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L’editoriale
Bene, anzi male: anche il Boot di Düsseldorf slitta di tre mesi. Più precisamente, dal 23-31 gennaio al 17-24 aprile. Lo ha annunciato l’amministratore delegato della compagnia organizzatrice, Wolfram Diener, in una nota nella quale, tra le righe, abbiamo letto una punta di onesta incertezza. “Numerosi esperti ci hanno fatto ritenere altamente probabile che la situazione si calmerà entro la primavera”, ha detto. E in quel “altamente probabile” si gioca l’interpretazione del classico bicchiere riempito a metà: mezzo vuoto, per chi ci vede tutta la preoccupazione di un manager cosciente di non avere il pieno controllo della situazione; mezzo pieno, per chi pensa che la speranza sia essa stessa un passo verso l’uscita del tunnel. Resta il fatto che la cancellazione della data di gennaio pone fin d’ora un interessante tema di discussione destinato a protrarsi quantomeno fino a tutta la primavera: quello del calendario dei saloni. Infatti, a parte la prima edizione del 1969, che si svolse nel mese di novembre, il Boot di Düsseldorf è fin dal 1972 – anno del suo trasferimento nel grande quartiere fieristico a Nord della città – il primo grande salone internazionale del nuovo anno solare. Manco a dirlo, la scelta del mese di gennaio fu il risultato di un lungo e approfondito studio di marketing, peraltro esteso a tutti gli attori della filiera, visto che – come poi sarebbe avvenuto – si pretendeva di creare il salone nautico più generalista del mondo. Ebbene, restando a questa particolare classifica temporale, lo slittamento ad aprile mischia completamente le carte in tavola, poiché finisce per porre il Boot in coda a tutti i suoi principali concorrenti. Solo potenzialmente però, poiché questi, a loro volta, navigano nella stessa incertezza, come dimostra il caso dell’Hiswa di Amsterdam che, previsto dall’11 al 15 marzo, è stato infine cancellato. Verrebbe dunque da dire, con un’amara battuta, che il mancato Boot di gennaio apre sì una stagione, ma quella dei “saloni in aria”, i quali, come i più celebri castelli, al momento non possono che essere considerati poco più di un’ipotesi. Anche per questo motivo, le più grosse sorprese potrebbero provenire dai risultati di questo pazzo calendario che, come in parte è successo nel 2020, potrebbe dimostrare che le previsioni più certosine, fatte a tavolino tanto dai pessimisti quanto dagli ottimisti, possono rivelarsi completamente sbagliate. Sarà un bel “case study” per tutti noi. Buon anno!
Corradino Corbò