Eolico offshore: buon vento o buriana? di Simone Repetto il 26 Giu 2023 Con l’accentuarsi delle crisi geopolitiche, energetiche e climatiche a livello planetario, si è fatta pressante l’esigenza di ricorrere sempre più a fonti sostenibili per la produzione di energia elettrica, in grado di ridurre le emissioni nocive e i loro effetti sull’ambiente terrestre e marino. Tra queste, quella eolica ha visto un crescente sviluppo, con la previsione di nuovi impianti non solo terrestri. Sono i cosiddetti parchi eolici “offshore”, installati anche a molte miglia di distanza dalla costa, con impianti che prevedono decine di aerogeneratori, aventi altezze che possono raggiungere e superare i 300 metri sul livello del mare e occupare migliaia di chilometri quadrati di superficie marina. mappa offshore Med Ma il grosso dell’infrastruttura si sviluppa sott’acqua, sia sotto ogni torre eolica (considerando base di galleggiamento e strutture di ancoraggio che possono superare i 900 metri di profondità) sia nel tratto sommerso fino alla costa (con cavi e sottostazioni intermedie), dove l’energia in arrivo dal mare dovrà essere gestita e successivamente immessa in rete attraverso altre strutture dedicate. Attualmente, l’Unione Europea dispone di circa 15 GW di capacità installata proveniente dalle “offshore wind farms” (116 impianti ripartiti in 12 Paesi) e si prevede di raddoppiare l’attuale capacità entro il 2027. Ma ci sono obiettivi più ambiziosi, come i 120 GW di produzione eolica offshore che i Paesi che si affacciano nel Mare del Nord intendono raggiungere entro il 2030, da raddoppiare entro il 2050. impianti sommersi Anche nel Mediterraneo si è aperta una corsa alla realizzazione dei parchi eolici marini, favorita dalle possibilità e dagli incentivi comunitari scaturiti dal post pandemia da Covid-19 e dagli scenari bellici del conflitto russo-ucraino. Un proliferare di richieste di autorizzazione che non ha risparmiato l’Italia, agevolata dagli incentivi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che, nel 2022, ha messo sul piatto 675 milioni di euro per impianti eolici e fotovoltaici galleggianti offshore, uniti a sistemi di stoccaggio dell’energia prodotta, oltre che per impianti in grado di intercettare l’energia del mare. Tra le regioni maggiormente interessate c’è la Sardegna, dove sono state chieste una ventina di autorizzazioni, da parte di società italiane ed estere, quasi la metà concentrate nelle acque del Sud-Ovest. Cavi e pale eoliche marine Un vero e proprio assalto ai mari prospicienti le coste, mal digerito un po’ da tutti. Infatti, tra istituzioni, associazioni e aziende locali è emerso molto scetticismo, sia per l’assenza di regole certe e condivise nell’iter autorizzativo delle concessioni (per lo più trentennali) sia per la carenza di studi compiuti sugli impatti ambientali, senza contare i reali benefici per le popolazioni costiere vicinali, dall’occupazione di personale al calmieramento del costo della corrente erogata alle utenze. C’è la malcelata sensazione che più che rappresentare un efficace apporto all’auspicata produzione di energia verde, questi impianti finiscano per arricchire le tasche di pochi, a scapito dei contribuenti e dei sussidi da essi pagati. E i problemi che le torri eoliche marine pongono non sono pochi. Vanno valutati, oltre ai costi elevati di installazione e di gestione, anche gli impatti paesaggistici (benché si parli di miglia di distanza dalla costa), commerciali (la deviazione dei flussi marittimi), naturalistici (per l’avifauna migratoria e gli habitat marini sensibili, come quelli interessati da posidonieti e presenza di specie pregiate, rare e protette) e socio-economici (soprattutto per le attività di pesca). Nel caso dei parchi eolici che si vorrebbe realizzare del Sud-Ovest della Sardegna, ad esempio, essi creerebbero barriere al passaggio dei branchi di tonno rosso sottocosta nel periodo della riproduzione, mettendo a rischio non solo il futuro di una risorsa ittica preziosa, ma anche l’attività delle secolari tonnare fisse di Carloforte e Portoscuso, le uniche sopravissute nel Mediterraneo. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!