Leasing: individuazione del luogo di utilizzazione/fruizione di Redazione Nautica il 24 Ott 2023 a cura di Roberto Colecchia – Ha collaborato il prof. Massimiliano Giorgi, associato di diritto tributario nell’Università di Roma “Sapienza”, dottore commercialista partner dello studio e-IUS Tax&Legal La Direttiva IVA (2006/112/CE) che istituisce il sistema comune IVA prevede all’art. 56, quale ordinario criterio di territorialità, che il luogo delle prestazioni di servizi di locazione, noleggio e simili, non a breve termine, di una unità da diporto a un consumatore finale è il luogo in cui l’unità è effettivamente messa a disposizione del destinatario. Al fine di prevenire casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione della concorrenza, l’art. 59 bis della Direttiva IVA, dispone che gli Stati membri possano prevedere che il luogo delle prestazioni di servizi di locazione, noleggio e simili, non a breve termine, di unità da diporto non sia il territorio dello Stato, quando l’effettiva utilizzazione e l’effettiva fruizione dei servizi abbiano luogo al di fuori della Comunità. L’Italia si è avvalsa di tale deroga prevedendo all’art. 7-sexies, comma 1, lettera e-bis), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 che le prestazioni di servizi del leasing nautico sono territorialmente rilevanti, e quindi imponili, nel territorio dello Stato “quando sono ivi utilizzate”. L’Agenzia delle entrate, per evidenti esigenze di semplificazione e per evitare distorsioni della concorrenza, con le Circolari n. 76 del 2001 e n. 49 del 2002 aveva ammesso la possibilità di determinare il luogo di utilizzo sulla base di percentuali di determinazione forfettaria definite secondo la tipologia di unità da diporto. La Commissione europea ha tuttavia ritenuto non conforme al diritto dell’Unione europea l’orientamento nazionale, poiché, secondo tale orientamento, quanto più grande è un’imbarcazione, tanto meno è probabile che essa sia utilizzata nelle acque dell’UE, mentre la normativa europea collega l’esclusione dall’imposizione alla prova che l’uso e la fruizione effettivi dell’unità da diporto abbiano luogo al di fuori del territorio dell’Unione. La Commissione europea, con il Parere motivato del 25 luglio 2019, ha contestato all’Italia la violazione dell’art. 59 bis della Direttiva, evidenziando che tale disposizione non ammette una riduzione forfettaria generale senza la verifica del luogo di effettiva utilizzazione ed effettiva fruizione delle unità da diporto. La legge 160 del 2019 ha recepito le contestazioni della Commissione e all’art. 1, comma 725, ha previsto che il luogo della prestazione dei servizi di cui all’articolo 7-quater, comma 1, lettera e), del D.P.R. 633 del 1972 «si considera al di fuori dell’Unione europea qualora attraverso adeguati mezzi di prova sia dimostrata l’effettiva utilizzazione e l’effettiva fruizione del servizio al di fuori dell’Unione europea» e ha rimandato a un Provvedimento dell’ Agenzia delle Entrate il compito di individuare le modalità e i mezzi idonei di prova atti a dimostrare l’effettiva fruizione e l’effettivo utilizzo fuori dall’ Unione europea. Il Direttore dell’Agenzia delle entrate, con il Provvedimento 341339/2020, ha individuato i mezzi di prova (AIS, Punto nave ecc.) dell’utilizzo dell’imbarcazione fuori UE e ha definito la nozione di “utilizzo”, disponendo che «per utilizzo della imbarcazione da diporto nell’ambito dei contratti di locazione, anche finanziaria, noleggio ed altri contratti simili non a breve termine s’intendono le settimane in cui l’imbarcazione da diporto ha effettuato spostamenti tra porti (inclusi gli spostamenti da e verso il medesimo porto), con esclusione degli spostamenti tra cantieri o porti per motivi tecnici». L’unità da diporto si considera, quindi, utilizzata quando naviga; dal concetto di utilizzo sono ovviamente esclusi i trasferimenti tecnici e i periodi di manutenzione che evidentemente non costituiscono utilizzazione e fruizione di una unità da diporto. Secondo il codice della navigazione da diporto, essa è infatti quella effettuata a scopi sportivi o ricreativi. Nei trasferimenti tecnici o nelle soste in cantiere è difficile ipotizzare che sussistano quei fini “lusori” che la normativa fa assurgere a criterio distintivo della navigazione e dell’unità da diporto; la traduzione inglese per l’unità da diporto “pleasure yacht” esprime ancor meglio tale concetto. Il Direttore dell’Agenzia delle entrate, con il Provvedimento 151377/2021, ha poi adottato un apposito modello con cui l’utilizzatore dell’unità da diporto comunica all’amministrazione finanziaria la percentuale di utilizzo presunta nel territorio dello Stato dell’unità da diporto e, quindi, definisce la quota del canone di locazione da assoggettare a IVA; percentuale che viene dichiarata in via preventiva ed eventualmente rettificata sulla base della navigazione effettuata. L’individuazione dei fattori da considerare nella determinazione della percentuale di effettiva utilizzazione e di effettiva fruizione è, quindi, un momento cruciale per il calcolo della percentuale. La normativa unionale e la normativa interna fanno riferimento alla navigazione quale criterio di individuazione della effettiva utilizzazione ed effettiva fruizione delle unità da diporto; è, quindi, evidente che l’individuazione dei fattori da considerare nella determinazione della percentuale di effettiva utilizzazione e di effettiva fruizione debba essere effettuata sulla base delle settimane di navigazione. La percentuale di utilizzo deve, quindi, essere determinata sulla base di un rapporto che al numeratore ha le settimane di navigazione in acque extra UE e al denominatore la somma delle settimane di navigazione in acque extra UE e delle settimane di navigazione in acque UE. L’Agenzia delle entrate, nella Risposta a istanza di Interpello n° 430/2023 del 18/9/2023, ritiene che le settimane di sosta in porto e di rimessaggio a terra debbano, invece, essere considerati nel denominatore del rapporto, poiché in tal caso la mancata fruizione dell’unità da diporto dipenderebbe da una mera scelta dell’armatore. Ritiene altresì pacifico che dal rapporto debbano essere escluse le settimane in cui l’unità necessita di manutenzione. L’orientamento espresso nella Risposta n° 430/2023 sembra da un lato contraddittorio e dall’altro sprovvisto di ogni fondamento sia normativo sia fattuale; tale orientamento sembra fondarsi esclusivamente sulla considerazione che la locazione dell’unità da diporto abbia anche carattere finanziario e ciò anche se la locazione finanziaria è soltanto una delle tipologie di contratto attraverso cui l’unità da diporto entra nella disponibilità di colui che la utilizza. La normativa unionale e la normativa interna indicano univocamente che la percentuale di utilizzo dell’unità da diporto debba essere individuata sulle settimane di navigazione. Includere le settimane in cui l’unità sosta in porto o è in rimessaggio invernale (che comunque ha funzione conservativa e manutentiva) nella percentuale di determinazione della quota di canone imponibile, significherebbe poi incentivare l’esodo verso porti e cantieri di paesi non appartenenti all’Unione europea, trascurando che la normativa che attribuisce rilevanza al luogo di effettiva utilizzazione ed effettiva fruizione delle unità da diporto è tesa a evitare distorsione della concorrenza. Che la territorialità dell’utilizzo di una nave sia da misurare rispetto alla sua navigazione (e non alle sue soste) è un concetto che viene ribadito anche nell’ art 8 bis D.P.R. 633/72 per le navi ad uso commerciale “adibite alla navigazione in altro mare”, in cui si dispone che «una nave si considera adibita alla navigazione in alto mare se ha effettuato nell’anno solare precedente o, in caso di primo utilizzo, effettua nell’anno in corso un numero di viaggi in alto mare superiore al 70 per cento. Per viaggio in alto mare si intende il tragitto compreso tra due punti di approdo durante il quale è superato il limite delle acque territoriali». La considerazione finale dell’interpello, per la quale l’interpretazione del contribuente lascerebbe all’arbitrio dello stesso l’imponibilità Iva ancorandola alla sola navigazione in acque UE, non tiene conto che è proprio l’arbitrio dell’utilizzatore a decidere dove navigare e per quanto tempo. Astrattamente, chi ha tempo e voglia potrebbe navigare per 52 settimane fuori dall’Unione europea ed evitare in toto l’applicazione dell’IVA. Tutto ciò dimostra come sia opportuno un intervento interpretativo che vada verso la logica della direttiva IVA, cioè, “effettiva utilizzazione ed effettiva fruizione” di un oggetto che per sua natura non può essere fruito fuori dall’acqua. Specie alla luce delle possibilità derogatorie offerte all’ Italia dalla direttiva stessa, che permetterebbero un’interpretazione giuridicamente corretta e soprattutto funzionale agli interessi del settore della nautica nazionale; nautica nazionale che l’orientamento dell’Agenzia delle entrate penalizza fortemente a vantaggio dei Paesi rivieraschi che non appartengono all’Unione europea. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!
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