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L’editoriale
Si chiama kainofobia e, molto probabilmente, tra tutte le fobie che caratterizzano la mente umana è la più antica e diffusa. Si tratta in sostanza della più o meno accentuata avversione per il nuovo, o meglio, per qualsiasi cosa – situazione, persona, invenzione, cibo, regola eccetera – nei confronti della quale non si abbia familiarità, consuetudine, conoscenza.
È in sostanza una forma di difesa che spesso, con il passare del tempo, cala d’intensità fino a scomparire, facendo sfumare pure quel solco che normalmente separa il partito dei detrattori, dei preoccupati, degli scettici, degli abitudinari da quello degli entusiasti, dei rinnovatori, dei modernisti, dei curiosi. In tempi storicamente molto recenti è stato così per l’invenzione del personal computer, per l’obbligo del casco, per la tecnologia 5G.
È tuttora in fase evolutiva per temi profondamente divisivi come i vaccini anti-Covid, il limite di velocità ai 30 chilometri orari, l’intelligenza artificiale. Sarà sicuramente così nei prossimi mesi, quando l’argomento relativo alla proposta di abbassamento del limite della “non patentabilità” nautica a 25 HP assumerà le proporzioni che ci aspettiamo.
La paternità di questa iniziativa, che sembra destinata a diventare progetto di legge, è di Gennaro Amato, presidente di Afina (Associazione Filiera Italiana della Nautica), che l’ha posta tra i temi degli Stati Generali organizzati nell’ambito del salone Nauticsud, svoltosi a Napoli lo scorso febbraio, con la partecipazione del ministro del Mare Musumeci, la ministra del Turismo Santanchè, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, oltre al sindaco di Napoli Manfredi e ai presidenti di Regione De Luca (Campania) e Bonaccini (Emilia Romagna).
La quantità e il tono dei messaggi che ci giungono in redazione da quando la notizia ha incominciato a circolare dimostrano che l’argomento è di enorme interesse, tant’è che lo affronteremo prossimamente in modo ampio e dettagliato. Tuttavia, in questa preziosa occasione di contatto con i lettori di Nautica, mi preme esprimere un parere personale. Ricordo perfettamente il coro di commenti positivi alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge che tuttora consente la conduzione senza patente dei motori fino a 30 kW, potenza tradotta per approssimazione a 40 HP.
Si disse allora che era un passo importante per gli utenti della piccola nautica e delle società di locazione di natanti, nonché un fattore di rilancio per tutto il settore. Da vecchio marinaio, mi chiedo però se chi contribuì alla formazione e al varo di questa norma avesse perfettamente coscienza di che cosa significhi un motore da 40 HP (spesso frutto di un depotenziamento riconvertibile) nelle mani di una persona che è autorizzata ad essere del tutto inesperta e incapace. In ogni caso mi sorprende lo scoprire che, probabilmente sulla base dell’esperienza diretta non solo di charteristi occasionali ma anche di piccoli armatori e di bagnanti, l’idea dell’abbassamento di quella soglia sembra essere accolta con favore.
Ricordo altrettanto perfettamente il coro di commenti negativi all’introduzione del cosiddetto patentino per i ciclomotori. Si disse allora che sarebbe stata una rovina per le case produttrici. Anche in questo caso, però, ci fu la sorpresa di scoprire che in molti casi le vendite ebbero addirittura una crescita. Mi spiegai la cosa immaginando che un genitore responsabile comprasse più volentieri il motorino a suo figlio sapendo che questi avrebbe comunque dovuto imparare delle regole e acquisire delle capacità piuttosto che buttarsi nella mischia senza uno straccio di preparazione.
Perché poi, in definitiva, il punto è proprio questo: la preparazione. In un Paese come il nostro, nel quale la cultura del mare è legata pressoché esclusivamente a una breve esperienza estiva, anche quel “poco” che una scuola nautica offre è comunque “qualcosa”. E se a fianco c’è una legge che in qualche modo diminuisce il rischio – per sé e per gli altri – costituito dall’ignoranza e/o dalla stupidità, io dico benvenga.
Corradino Corbò
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