Si chiama “Water Defenders Alliance” il progetto di cooperazione per la salvaguardia dei mari promosso da LifeGate, organizzazione internazionale da oltre vent’anni coinvolta in progetti di sostenibilità ambientale per ridurre gli impatti delle attività umane negli ecosistemi naturali e negli ambienti antropizzati.

L’iniziativa è stata varata nel 2023 e quest’anno è entrata nel vivo seguendo un approccio “science based”, ovvero seguita da un adeguato supporto scientifico, mettendo insieme partner istituzionali, sociali e imprenditoriali.

L’alleanza, infatti, è aperta al coinvolgimento di aziende, persone, istituzioni, gestori portuali, enti di ricerca e università individuati come “water defender”, perché concretamente impegnati sulla salute dei mari. Che soffrono.

Secondo i dati diffusi da LifeGate, nel Mar Mediterraneo ogni anno si calcola vi finiscano 570.000 tonnellate di plastica, per un accumulo complessivo stimato in 1 miliardo e 178 milioni di tonnellate, con le microplastiche (parti inferiori ai 5 mm di diametro) cresciute dell’80% tra il 2019 e il 2022.

Seabin

Ancora, nel mare nostrum vengono versate annualmente 600.000 tonnellate di idrocarburi e gli incidenti ambientali accaduti negli ultimi 30 anni in Italia hanno causato il rilascio in mare di circa 272.000 tonnellate di petrolio, con conseguenze deleterie su habitat naturali e ossigenazione delle acque.

Tra i maggiori siti di interesse della mission salvaoceani ci sono i porti, dove i problemi dell’inquinamento sono più visibili, perché si sviluppano in aree semi chiuse molto frequentate da mezzi nautici e da persone, ma anche caratterizzate da servizi e infrastrutture che ne determinano un alto impatto ambientale.

La soluzione lanciata da LifeGate permette di coinvolgere impianti portuali, diportisti e pescherecci nel prevenire e raccogliere insieme gli sversamenti di idrocarburi che possono palesarsi durante la navigazione o la manutenzione delle barche.

Spesso, purtroppo, si notano anche a occhio nudo, quando la superficie del mare appare stranamente piatta, opaca e iridescente. Un problema che merita la massima attenzione, sia in termini di prevenzione sia di raccolta e smaltimento di ogni singola goccia oleosa e inquinante che può finire in mare. Ed è a questo punto che entrano in gioco le cosiddette “spugne magiche”.

Il Brevetto

Grazie al brevetto di T1 Solutions, azienda italiana partner di LifeGate, si potranno dotare porti, diportisti e pescherecci di un kit di speciali spugne in grado di assorbire gli idrocarburi in modo più efficace ed efficiente rispetto ad altre soluzioni già adottate.

Infatti, queste spugne sono riutilizzabili fino a 200 volte, sono idrofobe (respingono l’acqua) al 95% e sono quasi totalmente oleofile (assorbono l’olio), consentendo di recuperare fino al 100% degli idrocarburi che finiscono in acqua nei porti. Utilizzando l’innovativa tecnologia FoamFlex, queste particolari strutture assorbenti possono assorbire nel loro ciclo di vita fino a 6.000 litri di idrocarburi.

Fornite in un pratico kit potranno essere utilizzate in barca, per pulire le acque di sentina e per le attività di manutenzione del motore, e in porto, per prevenire e raccogliere gli idrocarburi che accidentalmente finiscono in mare, magari durante le operazioni di rifornimento. 

Non a caso, il nuovo “water defender” è Q8 che, in occasione del suo quarantesimo anniversario di attività in Italia, intraprenderà un viaggio che toccherà 40 porti italiani entro il 2025, nei quali verranno distribuiti gli innovativi kit sviluppati da T1 Solutions per diportisti e gestori delle banchine. Tra i porti italiani coinvolti c’è anche Trieste, dove Q8 si è fatta promotrice dell’iniziativa “Q8 Sailing for Change” durante l’ultima edizione della Barcolana, a ottobre 2024.

Se invece si punta a intercettare materiali solidi ci sono i “Seabin”, cestini flottanti in grado di raccogliere dall’acqua circa 500 Kg di rifiuti galleggianti l’anno, incluse plastiche, microplastiche e microfibre, che vengono rilasciati nei punti di accumulo di porti turistici, darsene, yacht club e porti commerciali, dove venti e correnti tendono a far depositare i rifiuti. Grazie all’effetto creato dalla sua pompa, ogni cestello riesce a filtrare 25.000 litri di acqua l’ora, catturando e trattenendo al suo interno tutti i detriti galleggianti che saranno poi rendicontati, differenziati e conferiti allo smaltimento.

Le altre tecnologie

Altre due tecnologie utilizzate per ripulire le acque sono il “Trash Collec’Thor”, un dispositivo anch’esso installato nei porti, nei punti di accumulo, in grado di catturare fino a 1,5 tonnellate di rifiuti l’anno (incluse le microplastiche), e il “Pixie Drone”, un drone teleguidabile fino a 500 metri di distanza che, navigando, è capace di intercettare ad ogni missione fino a 60 Kg di macro-rifiuti.

Poi ci sono le missioni svolte direttamente sott’acqua dai sub, per il ripristino degli habitat sommersi, sia nei porti sia in aree costiere.

Considerando che oltre il 70% dei rifiuti marini si deposita sul fondo e che il 77% è costituito da plastica, LifeGate ha promosso molteplici raccolte in collaborazione con subacquei professionisti e biologi marini, trovando di tutto: dalle plastiche alle reti abbandonate, dai copertoni a vecchi motori e boe, ma anche lavatrici, motorini e vecchi televisori che, dopo decenni, sono ancora in grado di rilasciare in mare sostanze nocive per l’ecosistema.

Azioni di pulizia che vedono coinvolti sempre più cittadini “consapevoli”, pronti a segnalare alle autorità ogni tratto di fondale contaminato per un pronto intervento. In questo modo, nel 2024 a Vado Ligure sono stati raccolti 380 kg di rifiuti e nella Baia di Santa Teresa, a La Spezia, ben 1 tonnellata e mezza.

La posidonia

Infine, c’è il ruolo “salvavita” di posidonia e molluschi bivalvi per gli ecosistemi marini, che LifeGate supporta in termini di ripristino, adattamento e mitigazione agli impatti del cambiamento climatico, promuovendone il monitoraggio e, dove possibile, il reinserimento in natura. Iniziativa che ha avuto successo nell’area marina protetta Isola di Bergeggi, per la posidonia, e verrà replicata all’isola d’Elba, con il reimpianto di piantine in bio-stuoie naturali di fibra di cocco fissate sul fondo.

Posidonia oceanica è una pianta marina che vive solo nel Mediterraneo ed è fondamentale per il suo ecosistema, perché fornisce “servizi biologici” essenziali per la salute degli habitat e la lotta all’erosione costiera, costituendo un indicatore sulla qualità delle acque.

Invece, molluschi come cozze e ostriche piatte sono in grado di aggregarsi e formare strutture tridimensionali complesse che favoriscono la biodiversità e ostacolano la presenza di specie aliene. Come la posidonia, contribuiscono al sequestro del carbonio (limitando le emissioni nell’ambiente) e, in quanto organismi filtratori, aiutano a tenere pulita l’acqua del mare.