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L’editoriale
Diversi anni fa, a bordo di un taxi che stava portandomi in aeroporto, mi accorsi che il contachilometri riportava un numero che mi appariva assolutamente impossibile: 360.000. Meravigliato, chiesi al guidatore se lo strumento fosse guasto. No, nessun guasto. Il dato era preciso all’unità. Dopo qualche secondo di sbigottimento, gli domandai quale fosse il segreto di una longevità che a me, abituato a quel tempo a considerare i 100.000 chilometri come una soglia critica, sembrava assolutamente eccezionale. Il tassista mi rispose che non c’era nulla di particolarmente eccezionale, poiché, tra i tanti colleghi che come lui seguivano la logica della conservazione usque ad finem, quel chilometraggio era tutt’altro che raro. Poi concluse lapidario: “Il segreto è che, fin da quando compriamo la vettura, le facciamo fare puntualmente tutti i tagliandi”. Il ricordo di quell’istruttivo percorso stradale me ne ha sollecitato un altro, stavolta più recente. Un alto dirigente di una celebre casa motoristica mi parla dei risultati di una ricerca che ha messo a confronto le “anamnesi” di due motori Diesel identici a 5 anni dalla loro installazione: uno su una piccola barca da pesca, l’altro su un motoscafo da diporto. Sintetizzo: il primo, nonostante le circa 4000 ore di moto, è in ottime condizioni ed è in grado di garantire al suo utilizzatore ancora tanti anni di funzionamento senza particolari problemi; il secondo, nonostante le circa 500 ore di moto, è in pessime condizioni, in quanto, al contrario, garantisce al suo utilizzatore un futuro costellato da una miriade di problemi potenzialmente molto pericolosi. Quanto ai meriti/demeriti di questi diversi risultati, questo ingegnere dichiara qualcosa di molto simile – anche se in forma più professionale – a quanto detto anni prima dal tassista. Con un’aggiunta molto importante: a peggiorare drasticamente lo stato di salute del motore installato sul motoscafo da diporto sono stati i lunghi periodi di inattività ai quali è stato sottoposto tra un’estate e l’altra. Dal che si ricava facilmente che, per un motore, l’elisir di lunga vita è rappresentato dal binomio manutenzione-regolarità d’uso. Che questo sia un argomento cardine all’interno del più ampio tema riguardante la salvaguardia della vita umana in mare lo dimostra la statistica presentata dalla Guardia Costiera nel corso dell’ultimo salone di Genova. Tra le slide proiettate al Teatro Breitling, ha spiccato infatti quella relativa ai motivi di richiesta di soccorso nel settore diporto durante i primi sei mesi del 2021: al primo posto, le avarie del motore, per un totale che risulta più che triplo rispetto alle avverse condizioni meteomarine, seconde in classifica. Ci sembra di poter dire, quindi, che se alla cura del motore venisse dedicata per tutto l’anno la stessa maniacale attenzione che si dà alle previsioni del tempo prima di lasciare gli ormeggi, si guadagnerebbe moltissimo in tranquillità, sicurezza e, non ultimo, in denaro. Pensiamoci adesso, non la prossima primavera. Corradino Corbò