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L’editoriale
Facendo parte dell’ambiente della vela fin dalla mia adolescenza, non mi meraviglio che si faccia tanto scandalismo di fronte alle idee di chi pretende che questo genere di barche sia più comodo, più razionale, più ergonomico, addirittura più sicuro.
Stavolta, uno dei tanti epigoni di San Giovanni Crisostomo sul tema della rilassatezza dei costumi ha preso l’iniziativa di mandarmi una mail nella quale, dichiarandosi portavoce di un non meglio identificato gruppo di “amici del vento”, critica un nostro articolo che, pubblicato sul numero di gennaio scorso, elogia lo sloop Velja 43 progettato dallo studio di Matteo Costa, indicandolo come una delle novità più interessanti tra quelle esposte all’ultimo salone di Genova.
A parere di questo lettore, che afferma di aver visitato con attenzione la barca, non è cosa buona e giusta snaturare un’unità a vela trasferendovi soluzioni che sono più tipiche di una a motore. È una specie di profanazione.
Per la cronaca, nel caso in specie si parla per esempio di timoneria a centro barca, di blocco cucina esterno, di plancetta poppiera con gradini laterali di collegamento con un pozzetto che, dotato di comodi divani contrapposti, trasformabili in un ampio prendisole, è pure sormontato da un vero e proprio roll-bar.
Per non parlare degli interni, che seguendo la stessa logica, sono conditi da un’elevata dose di ergonomia e di comfort. Apriti cielo! Per la mentalità del nostro critico – ahimè molto diffusa non solo tra gli appassionati ma, quel che è peggio, anche tra alcuni progettisti – è come se il concetto di barca a vela non potesse essere disgiunto da quello di attrezzo ginnico da palestra.
Perciò non c’è nulla di scandaloso in una ridicola quanto pericolosa passarella posticcia (chi non ne ha mai viste costituite persino da semplici palanche di origine edilizia?); non c’è nulla di poco intelligente in uno sloop natante che, per essere governato con un minimo di tranquillità, ha bisogno di tre persone di equipaggio.
Per non parlare dei wc nei quali è fortemente sconsigliabile gettare la carta igienica. Parliamo insomma di quella stessa visione oscurantistica per la quale, a suo tempo, in molti guardarono letteralmente con disgusto alla diffusione del rollafiocco. Nel pensare che questo atteggiamento non faccia bene al comparto della vela sono in ottima compagnia, per fortuna.
Solo qualche mese fa, raccontandomi di come dette vita al progetto Wally, Luca Bassani mi disse che la sua idea imprenditoriale si basava sulla premessa che, se fosse riuscito a fare una barca a vela veramente comoda, davvero facile oltre che divertente, avrebbe rubato tanti clienti al mondo del motore.
E alla mia domanda su che cosa mancasse al settore per ottenere un successo su più ampia scala, rispose usando più o meno le stesse parole: “Se oggi non si diventa velisti è anche perché tuttora le barche a vela sono scomode, sono troppo difficili. Se non sei molto pratico non le puoi far andare”.
Corradino Corbò
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