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L’editoriale
La parola d’ordine, a tutti i livelli e in tutti i settori della nautica, è “NOVITÀ!”. Scritta e pronunciata proprio così, in maiuscolo e con punto esclamativo. Una corsa forsennata all’inedito che, proprio come in un campionato di Formula 1, ha i suoi circuiti, in questo caso rappresentati dai saloni internazionali.
E poiché il successo di questi ultimi si fonda anch’esso, in massima parte, sul contenuto di novità, ecco che il loro posizionamento sul calendario diventa cruciale. Questo perché la bandiera a scacchi – per restare al paragone automobilistico – non sventola quando a passare la linea d’arrivo è il più bello o il più elegante: sventola al passare del primo.
E quando si corre più o meno appaiati sulla stessa area geografica, come nel caso di Cannes e di Genova, il risultato è ancor più appariscente. Non si tratta di una mia personale opinione. Per misurare la veridicità di quel che scrivo, basta contare gli eventi – premiere, conferenze stampa, cocktail eccetera – che le aziende espositrici organizzano nell’uno e nell’altro.
È dunque questa la fotografia dei saloni settembrini, tolto il caso di Monte Carlo e del suo Monaco Yacht Show che, con il suo contenuto tutto orientato al mondo dei superyacht, corre in solitario.
È un’immagine che mi piace? No. O almeno, non del tutto. Perché se da una parte comprendo certe logiche di marketing, dall’altra mi rendo conto che questa corsa all’inedito incide negativamente sulla qualità generale dell’esposizione, un po’ come accade nella maggior parte dei supermercati alimentari che, pur di arricchire i loro banchi, offrono spesso prodotti bellissimi e coloratissimi ma acerbi, immaturi, se non addirittura immangiabili.
A chi dovesse trovare il paragone esagerato o irrispettoso, segnalo la non indifferente quantità di barche esposte ai suddetti saloni non perfettamente finite; riporto il diniego di alcuni cantieri a mostrare una sala macchine che “deve ancora essere completata”; la dichiarazione che in tale barca devono essere ancora montati i tientibene; la giustificazione che le prestazioni rilevate in prova non concordano con quelle dichiarate perché il motore su quella unità è stato montato male; la richiesta di non fotografare un determinato dettaglio perché non è quello definitivo. Per non parlare del prezzo: “dobbiamo ancora stabilirlo”.
Evidentemente, così come può succedere a un maratoneta che, esausto, percorre in modo scomposto l’ultimo chilometro dei quarantadue previsti, molti cantieri arrivano alle fiere letteralmente spompati.
“La fretta è nemica del bene” dicevano i nostri nonni. Ecco perché mi piacerebbe un salone che, senza favoritismi e “sfavoritismi”, valutasse la qualità reale del suo contenuto e, nel caso specifico, non ammettesse la partecipazione di modelli varati meno di sei mesi prima. In questo modo, tutti lavorerebbero più rilassati – quindi meglio – e il pubblico avrebbe a disposizione un repertorio complessivamente più definito, più maturo, più onesto. Corradino Corbò
Le ricette di CAMBUSA