Corso di vela: Il profilo della vela di Nautica Editrice il 14 Lug 2016 QUANDO E PERCHÈ CAMBIARE IL PROFILO DELLA VELA Si è detto che più il vento è forte, e più bisogna appiattire la vela e, aggiungiamo ora, aumentare eventualmente un pò lo svergolamento per permetterle di «scaricarsi» in alto. Per smagrire la randa possiamo anzitutto scarrellarla sottovento e cazzarla, perché in questo modo la scotta lavora quasi esclusivamente per abbassare il boma (è il carrello in questo caso che regola l’angolo di incidenza del vento). Attenzione però a non esagerare, potremmo ridurre troppo lo svergolamento. Strano a dirsi, con vento forte, e rendendo meno potenti le vele, incrementiamo le prestazioni della nostra deriva. Questo perché così facendo, riduciamo lo sbandamento e quindi lo scarroccio. Al contrario, con vento leggero, bisogna aumentare la convessità e limitare lo svergolamento, per rendere le vele più potenti. Se però il vento è molto debole (0-4 nodi), è bene smagrire di nuovo, perché l’aria muovendosi a bassa velocità tende a staccarsi sottovento alla vela in quanto dovrebbe seguire una curvatura molto marcata, causando un crollo radicale della portanza. Simili ragionamenti si possono fare in relazione alle andature. Dalla bolina stretta verso la poppa, man mano che veniamo alla puggia, è bene rendere più «panciute» le vele e ridurre lo svergolamento. Quindi spesso, vorremmo smagrire e nello stesso tempo non ridurre troppo lo svergolamento, o ingrassare e contemporaneamente limitare lo svergolamento della vela. L’unica manovra che mette d’accordo questi nostri desideri, è quella del carrello del fiocco (spostandolo verso poppa, si smagrisce e si svergola la vela, mentre spostandolo verso prora, si ingrassa e si limita lo svergolamento). Ad esempio, se si vuole smagrire la randa tesando la base e/o la drizza, il cunningham, il vang, la scotta (con il carrello sottovento), bisogna ricordarsi che così facendo, riduciamo anche lo svergolamento che magari invece, vorremmo mantenere. è dunque d’importanza fondamentale, tenere sempre presente l’interazione fra le varie regolazioni, per trovare il miglior compromesso tra convessità e svergolamento. Tutte le manovre inoltre, collaborano all’effetto finale voluto, ma non tutte con la stessa intensità. è praticamente impossibile generalizzare e dare consigli precisi, su quali regolazioni fare per raggiungere le massime prestazioni, in tutte le andature. Ogni deriva è diversa dall’altra, non esistono due vele uguali e ci sono infinite combinazioni di vento e di mare a cui doversi adattare. Tenendo presenti gli effetti, principali e secondari, che si ottengono operando su ogni singola manovra, bisogna provare e riprovare, cambiando una sola variabile alla volta, per raggiungere il miglior risultato, verificando di volta in volta gli effetti che questi cambiamenti apportano ai tell-tales sulle vele, e alle prestazioni della barca. Dopo queste numerose prove, ci possiamo fare un’idea sulle diverse regolazioni da apportare alla nostra deriva per ottimizzarne il rendimento. A noi basta solo un’idea naturalmente. Il derivista regatante invece, si prepara (dopo aver testato la barca nelle varie situazioni, ed averla confrontata con le prestazioni di altre barche uguali), una vera e propria tabella dove, per ogni andatura e intensità di vento, è segnato il grado di variazione di ogni singola manovra QUALCHE CONSIGLIO PRATICO Alla luce di quanto abbiamo detto finora, cerchiamo di ottimizzare la regolazione di randa e fiocco considerandoli separatamente. Ricordiamo però, che non c’é mai una vela più importante dell’altra, ma che c’è sempre una stretta interdipendenza (nella precedente puntata abbiamo visto che il maggior rendimento del fiocco è dato da una randa efficiente). Quando si interviene sul fiocco, infatti, bisogna quasi sempre intervenire anche sulla randa, e viceversa. Proviamo a mettere a segno il fiocco. Prima di tutto regoliamo la tensione della drizza in base all’intensità del vento. Se notiamo una piega verticale lungo la caduta prodiera, vuol dire che abbiamo tesato troppo la drizza. Allentiamola un pò fino a far sparire la piega. Se invece l’abbiamo allentata troppo, ce ne accorgiamo dallo strallo che va in tensione (con il fiocco alzato è corretto averlo in bando), e dal profilo non rettilineo della caduta prodiera. Riprendiamo quindi un pò di drizza fino ad eliminare questi difetti. Poi, regoliamo la tensione delle scotte osservando le utili indicazioni fornite dai tell-tales (se ci sono), e ragioniamo sulla posizione del carrello di scotta. Se vediamo sbattere grossolanamente la balumina, diminuisce lo svergolamento e verso prora (si tende la balumina, diminuisce lo svergolamento e si apre la base). Se invece è la base a sbattere, proviamo col carrello più verso poppa (si tende la base, aumenta lo svergolamento e si apre la balumina). Anche i tell-tales ci possono aiutare per regolare il carrello di scotta, e quindi lo svergolamento. Se alle diverse quote sono tutti regolarmente distesi, è segno che il carrello è nella giusta posizione. Se il filo più alto di sottovento non è a posto, significa che la vela è poco svergolata, e il carrello va spostato verso poppa. Se invece è il filo più basso di sottovento a non essere a posto, significa che la vela è troppo svergolata, e il carrello va spostato verso prora. Capito il funzionamento dei tell-tales, si può fare un analogo ragionamento guardando il filo più alto e quello più basso di sopravvento. In tutti i casi comunque è bene, ogni volta che si sposta il carrello del fiocco, regolare nuovamente la scotta perché, seppure lievemente, il carrello influenza anche l’angolo di apertura della vela. Proviamo ora a mettere a segno anche la randa. Prima di tutto regoliamo la drizza e il tesabase. Con vento debole e andature strette, per aumentare il grasso, si può tollerare anche qualche grinza lungo la caduta prodiera o lungo la base (questo è possibile perché, a differenza del fiocco, il flusso del vento sulla randa è comunque disturbato dall’albero e dal boma). In poppa queste grinze dovrebbero svanire ma, se per il troppo poco vento, così non fosse, è meglio riprendere un pò di drizza e un pò di tesabase per avere più superficie di vela esposta. Con vento forte invece, come abbiamo già visto, caduta prodiera e base, devono essere ben tesate. Sarà la solita brutta piega, parallela all’albero o al boma, ad indicarci quando abbiamo esagerato. I tell-tales, che nel caso della randa, sono applicati quasi sempre solo lungo la balumina (perché il flusso dell’aria sul bordo d’entrata è meno cruciale), servono anche, come abbiamo visto per il fiocco, a controllare lo svergolamento. Se i fili segnavento sono regolarmente distesi, a tutte le quote, la randa ha il giusto svergolamento. Se il filo più alto tende sottovento, e/o quello più basso sopravvento, significa che la randa è poco svergolata. Lo è troppo invece, se è il filo più basso a tendere sottovento, e/o quello più alto sopravvento. Spendiamo due parole anche per il vano e per il meolo. Il primo, che quasi non viene utilizzato di bolina (se non per stabilizzare il boma con onda formata), messo in tensione nelle altre andature, collabora a smagrire la vela e soprattutto riduce lo svergolamento. Con vento forte, in poppa piena e prima di ogni strambata, è bene non averlo mai troppo tesato, per sollecitare di meno il boma che, passando violentemente sull’altro lato, potrebbe rompersi. Attenzione però a non commettere l’errore opposto: allentandolo troppo prima di strambare, si potrebbe incorrere nella strambata cinese (vedi la seconda puntata). Per quanto riguarda invece il meolo (cimetta interna all’orlo della balumina del fiocco, e qualche volta anche della randa), diciamo subito che è bene usarlo con parsimonia, per non rischiare di creare grosse turbolenze al flusso d’aria in uscita. In generale, si mette in forza solo qualora, nelle andature strette e con vento forte, la balumina sbatta vistosamente (frenando la barca), e non si sia riusciti a fermarla prima con le altre regolazioni. Inoltre si può tentare una lieve tensione del meolo, con poco vento e nelle andature portanti, per creare un pò di «unghia» lungo la balumina e aumentare così il grasso della vela. Oppure nelle andature strette, se il vento è veramente poco, si può provare a mettere leggermente in forza il meolo del fiocco, vela che a differenza della randa non è provvista di stecche e boma, e che in questo modo potrebbe avere una balumina più in forma. FLESSIONE DELL’ALBERO Gli alberi, specie quelli delle derive, hanno la caratteristica di essere flessibili. Si possono e si dovrebbero flettere, solo verso poppa e/o lateralmente sottovento. In tutti e due i casi comunque, ciò provoca principalmente, vedremo poi come, l’appiattimento della randa e la chiusura della sua balumina. La flessione che si da all’albero dipende quindi dall’intensità del vento. Con venti leggeri è bene che l’albero sia dritto, per conferire maggior convessità alla randa. Questi inarcamenti dell’albero possono avvenire naturalmente sotto raffica, o essere voluti e quindi provocati dall’equipaggio, con l’uso del vang e/o del carrello e della scotta di randa combinati insieme. Nelle andature strette il carrello sottovento e la randa bene cazzata, inclinano il boma verso il basso. Questo esercita una tensione sulla balumina che tira la testa d’albero verso poppa. Così facendo il boma, attraverso la trozza, spinge sull’albero facendolo inarcare verso prora. La pancia che questo fa in avanti, appiattisce la vela stendendo anche la concavità lungo la caduta prodiera. Nelle andature portanti invece, la notevole apertura della randa non permette a scotta e carrello di essere efficaci, delegando così al vang il compito di flettere l’albero, per appiattire la vela con vento forte e/o ridurre l’eccessivo svergolamento. In questo caso però il vang in tensione flette l’albero, oltreché verso poppa, soprattutto lateralmente sottovento. La flessione dell’albero provoca anche un cambiamento di tensione alla drizza del fiocco, influenzando così anche la convessità e lo svergolamento della vela di prora, che si dovrà quindi regolare nuovamente. Con molto vento infine, quando l’albero è molto flesso, lungo la caduta prodiera della randa si formano delle pieghe trasversali che si possono eliminare, o quantomeno attenuare, mettendo in forza il cunningham. Ricordiamo di mollarlo poi, se vogliamo raddrizzare l’albero. Per limitare la curvatura dell’albero in senso longitudinale, ci sono talvolta le zeppe (sistema di cunei di legno o martinetto a vite o altro che, colmando lo spazio a proravia dell’albero, ne riduce l’escursione verso prora e quindi l’inarcamento). Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!