Nautica 695 – Marzo 2020

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L’editoriale

COMFORT & DESIGN

Lo spunto per la riflessione che segue ce lo ha fornito un nostro abbonato che, in una sua mail, ci ha chiesto un consiglio su come ovviare a un comportamento della sua barca che, curiosamente, definisce “misterioso”.

In sostanza, questo signore lamenta il fatto che, alla fonda e persino all’ormeggio, il suo cabinato a motore rolla vistosamente più degli altri, tanto che, in una certa occasione, ciò ha persino provocato un danno considerevole a una barca a vela a fianco. Ebbene, il fenomeno è tutt’altro che raro: basta passeggiare lungo le banchine di un porto per rendersi conto che, persino in una situazione meteomarina di sostanziale calma, alcune barche si distinguono proprio per il loro ampio rollare.

Però va subito fatta una distinzione tra il fenomeno fisiologico, dovuto alla casuale “simpatia” tra la frequenza del moto ondoso e le forme di carena, e il fenomeno anomalo, dovuto invece alla discutibile progettazione. Il caso del nostro lettore rientra purtroppo in questa seconda specie, trattandosi di una di quelle barche-casa disegnate e costruite da chi ha certamente pratica di architettura residenziale ma ben poca competenza di quella navale.

Dunque, barche dal sicuro appeal fin quando restano sull’invasatura all’interno di un salone o anche in navigazione su un mare piatto con gli stabilizzatori a pieno regime; ma un vero inferno in tutte le altre ben più frequenti circostanze. Molto nasce dal fatto che, in ambito nautico, le parole comfort e design mantengono troppo spesso gli stessi significati riferibili a un’abitazione o a una camera d’albergo, quasi che non esistessero tutti quegli altri aspetti che sono intimamente legati alla gamma di movimenti cui è soggetta qualsiasi imbarcazione.

Perciò come si fa a definire comfort quello di una lussuosissima cabina armatoriale che viene sballottata qua e là da un mare poco mosso? E come si fa a chiamare design quello che dà forma a un comodino senza spondine, dal quale qualsiasi oggetto ruzzola sul pagliolato, o a un tavolo di cristallo con angoli acuminati, sui quali, spesso, qualcuno lascia dolorosamente brani di pelle?
Corradino Corbò


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