C’è un gigante addormentato che giace sui fondali del Mediterraneo.

O quasi. Ma è meglio che non si svegli, altrimenti sarebbero dolori e guai seri per molte comunità costiere e i loro abitanti. Si chiama Marsili ed è il più grande vulcano del Mediterraneo e d’Europa.

il vulcano Marsili

Si trova nei fondali a Sud-Est del Mar Tirreno, a Nord delle isole Eolie. Il complesso vulcanico ha una superficie di 2.100 chilometri quadrati, è lungo circa 70 chilometri e largo 30, con base a 3.400 metri e la sommità a 508 metri di profondità.

Ed è attivo, come hanno confermato studi recenti, tra cui l’ultimo uscito nella rivista Geoscience Frontiers, a cura di ricercatori del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria, dell’Istituto di Scienze Marine e dell’Istituto per lo Studio degli Impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino del CNR, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

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Ricostruzione digitale Marsili

“Questi studi hanno contribuito ad approfondire ulteriormente le conoscenze sulla sua morfologia, struttura interna e pericolosità collegata a eventuali tsunami”, ha riferito il ricercatore Guido Ventura in base a dati geofisici e campioni di rocce prelevati dalla sommità del Marsili. Attualmente, è interessato da attività idrotermale e sismica, legata a eventi di fratturazione superficiale e degassamento.

Ma c’è un rischio che si risvegli davvero, eruttando e generando onde anomale? “Sappiamo che esiste una zona centrale a densità più bassa di quella di altri vulcani, come per esempio l’Etna, che è una zona più leggera, perché interessata da fratture e circolazione di fluidi idrotermali.

vulcano Marsili

Le precedenti eruzioni

Le due eruzioni più recenti sono avvenute circa 5000 e 3000 anni fa.

Eventi a basso indice di esplosività, avvenuti nel settore centrale dell’edificio vulcanico, a circa 850 metri di profondità, da coni di scorie con raggio minore di 400 metri”, ha spiegato Ventura. “In caso di nuova eruzione sottomarina a basso indice di esplosività e a profondità di 500-1000 metri, l’unico segno in superficie sarebbe legato al degassamento e al galleggiamento di materiale vulcanico che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane, come accadde nell’eruzione del 15 ottobre 2011 al largo dell’isola di El Hierro, alle Canarie”.

Sembrerebbe dunque che non ci siano grandi pericoli all’orizzonte.

Ma è meglio non fidarsi, in quanto le ultime notizie segnalano almeno due caldere. “Sono grandi depressioni legate allo svuotamento di camere magmatiche superficiali, concentrate nel settore settentrionale del Marsili e alcune di esse presentano evidenze morfologiche di collassi laterali che non possono essere ignorati, causati dalla destabilizzazione dei fianchi del vulcano in seguito a eruzioni sottomarine”, ha precisato lo studioso.

vulcano Marsili

Essendoci poche datazioni disponibili, per il Marsili (a differenza di altri vulcani sottomarini) non si conosce l’intera storia eruttiva, soprattutto quella più antica, che potrebbe fornire utili stime sull’eventuale prossima eruzione. Gli studi geofisici e petrologici sul Marsili, hanno evidenziato una struttura interna complessa, con camere magmatiche a circa 10-12 chilometri di profondità, e delle zone più piccole di accumulo di magma, a circa 5 chilometri di profondità.

vulcano Marsili
Le emissioni del vulcano Marsili

Le ipotesi

Secondo Ventura, “in termini di pericolosità legata a eruzioni sottomarine, collassi laterali e possibili tsunami associati, i dati a nostra disposizione non consentono purtroppo di fornire stime quantitative. Frane di piccole dimensioni non è detto che producano tsunami. Se di medie dimensioni, potrebbero produrre maremoti se il loro distacco avvenisse in acque poco profonde, coinvolgendo la parte sommitale del vulcano, mentre se fossero di grandi dimensioni, potrebbero creare tsunami importanti”.

Da simulazioni effettuate, le onde di uno tsunami originato dal Marsili potrebbero raggiungere in poche decine di minuti le isole Eolie e le coste tirreniche.

Per questo gli scienziati raccomandano prioritariamente di effettuare una stima della stabilità dei versanti del vulcano, valutare il volume di roccia potenzialmente coinvolto, conoscerne le modalità di movimento lungo il pendio e, una volta noti tutti i parametri, verificare se il volume di roccia e la dinamica della frana sottomarina sono compatibili con l’innesco di uno tsunami.

vulcano Marsili

“Ciò che conosciamo è ancora poco rispetto a quanto sarebbe necessario. Tuttavia, nel record storico e geologico degli tsunami che hanno interessato le coste tirreniche, non vi sono onde anomale ricollegabili a collassi laterali del Marsili.

Non è detto però che nel futuro questi non si possano verificare. Quindi, una valutazione della stabilità del Marsili deve essere fatta raccogliendo più dati, anche relativi all’attività si