Crociera invernale: via dalla pazza folla di Lamberto Ballerini il 1 Feb 2024 Sommario La nautica fuori stagioneMeteorologia amicaUn utile allenamentoIl freddo e l’umiditàL’abbigliamentoIl riscaldamento ambientaleAcqua caldaAlimentazioneEmergenze invernaliMOB (Man Over Board)Gite e crociereDIECI REGOLE PER L’INVERNO La nautica fuori stagione Calette tranquille, ormeggi disponibili, aria pulita, servizi a terra di qualità migliore. È la nautica fuori stagione. A parte l’inevitabile considerazione di quanto sia antieconomico spalmare i costi complessivi di una qualsiasi unità da diporto su un periodo d’uso che raramente supera i trenta giorni l’anno e che, in termini di effettiva navigazione, risulta essere mediamente – ce lo dicono le statistiche – inferiore alle 50 ore, saltare ben tre stagioni di mare significa privarsi di un grandissimo piacere. Il fatto è che sono in molti a pensare che, tranne i mesi estivi, tutti gli altri siano poco compatibili con la pratica della nautica da diporto. È perciò sconsolante, soprattutto agli occhi di chi ha la possibilità di frequentare Paesi esteri caratterizzati da una più diffusa cultura diportistica, notare la tipica immagine desolata di certi nostri porti che, durante l’inverno, sono pieni di barche che sembrano più abbandonate che a riposo. La costa dell’Argentario in alta stagione Meteorologia amica Chiunque pratichi il diporto con la convinzione che le tempeste siano un attributo peculiare dei mesi invernali dovrebbe leggere uno dei più importanti best-seller nella storia dell’editoria nautica: “Navigazione a vela con cattivo tempo”, scritto nel 1967 dall’inglese Kaines Adlard Coles. Raccontando con estrema lucidità alcune delle peggiori avventure vissute in prima persona nella sua lunga carriera di diportista e di regatante, Coles non fa che confermare con la sua esperienza ciò che la climatologia insegna da sempre: autunno e inverno non significano automaticamente piogge e burrasche, così come primavera ed estate non significano necessariamente sole e bel tempo. Ma se la climatologia, scienza sostanzialmente storico-statistica, ci offre una visione complessiva di scarsa utilità pratica, oggi, fatte le dovute eccezioni, possiamo contare su una meteorologia che, in termini di previsione, risulta più precisa di quella esistente ai tempi di Coles. Ciò costituisce un fattore di primaria importanza per qualsiasi tipo di navigazione, indipendentemente dal periodo in cui si svolge. Una tipica situazione estiva Un utile allenamento Oltre al piacere in sé, esiste un altro motivo per il quale il navigare fuori stagione è estremamente importante: mantenere la funzionalità, sia quella personale sia quella della barca. Non è un gioco di parole. Per rendersene conto, basta pensare a come si evolve il rapporto uomo-barca nell’arco di quei fatidici quindici giorni praticati dai diportisti pigri e a come esso, al contrario, si involve nel lungo periodo successivo. È un po’ quel succede ciclicamente a coloro i quali praticano lo sci invernale per una sola settimana bianca l’anno: trascorrono i primi giorni sulla neve tra dolori muscolari, lividi e pericolose cadute; poi, proprio quando incominciano a riprendere quel minimo di padronanza, devono fare le valigie per tornare a casa; quindi, si fermano per quasi un anno perdendo la poca abilità acquisita. Nel nostro caso specifico, oltre al fondamentale allenamento personale – fatto di dimestichezza con le manovre, uso degli strumenti, regole da ricordare eccetera – c’è l’altrettanto importante salute della barca che, come ricordiamo tutte le volte che possiamo, è direttamente proporzionale alla sua regolarità d’uso. Dunque, oltre a essere sorprendentemente piacevole, la navigazione invernale costituisce un fattore di sicurezza e affidabilità assolutamente insostituibile. Fuori stagione, persino il temuto Meltemi è alquanto raro. Il freddo e l’umidità D’accordo, penserete, ma ci sarà pure qualche aspetto oggettivamente negativo. Certo che sì, uno solo: il freddo. Questo è l’unico vero nemico da combattere con i mezzi più appropriati, compresi gli sprayhood e le capote più o meno integrali. Tra l’altro è un nemico subdolo, poiché porta quasi sempre a “sigillare” l’interno della barca, con la conseguenza che ad esso va ad aggiungersi un surplus di umidità, spesso tangibile sotto forma di condensa, cioè di acqua distribuita sulle superfici e assorbita dai materiali porosi. Ad aggravare la situazione sono poi gli indumenti, soprattutto quelli bagnati dalla pioggia, che, portati sotto coperta, fanno schizzare l’igrometro a fondo scala. Ecco perché ad essi – ma ciò vale per qualsiasi altro oggetto bagnato o anche solo umido, come le vele, i tendalini, le scarpe, i cuscini esterni eccetera – è sempre bene dedicare un volume di stivaggio ben separato dalle cabine e sufficientemente aerato. Ma poi, quando il sole è caldo, tutto questo insieme di cose (unitamente ai piumoni, agli asciugamani e ai vestiti che ne necessitassero) deve essere portato all’esterno per una completa asciugatura. Contest 60 (by Lessi) Fin qui, le attenzioni che devono avere un po’ tutti, a bordo. Ce n’è invece una che spetta particolarmente allo skipper: quella di mantenere la sentina sempre asciutta, verificando de visu e non soltanto affidandosi agli interruttori delle pompe automatiche, che spesso entrano in azione soltanto quando l’acqua raggiunge un certo livello. Si pensi che, sulle moderne barche a vela, dotate come sono di carene decisamente piatte e, perciò, di sentine quasi inesistenti, anche soltanto cinque litri d’acqua possono propagarsi per tutta la lunghezza della carena. L’umidità è persino peggio della pioggia L’abbigliamento Il sistema più classico per difendersi dal freddo – che, unito all’elevato tasso di umidità, acquista un eccezionale potere di penetrazione – è rappresentato ovviamente dall’abbigliamento pesante. In barca, però, c’è il problema di raggiungere lo scopo della tenuta termica senza limitare più di tanto la libertà di movimenti. È dunque necessario seguire un certo criterio e scegliere con attenzione ciascun elemento. Il sistema migliore è quello a tre strati. Per il più interno, quello a contatto con la pelle, conviene indossare una maglia di buon cotone, fibra ben tollerata e traspirante. Immancabile una buona muta subacquea Eventualmente si può ricorrere anche a quei capi tecnici che, in alcuni casi, presentano un filato esterno di lana vergine. Lo strato intermedio ideale (primo, per quanto riguarda le gambe) è rappresentato da una tuta in filato misto o sintetico, come il Tactel, il Meraklon e il Nylon; la sua parte superiore può essere vantaggiosamente sostituita o integrata da un maglione di lana idrorepellente con chiusura a zip e collo alto. Il terzo e ultimo strato è costituito dalla cerata. Questa è formata generalmente da una giacca lunga e da un paio di pantaloni a salopette. L’abbigliamento tecnico è sempre ben rappresentato ai saloni nautici La cosa fondamentale è che il suo manto esterno presenti contemporaneamente tutte le seguenti caratteristiche: l’impermeabilità (la capacità di impedire il passaggio dell’acqua); la permeabilità al vapore (il consenso al passaggio dei vapori della traspirazione corporea); l’idrorepellenza (l’eliminazione delle pellicole esterne d’acqua, che inibiscono la permeabilità); la resistenza al vento e la tenuta termica (che contribuiscono al mantenimento della temperatura corporea); la resistenza meccanica (che deve impedire, quanto più possibile, gli strappi e le scuciture). Completano l’abbigliamento un paio di stivali (di tipo antisdrucciolo, abbastanza comodi da permettere di indossare anche dei calzettoni pesanti), un paio di guanti e uno zucchetto di lana che, all’occorrenza, arrivi a coprire anche le orecchie. L’inverno per non perdere l’allenamento, soprattutto a vela Una nota a parte, infine, riguardo a un capo di vestiario assolutamente speciale, che è consigliabile avere a bordo sempre ma che diventa assolutamente indispensabile fuori stagione: la muta subacquea. Proprio come quando si parla di maschera, boccaglio e pinne (la magica terna che deve essere sempre tenuta a bordo), qui non si tratta di prevedere allegre sommozzate per ammirare il fondo marino, bensì di un sistema che, all’occorrenza, permetta di immergersi per poco tempo in un’acqua dalla temperatura assai poco gradevole, anche solo per controllare la posizione dell’ancora. I modelli più adatti a questo scopo sono quelli umidi o i semistagni, bifoderati, di spessore compreso tra i 5 e i 7 millimetri, con cappuccio incorporato. Completano il corredo i calzari, i guanti e la cintura zavorrata (2-3 chili al massimo), necessaria ad annullare – o quantomeno a limitare – la spinta idrostatica prodotta dal neoprene. Una buona cerata è praticamente indispensabile in tutte le stagioni Il riscaldamento ambientale L’esperienza ci insegna che chi veramente soffre il freddo – e questo capita soprattutto a chi, a bordo, è soltanto “passeggero” – non trova una soluzione soddisfacente neppure nell’abbigliamento polare. D’altra parte, pure il più coriaceo dei regatanti oceanici sogna a occhi aperti una gustosa cena da consumare nel tepore di un quadrato ben asciutto. A mettere d’accordo tutti può essere un buon impianto di riscaldamento, sia esso ad aria o a radiatori o anche integrato nel pagliolato. Quasi tutti i cabinati nordici ne sono dotati come standard e persino molti piccoli natanti di produzione scandinava dispongono di semplici sistemi che permettono di trasformare i piani di cottura in piastre eutettiche capaci di accumulare il calore fornito dai fornelli per poi restituirlo nell’ambiente per diverse ore. Un potente radiatore installato in una barca di produzione nordica Certamente, nell’area mediterranea l’esigenza può essere soddisfatta molto più facilmente, non fosse altro perché il nostro mare è già di per sé un enorme accumulatore di calore alimentato dall’energia solare, assorbita per l’80% dalla fascia costituita dai primi due metri di profondità. Nelle giornate più gelide dell’anno, difficilmente la sua temperatura superficiale scende al di sotto dei 9 gradi, mantenendosi piuttosto su una media minima di 13 gradi. Considerando che questa energia termica viene trasmessa per contatto a tutta la carena, si può capire perché, nella cabina di una barca non dotata di impianto di riscaldamento, si gode comunque di una temperatura decisamente più elevata di quella che si può trovare in qualsiasi altro ambiente terrestre non attrezzato. Resta il fatto che l’uso dell’impianto deve comunque essere oculato, in quanto è necessario evitare il più possibile quei forti sbalzi di temperatura tra esterno e interno che sono alla base di molti malanni. Le regole sono semplici: durante la navigazione diurna, cioè quando il transito tra pozzetto e cabina è sicuramente più frequente, è bene mantenere l’impianto spento ovvero, se il freddo è davvero insopportabile, predisporlo in modo tale che la temperatura interna non sia superiore di oltre cinque gradi rispetto a quella esterna. Webasto, un classico dei sistemi di riscaldamento Durante le soste, invece, che si tratti di ormeggio in porto o di ancoraggio in rada, si può tranquillamente impostare la temperatura interna intorno ai 20 gradi per la sera – cioè durante la cena e nelle due-tre ore immediatamente successive – e intorno ai 16 durante la notte. Comprensibilmente, il problema degli sbalzi riguarda soprattutto i cabinati a vela, nei quali la vita di bordo risulta quasi sempre più movimentata per i frequenti passaggi tra pozzetto e sottocoperta. A vantaggio dei motoryacht c’è poi la più regolare fruibilità degli interni durante la navigazione, fatto che li rende più adatti a chi soffre molto il freddo. Tanto è vero che, se su una barca a vela l’abbigliamento tecnico del quale abbiamo parlato è assolutamente indispensabile, sui cabinati a motore è soltanto un optional fortemente consigliabile. Il classico sistema di riscaldamento a radiatori Acqua calda Premesso che l’utilità di avere a disposizione acqua calda per uso sanitario non conosce stagioni, in inverno, dopo una giornata di navigazione, una doccia alla giusta temperatura è quanto di più confortevole e rigenerante si possa immaginare. Esistono vari tipi di boiler che, dotati di scambiatore di calore collegabile con il circuito di raffreddamento del motore principale, risultano particolarmente efficaci ed economici. Un boiler per uso nautico Molti di questi possono produrre acqua calda anche in modo autonomo, mediante una resistenza elettrica che necessita dell’energia fornita dal generatore o dalla rete di banchina: al crescere della sua potenza (espressa in Watt) diminuisce il tempo necessario a scaldare la massa d’acqua contenuta ma, ovviamente, l’impianto elettrico di bordo deve essere adeguato alla corrente che ne deriva (espressa in Ampere), anche per ciò che riguarda gli immancabili dispositivi di protezione. Per quanto riguarda la capacità di accumulo, la scelta è assai ampia ma, per grandi linee, non conviene scendere al di sotto dei 40 litri, che sono appena sufficienti per quattro docce. L’efficace sistema di riscaldamento integrato nel pagliolo Alimentazione Fermo restando che un organismo correttamente alimentato dispone sempre al meglio di tutte le sue difese naturali, l’assunzione di cibi appropriati (soprattutto caldi) aumenta sensibilmente la resistenza psicofisica al freddo. Per esempio, prendendo come riferimento la propria dieta abituale, è bene prevedere un sensibile aumento dei carboidrati rispetto alle proteine, in modo tale da soddisfare il superiore fabbisogno calorico dell’organismo, che è sottoposto a un maggiore lavoro per mantenere costante la temperatura corporea. Di grande conforto sono anche le bevande calde zuccherate – come le tisane, la cioccolata e il latte – che è vantaggioso preparare in abbondanza, per conservarle nei thermos e averle pronte, soprattutto in navigazione, appena se ne sente la necessità. Quanto agli alcoolici, meno se ne beve e meglio è: il loro effetto vasodilatatore, infatti, aumenta sensibilmente la dispersione calorica, favorita anche dalla leggera sudorazione che si forma rapidamente sulla pelle. Un kit JackLine pronto per l’installazione Emergenze invernali Abbiamo parlato del freddo come fattore negativo che può essere combattuto sia indossando un abbigliamento appropriato sia utilizzando un sistema di riscaldamento ambientale. Esiste tuttavia un altro tipo di freddo che deve essere evitato con tutte le forze: quello derivante dal contatto con l’acqua, a seguito di una caduta accidentale in mare. Ovviamente, ciò che innanzi tutto ci preoccupa è la caduta in sé, che già costituisce un pericolo estremo in qualsiasi periodo dell’anno, poiché la manovra di recupero del malcapitato è sempre troppo lunga, complessa e delicata. Ma d’inverno c’è da fare i conti anche con la bassa temperatura del mare, la quale agisce in maniera talmente peggiorativa da poter ridurre fino a un quinto il tempo massimo di sopravvivenza di una persona perfettamente sana. MOB (Man Over Board) Se ne ricava che lo spettro del cosiddetto MOB (Man Over Board) deve essere combattuto su due fronti: prima di tutto quello della prevenzione, mediante l’installazione e l’uso – diversificato o combinato – di protezioni come battagliole, tientibene, reti, cinture di sicurezza e jack-line; poi quello della previdenza, mediante l’utilizzo dei giubbotti salvagente, da indossare sempre e comunque – adulti e bambini – tutte le volte che si sta in coperta. Tramonto invernale in una zona dell’Isola d’Elba assai trafficata durante l’Estate Gite e crociere L’approccio alla navigazione invernale, per chi non l’hai mai praticata, può anche essere morbido e progressivo. Per scoprire i primi importanti aspetti di questo bellissimo modo di fare diporto possono infatti bastare poche uscite giornaliere, precedute da una corretta lettura delle previsioni meteorologiche e seguite da una bella cena a bordo, nelle acque rassicuranti del proprio porto. Il primo fattore da considerare è costituito dalla disponibilità della luce naturale, che è nettamente inferiore – anche di 4-5 ore, considerato pure il cambio di ora legale-solare – rispetto a quella dell’estate. Perciò, se si intende svolgere una gita esclusivamente diurna, è bene ridurre drasticamente il raggio d’azione solitamente stabilito per le gite in alta stagione. Un’altra accortezza – importante ancora oggi, nell’era della comunicazione totale – è quella di avvisare qualcuno, a terra, del proprio programma: rotta, tempistica, orario previsto per il ritorno in porto. Il motivo di questa particolare prudenza risiede nel fatto che, non di rado, una gita di questo tipo si svolge in una deliziosa solitudine e, pertanto, le possibilità di ricevere una qualsivoglia eventuale assistenza da parte di altri diportisti in portata ottica, al di fuori delle aree di copertura radio/cellulare, è ridotta ai minimi termini. Visto che abbiamo nominato la deliziosa solitudine, soffermiamoci un poco a considerare questo eccezionale aspetto della nautica invernale, con tutte le sue implicazioni. Innanzi tutto, quando parliamo di solitudine, ci riferiamo particolarmente alla quasi totale assenza di traffico diportistico, ma non certamente di quello commerciale e men che meno di quello peschereccio. Fuori stagione a Preveza, in Grecia Ciò significa, per esempio, poter ritrovare l’intimità di quelle calette che, durante l’estate, sono letteralmente prese d’assalto da imbarcazioni di ogni genere, con quel che ciò comporta in termini di spazio disponibile per l’ancoraggio, ingarbugliamento di catene, confusione, discussioni, rumore eccetera; quei pochi yacht che si possono incontrare sul proprio percorso, sono quasi sempre condotti – proprio per gli stessi motivi che abbiamo detto – da persone decisamente più esperte e allenate della media. In compenso, soprattutto lungo alcune direttrici, la probabilità di incrociare il naviglio di grosso tonnellaggio resta pressoché inalterata, fatto, questo, che non consente in alcun momento di abbassare la guardia. Tutto ciò risulta proporzionalmente amplificato se dalla gita giornaliera si passa alla minicrociera di un weekend o a un viaggio più articolato e consistente. In questo caso, si scopre che l’arrivo a un porto di transito – soprattutto se non tradizionalmente residenziale – non comporta la solita parossistica ricerca del posto libero e che, come per magia, risulta quasi del tutto scomparsa quella strana fauna di “pratici locali” che, in alta stagione, pretenderebbe di vendere a prezzo immorale anche l’aria da respirare. Ma poi ci sono i cantieri e le officine che, non oberati di lavoro, sono assai più disponibili e meno esosi; ci sono i ristoranti che, incomparabilmente meno affollati, sembrano riacquisire le giuste maniere della buona accoglienza. Insomma, si scopre un mondo decisamente diverso. E di gran lunga migliore. Una situazione assai improbabile durante l’alta stagione DIECI REGOLE PER L’INVERNO 1 – Nel pianificare un’uscita giornaliera, tenere conto della durata della luce solare. 2 – Nei giorni immediatamente precedenti la partenza, seguire regolarmente l’evoluzione delle previsioni meteo. 3 – Prima di lasciare l’ormeggio, comunicare a una persona di fiducia, il proprio programma di viaggio. 4 – Coprirsi a sufficienza ma non tanto da sudare. 5 – Mantenere il più possibile l’aerazione nelle cabine. 6 – Ogni volta che se ne presenta la possibilità, asciugare al sole tutto quel che può aver assorbito umidità. 7 – Mantenere un paio di thermos sempre colmi di bevande bollenti. 8 – Soprattutto sulle imbarcazioni a vela, durante la navigazione mantenere l’impianto di riscaldamento spento o comunque al minimo. 9 – Non assumere alcoolici con l’intento di riscaldarsi. 10 – Dopo essersi spogliati, chiudere le cerate bagnate nell’apposito armadio drenante o, in mancanza di questo, in un gavone esterno alla cabina. 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