Nautica 747 – Luglio 2024

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DOVE TUTTO È VIETATO, TUTTO È PERMESSO

Pomeriggio di domenica 9 giugno. Cristina Frazzica e Vincenzo Carmine Leone sono sul loro kayak al largo di Posillipo, davanti a Villa Rosebery, residenza estiva napoletana del Presidente della Repubblica. Appena un istante di sorpresa e un motoscafo li investe. Vincenzo si salva. Cristina muore.

Come spesso accade, la differenza tra la vita e la morte si misura in secondi e in centimetri. Nel momento in cui scrivo – a tre giorni dalla tragedia – mi giunge la notizia che la barca investitrice è la stessa che ha portato i primi soccorsi e allertato la Guardia Costiera. Spontaneamente mi vengono in mente le immagini che abbiamo pubblicato a pagina 44 del numero di Nautica dello scorso mese di maggio: barche che investono altre barche.

Kayak-Napoli

Le abbiamo tratte dai video messi su YouTube da persone che hanno vissuto quella drammatica esperienza. Vissuto – è proprio il caso di dire – perché a loro è andata di lusso. Anche in quelle circostanze, per qualche secondo e qualche centimetro. Cerco di controllare la commozione e la pena ragionando, ma non riesco a eliminare dai miei pensieri il senso del paradosso.

Perché quell’incidente è avvenuto in una delle zone più “vietate” al mondo, nel senso che il Golfo di Napoli – letteralmente martoriato com’è da quell’insieme di ordinanze, proibizioni, limitazioni, blocchi e barriere che, aggiungendosi a un’irrisolta carenza di ormeggi, rendono la vita impossibile a chi tiene una barca nell’area – dovrebbe essere il posto più controllato e perciò più sicuro della Terra. Invece no. E allora mi chiedo se, in qualche modo, questa sorta di censura generalizzata non contribuisca a ottenere l’effetto contrario.

Mi rispondo osservando che troppo spesso – soprattutto in Italia e soprattutto lungo le nostre coste – si ricorre al dispositivo del divieto per liberarsi nella maniera più semplicistica e banale di un problema nei confronti del quale, evidentemente, si è inadeguati. E per spiegami meglio, chiedo aiuto allo scrittore americano Raymond Chandler – il creatore del celebre detective Philip Marlowe – che, nel pieno del periodo repressivo del maccartismo, sosteneva con graffiante ironia: “Se un tale perde la sua busta-paga al tavolo da gioco, bisogna abolire il gioco d’azzardo.

Se si ubriaca, bisogna vietare i liquori. Se investe qualcuno con la macchina si deve vietare la fabbricazione delle automobili. Se si fa sorprendere con l’amante in una camera d’albergo, basta con i rapporti sessuali. Se casca giù dalle scale, non si devono più costruire case”.

Purtroppo è proprio questa la strategia di chi interpreta il proprio ruolo esclusivamente in chiave proibizionistica, cioè saziandosi dell’azione in sé, senza preoccuparsi più di tanto del suo risultato e, perciò, rimbalzando le pressioni di chi vorrebbe che il problema venisse affrontato in modo più costruttivo.

Fa quindi rabbia apprendere che da anni le associazioni di categoria – tra l’altro Napoli vanta una gloriosa tradizione canoistica – chiedono tra le tante cose, restando pressoché inascoltate, la creazione di una mappa dei percorsi sicuri nel Golfo, con la realizzazione di corsie protette soprattutto in quelle zone nelle quali, durante la stagione estiva, cresce a dismisura il noleggio di piccoli natanti, kayak, canoe e dove, addirittura, si cimentano gli appassionati del nuoto di fondo.

Probabilmente, la tragedia di Posillipo smuoverà alcune coscienze. E questo – altro paradosso – mi fa arrabbiare ancora di più.

Corradino Corbò