Viaggio di istruzione? lo faccio in barca

Capire la vela e scoprire qualcosa di sé. Studenti adolescenti alle prese con vento e mare con una nuova visione del vivere insieme.
Rispetto, crescita, motivazione, autoefficacia: ecco le parole chiave di una settimana indimenticabile.

scuola di vela
Gli studenti in mare alle prese con le prime manovre

Le opinioni

“Quando sono arrivata alla base, la prima cosa che ho pensato di fare è stata di chiamare i miei genitori e di farmi venire a prendere. Per me era impensabile adattarmi a vivere in quelle condizioni, senza la mia camera, i miei spazi e le mie cose.

Dopo pochi giorni, mi sono accorta che tutte quelle cose che credevo indispensabili… be’, forse non lo erano. Mi divertivo e stavo bene anche senza, dividevo lo spazio e anche le mie cose con gli altri in modo naturale”.

Federica ha 17 anni e frequenta il terzo anno del liceo Cairoli di Pavia. Con altri trenta suoi compagni e tre professori ha partecipato al viaggio di istruzione che il liceo ha organizzato all’Isuledda,  pochi chilometri da Cannigione, presso la scuola di vela Horca Myseria di Milano, uno spicchio di terra sarda che si affaccia sulle acque cristalline del Golfo di Arzachena.

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Cosa offre

Viaggio di istruzione molto diverso da quelli classici: una settimana impegnati in un corso di vela e, soprattutto, immersi in una dimensione in cui il tipo di formazione e i modi di apprendimento, le sfide quotidiane e le stesse regole per la convivenza in gruppo, ne rappresentano il cuore.  

Imparare a conoscere il mare e il saper navigare a vela sono dunque lo strumento del viaggio, e non il fine che è invece concentrato nel fornire ai ragazzi motivazioni, capacità di affrontare i problemi e risolverli, spirito di solidarietà. La semplicità è la nota dominante della vita alla base Horca Myseria.

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Prima di uscire in mare qualche informazione su come è fatta una barca

Come si svolge la giornata

Colazione alle 8, incontro alle 9 sotto il gazebo, spazio in comune dove si consumano anche i pasti, uscita in mare su derive e piccoli cabinati, rientro per il pranzo e nuova uscita in mare alle 15:30 dopo una seconda breve chiacchierata.

Al rientro c’è un po’ di tempo libero prima delle 19:30, quando il debriefing serale diventa un’operazione di cucitura delle esperienze vissute durante la giornata in mare con quelle vissute a terra, messe in relazione con la vita di tutti i giorni  e con il futuro prossimo dei ragazzi.   

Parte della quotidianità è la “comandata”. A turno, tutti gli allievi sono chiamati ad apparecchiare e lavare le stoviglie e a gestire i rifiuti, mentre tutti, quotidianamente, sono tenuti ad osservare il mantenimento dell’ordine e della pulizia degli alloggi (il cui buon esito a volte richiede qualche sollecitazione), costituiti da casette mobili con sei posti letto e una più grande con dieci brande.

E come ogni altra cosa, anche la comandata, semplice operazione di lavaggio e preparazione della sala, diventa uno strumento per l’assunzione di responsabilità dei singoli all’interno della squadra impegnata – di solito 5-6 persone a turno – e occasione per sperimentare la soluzione di piccoli problemi organizzativi.

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Un primo problema, girare la barca con due cime a disposizione. Una semplice manovra di tonneggio che per i ragazzi significa organizzare il gruppo e decidere la strategia

Gli istruttori

“La vela è uno strumento efficacissimo per fare formazione outdoor. Lo è ancora di più se si è disponibili a cambiarne la visione, ossia a passare da un approccio pedagogico, in cui lo studente o l’allievo sono considerati una scatola vuota dove riversare nozioni, a uno in cui la motivazione e il desiderio di crescita rappresentino il motore principale dell’esperienza”.

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Il responsabile della formazione Marco Pennisi

Marco Pennisi, 64 anni, istruttore fra le altre della britannica RYA (Royal Yachting Association), è il responsabile della formazione della scuola di vela. Architetto, ha lasciato la professione per dedicarsi al mare e, soprattutto, alla formazione che pratica con TheOpenbox, gruppo di consulenti specializzati in formazione per aziende.

Ma cosa c’entra la formazione di dirigenti aziendali con quella destinata ai ragazzi? “Ammetto che è un pensiero diverso – ci racconta Pennisi alla fine di una settimana con gli studenti – ma noi abbiamo scommesso su questo: mutuare dagli obiettivi e dagli strumenti della formazione con gli adulti – motivazione, lavoro in team, cultura aziendale condivisa, riduzione del turn over, messa a fuoco degli stili di leadership – una formazione per adolescenti attraverso la vela, ossia passare dalla pedagogia all’andragogia, che uno dei fondatori della teoria, Malcom Knowles, ha definito come “l’arte e la scienza per aiutare l’adulto ad apprendere”.

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Il capo base Stefano Punzo su uno dei gommoni con i quali si fa sicurezza alle barche in acqua

Gli obiettivi

Ecco, anche con i ragazzi, una delle chiavi è la motivazione. Durante i viaggi di istruzione, l’apprendimento delle nozioni della tecnica della conduzione a vela, che pure c’è, non è il nostro primo obiettivo, ma è invece quello di motivare i ragazzi ad affrontare le sfide. Uno dei concetti base è quello dell’autoefficacia, ossia, quello di far percepire a ognuno di loro che è possibile darsi un obiettivo, anche minimo, e dimostrare a sé  stessi che si è in grado di raggiungerlo”.

E di obiettivi, durante la settimana, gli studenti ne hanno molti. “Noi proponiamo agli studenti un obiettivo inedito da raggiungere fornendo loro pochi strumenti. Sta a loro trovare strategie di organizzazione. Un esempio? Una delle prime attività che facciamo svolgere a bordo è con barca ferma al pontile. Chiediamo di tonneggiarle, ossia di girarle di 180 gradi.

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I ragazzi di “comandata” mentre si organizzano nelle operazioni di lavaggio stoviglie

Per noi cosa molto semplice, per loro molto più complessa. Sono un gruppo e devono trovare una chiave per organizzarsi e fare le cose al meglio. Un esempio, questo, di attività che sviluppa il team working, l’organizzazione del lavoro, la concentrazione sugli obiettivi.

Competenze importanti per confrontarsi con il mondo del lavoro e che gli studenti non sempre trovano modo di acquisire nel mondo della scuola. La stessa logica è adottata in mare: noi definiamo e presidiamo i confini della sicurezza, attività tutta nostra e ovviamente non delegabile, mentre i ragazzi in barca scoprono la necessità di fare squadra, di organizzarsi, di individuare i ruoli e turnare. E, ancora prima, di affrontare timori e paure”.

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Alcuni istruttori della base Horca Myseria all’Isuledda

Il gioco

Quello descritto da Pennisi è un filo conduttore che attraversa la quotidianità alla base HM dell’Isuledda. Anche a terra, mentre si rivedono le attività in mare, si fornisce un supporto minimo teorico per spiegare le andature a vela, le virate o le abbattute, mentre si presta attenzione all’utilizzo di un linguaggio nuovo, che vibri con le corde dell’intelligenza emotiva e stia lontano dal nozionismo.

Pochi vettori e tanto intuito, riferimenti alla vita quotidiana, domande che sollecitano risposte facendo riferimento a quello che si è appena vissuto.

E a terra, soprattutto nei giorni di cattivo tempo, i ragazzi si impegnano in attività più ludiche che hanno una struttura coerente con tutta l’impostazione del corso. Il labirinto da cui uscire senza comunicazione verbale, ma trovando una strategia di squadra per memorizzare il percorso, la regata virtuale, la realizzazione di figure geometriche con i cavi rimanendo tutti bendati in gruppo.

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A terra si “provocano” i ragazzi in giochi formativi.
Nell’immagine il labirinto, un modo di organizzare
la squadra senza comunicazioni verbali

Tutte attività che profilano la necessità di essere gruppo e di lavorare insieme. E poi le chiacchiere. Come si fa a tenere quaranta adolescenti seduti in silenzio, rapiti dall’argomento quando si parla di scelte per il futuro, di rispetto, di solidarietà? “Usando un linguaggio che li riguardi – dice ancora Pennisi – che non sia lontano da loro che abbia un senso perché magari ne hanno vissuto un aspetto durante il giorno.

L’altra chiave è il benessere e la capacità di suscitare fiducia.

Gli istruttori devono riflettere prima di tutto il loro di benessere. Noi qui lavoriamo tanto ma ci divertiamo. E quando li portiamo in mare ci percepiscono come gli attori del loro divertimento e hanno fiducia nella nostra competenza”. Ecco, a proposito di squadra, lo staff che qui mettiamo a disposizione è fatto di persone profondamente preparate a queste sfide”.

Stefano Punzo è il capo base, l’uomo che governa nel complesso la vita nella cittadella di Horca Myseria. Formazione strettamente nautica, istruttore di vela e comandante di grandi imbarcazioni, da 15 anni è la figura che rappresenta la base dell’Isuledda. “L’esperienza con le scuole – ci dice – ha aperto un approccio nuovo, uno stimolo per non fermarci alle lezioni standard che pure organizziamo nei nostri corsi.

Diciamo che l’attività con le scuole ha come principale obiettivo quello di dare ai ragazzi elementi per ragionare sui temi della vita in gruppo, sul rispetto degli altri e dell’ambiente, sulla possibilità di avere un approccio non passivo all’apprendimento ma più da protagonisti.

Inoltre, in questa dimensione si manifesta con forza il tema delle diversità e dell’inclusione. Ogni settimana vivono insieme ragazze e ragazzi che hanno provenienze geografiche, culturali ed economiche molto diverse, in un clima di generale accettazione dell’altro.

Da giugno a settembre, le cose cambiano e i corsi sono destinati soprattutto a giovani e adulti che cercano un apprendimento tecnico, con tante tipologie di corso e livelli diversi.

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Briefing prima di uscire in mare

Più tecnica

In questo senso il nostro lavoro cambia, più tecnica e più nozioni teoriche ma quella visione diversa sulla formazione alla fine ci rimane appiccicata addosso e spesso troviamo magari una chiave più efficacie con qualche allievo parlando alla sua pancia piuttosto che mostrandogli dei vettori.

Un ingrediente fondamentale per il funzionamento della base è la coesione del corpo istruttori. L’esperienza con le scuole incide molto sulla qualità del metodo didattico e rappresenta sempre un’occasione per aggiornarci e fare attenzione ad aspetti che esulano dall’ambito strettamente tecnico”.

Facciamo un passo indietro, agli inizi della settimana, mentre guardiamo ora questi ragazzi, alla fine del loro viaggio, con le valige pronte davanti al pullman che li porterà in aeroporto ad Olbia.

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Temporali sul golfo, si approfitta per approfondire a terra i problemi dell’armo

Qualcuno forse è stato totalmente impermeabile all’esperienza, altri ne sono stati rapiti, altri ancora hanno percepito una piccola scintilla che si è accesa. Sicuramente sono un gruppo diverso, sicuramente qualcosa di denso che assomiglia a una amicizia più profonda – magari non fra tutti – si percepisce.

Ultime pacche sulle spalle, tanti abbracci e qualche lacrimuccia accompagnano i ragazzi verso il ritorno a casa. Qualcuno tornerà qui. In 25 anni di viaggi di istruzione è accaduto: qualcuno è diventato istruttore, altri velisti professionisti, altri ancora campioni nazionali ed europei in diverse specialità.

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Il venerdì, meteo permettendo, la flotta viene condotta dagli studenti fino a Caprera. A fine giornata si lascia l’isola meglio di come si è trovata: si raccolgono i rifiuti della flotta e quelli che si trovano lasciati da altri

E nei tanti altri che non sono più tornati in questo angolo di Sardegna? Sarà rimasto qualcosa?  “A me piace credere di sì – ci confida Stefano Punzo – mi piace pensare che un pensiero sia rimasto e che nei giovani che sono diventati adulti sia rimasto il ricordo di quello che hanno vissuto all’Isuledda, e che nei momenti delle loro scelte, personali e lavorative, si siano ricordati di quando, con le scotte in mano, dicevamo loro “dai prova e non permettere mai a nessuno di dirti lascia stare, tu non sei capace”. 

 

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Viaggi di istruzione e scuole di vela


Se Horca Myseria è stata fra le prime scuole di vela a proporre i viaggi di istruzione, oggi in Itala diverse strutture propongono iniziative analoghe. Ecco di seguito alcuni indirizzi web.
Altura Velascuola.alturavela.it
Marveliawww.marvelia.it
Orza Scuola Velawww.orzascuolavela.it
Riviera Ventowww.riveravento.com
Vela Dreamwww.veladream.com
Orza Minore www.orzaminore.eu
Utopiawww.utopiascuolavela.eu
Velamarewww.velamare.it

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Didattica rivoluzionaria

La professoressa Simona Bologna, vice preside del liceo Cairoli di Pavia (oggi si dice collaboratrice della dirigente), è una dei pionieri dei viaggi di istruzione in barca a vela. “Era l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle – ricorda – e i viaggi all’estero erano banditi.

Mi imbattei in un dépliant che promuoveva questa iniziativa e nel 2002 portai la mia prima classe a Portovenere. Fu l’inizio di un percorso che è cresciuto sempre di più”. Ma cosa porta in più ai ragazzi un’esperienza di questo tipo? “Tanto e su piani diversi. Su quello didattico, ad esempio, applichiamo alla realtà della vela le cose che studiano in fisica: forze, fluidi, Archimede.

Ma in gioco c’è molto di più. In 23 anni di questi viaggi ho visto risolvere in una settimana conflittualità e tensioni, sviluppare senso di collaborazione, scoprire un maggior senso di solidarietà. I ragazzi incontrano una nuova prospettiva che propone loro di non fuggire i pro blemi ma di affrontarli, di guardare in faccia anche le paure e condividerle, di ridurre quella che io chiamo la puzza sotto al naso adattandosi a vivere in una comunità dove si partecipa alla gestione, dove si condivide il bagno e le stanze.

Per noi insegnanti, se lo si vuole, è un’occasione per osservare un altro modo di fare didattica. Io la uso molto a scuola: seppure insegni materie come la fisica e la matematica, cerco sempre di arricchire la nozione proponendo un problema e dando loro strumenti per la soluzione.

È già tanto, ma Isuledda ha una magia in più, ed è l’inclusione. In questi anni abbiamo portato qui ragazzi con problemi che sulla carta avrebbero reso impossibile la loro partecipazione, ed è stato possibile grazie a una comunità composta dagli studenti, dagli istruttori e da noi docenti, capace di includere chi purtroppo e troppo spesso viene emarginato. E alle soglie della pensione ho un sogno: portare qui tutti i miei colleghi e fagli vivere la bellezza di questa esperienza con i loro ragazzi”.

 

Le impressioni dei ragazzi

A conclusione della settimana dell’istituto magistrale Cairoli di Pavia, abbiamo raccolto qualche parere fra gli studenti.
Cristian, 17 anni: Mi sono divertito a imparare cose che non sapevo nemmeno che esistessero e ad avere una maggiore capacità di gestire le mie cose. Inoltre, avere poche
regole ma molto chiare mi ha semplificato la vita.
Gaia, 16 anni: Le cose che mi sono piaciute di più sono state le nuove amicizie e i posti bellissimi che non avrei forse mai visto. E poi è stata una settimana di stacco dalla scuola
classica pur rimanendo con la classe.
Petra, 17 anni: Mi è piaciuto vivere in condizioni molto diverse e scoprire che è stato facile adattarmi. E mi è piaciuta la comandata, con un lavoro di squadra molto bello fra di noi,
anche con ragazzi dell’altra sezione che non conoscevo.
Federica, 16 anni: La cosa più difficile è stata quella di adattarmi a dormire con altre persone, a dividere lo spazio. Poi è stato davvero bello capire che si poteva fare senza
drammi: rispettare gli orari, aspettare il turno per andare in bagno. E poi ho sperimentato la condivisione di tutto, dello spazio ma anche di una felpa, di una merenda. È stato
davvero bello.