprietà del dichiarante, indicando la data e  il  luogo  di  acquisto  nonché  le generalità del venditore.  

Nel nuovo comma 2 bis dell’art. 27 del Codice del diporto si vuole che i soggetti italiani possessori di natanti,  durante  la navigazione in acque territoriali  straniere,  possano  attestare  il possesso, la nazionalità e i dati tecnici dell’unità  attraverso  la dichiarazione di costruzione o  importazione  prevista  dall’articolo 13, comma 5, del reg. di cui al DPR  152/18,  corredata  della  dichiarazione sostitutiva di atto notorio, autenticata da uno STA  che attesti il possesso  e  la  nazionalità  del natante, rilasciata conformemente al modello di cui sopra previo pagamento di  23,70 euro per diritti e  compensi, da versare all’entrata del bilancio  dello  Stato. 

È poi stabilito che la documentazione deve essere tenuta a bordo durante la navigazione in  acque  territoriali straniere.

Le conseguenze

Il sistema escogitato ha indubbiamente apportato alcune semplificazioni anche se si può immagine un adeguato utilizzo in gran parte per i natanti recenti – per intenderci post marchio CE – in quanto in possesso di una adeguata documentazione. Sta di fatto che la dichiarazione non sostituisce – né può farlo – una vera e propria iscrizione nei registri, la sola cosa che autorizza all’inalberamento della bandiera nazionale.

Alla fine, si rimane sempre all’accettazione o meno della documentazione da parte del Paese rivierasco. Al proposito, la Crozia, dopo un iniziale disappunto per l’inaugurazione unilaterale del sistema da parte dell’Italia senza il necessario accordo diplomatico, ha prorogato per quest’anno la “tolleranza” dei natanti italiani nelle proprie acque.

Comunque, in GU del 13/05/2024 è pubblicato il DM del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti in cui, ai sensi dell’art. 27 del Codice della nautica, i soggetti italiani possessori di natanti, durante la navigazione in acque territoriali straniere, possono attestare il possesso, la nazionalità e i dati tecnici dell’unità attraverso la dichiarazione di costruzione o importazione prevista dall’art. 13, comma 5, del regolamento di cui al decreto del DpR 152/18.

La dichiarazione contiene contestualmente l’attestazione del possesso e della nazionalità unitamente alla   dichiarazione   di   costruzione   o importazione prevista dall’art. 13 Dpr 152/18 cit.