Nelle barche a vela di oggi è universalmente diffusa la marconi, perché stringe bene il vento; ha un albero alto, che richiede sartie, crocette, uno strallo e un paterazzo. Ma non è l’unica vela: a volte si trovano ancora rande auriche, con il pesante picco e che stringono meno il vento rispetto alla marconi. Va detto che il primato della complicazione appartiene storicamente alle vele quadre, tipiche di navi più grandi.

All’opposto, la vela latina, con la sua lunga antenna e spesso molto invelata, poche manovre correnti, che va saputa padroneggiare e che non è per tutti, vela senza tempo, tipica una volta delle barche da pesca, oggi dei gozzi da regata.

 la vela al terzo
La vela al terzo con la pennola che tiene la vela distesa in alto e con il boma

Ancora più semplice e di più facile gestione è la vela al terzo, con le sue varianti, ma sempre con la pennola che tiene la vela distesa in alto e con il boma: è la versione tipica dei Dinghy 12 piedi.

C’è poi la soluzione, tradizionale, delle barche da pesca dell’Adriatico, in cui la randa è tenuta in basso da un “palo”, facente funzione di boma, che però non è tenuto contro l’albero con una grossa forcella (la trozza), ma lateralmente all’albero con una legatura morbida.

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Vela al terzo tradizionale delle barche da pesca dell’Adriatico

La vela al terzo, spesso senza boma, usata anche su gozzi e lance da pesca, era una soluzione pratica e non pericolosa, perché, in mancanza di boma una strambata non faceva danni, al massimo l’equipaggio prendeva uno schiaffo dalla vela, non una martellata dal boma.

Una drizza e una scotta erano tutte le facili manovre volanti necessarie. Quando c’è il boma, come nel Dinghy 12 piedi, le manovre si moltiplicano: drizza, scotta, caricabasso, un vang, un tesabugna e due orze. Naturalmente, non esistendo il fiocco, questo tipo di velatura non permette di stringere molto il vento e l’andatura in poppa è spesso da evitare, per non prendere il boma in testa in caso di strambata involontaria. Per questo e per avere una maggior velocità è meglio spesso fare qualche bordo al gran lasco, per evitare l’andatura in poppa piena, anche più lenta.

La versione senza boma piace molto in Francia, dove sono diffuse le crocierine e i raduni delle barche dette da pesca-passeggiata (bateaux de pêche-promenade), che devono passare rapidamente dalla vela ai remi e viceversa, anche se, come è logico, stringono un po’ meno il vento di quanto faccia una randa bomata. Ma che importa, dato che non si fanno regate, ma raduni. Da notare che le barche con la vela al terzo normalmente hanno l’albero facilmente sfilabile o abbattibile, anche per le sue piccole dimensioni, per passare sotto ai ponti, oltre a permettere di poter ridurre la vela con il tradizionale sistema dei terzaroli. Un altro vantaggio della vela al terzo nel diporto: l’albero è sempre basso, avendo lunghezza vicina a quella della barca, fatto che ne facilita il trasporto sul carrello.

Ricordo che la vela al terzo, a volte dotata di fiocco e con l’albero spostato più verso il centro barca, fu montata su diverse barche in vetroresina, spesso dei gozzi, prodotti negli ultimi anni. Per dovere storico ricordo che quando la nave di Henry Shaketlon, nel 1916, al Polo Sud, fu stretta da ghiacci, fu armata una lancia di 7 metri con due vele al terzo e fiocco, che portò in salvo i suoi occupanti alla ricerca di soccorritori per i compagni rimasti in attesa a terra.

La vela al terzo ha un centro velico basso, per cui la scuffia è poco probabile, a meno che non si voglia vincere una regata a ogni costo. Ammainare questa vela è facile, perché basta mollare la drizza e la vela viene giù da sola, grazie al peso della pennola.
Onore dunque a questa vela pratica e simpatica.