Crociera in relax, consigli pratici di Lamberto Ballerini il 10 Giu 2024 Sommario Come pianificare la rottaLa natura del viaggioTecnica del trasferimentoAutonomiaClimatologia e meteorologiaLa scelta della rottaL’imponderabileProgramma e tracciaturaCome tracciare la rottaI punti intermediI markerCrowdsourcing per la cartografiaLe diverse funzioni dei plotterIntegrazione plotter-autopilota: scelta delicata Come pianificare la rotta Alcune semplici regole fondate sulla logica, sulla climatologia e sull’uso appropriato degli strumenti di navigazione consentono di sviluppare un percorso su misura, capace di garantire divertimento e, soprattutto, sicurezza. Nel parlare di crociera entrano spesso in gioco fattori psicologici che in qualche modo rendono meno veritiere le opinioni di ciascuno. Per esempio, pochi “velisti” (virgolette d’obbligo) sono disposti a dichiarare che trascorrono molte più ore con il motore in moto piuttosto che con la tela a riva; pochi armatori riconoscono di utilizzare la loro barca come una casa al mare, tenendola stabilmente ferma in porto. Equipaggio professionale in partenza per trasferimento Come colmare questo gap, consentendo finalmente a questi meravigliosi mezzi di svolgere la funzione per la quale sono stati costruiti? La risposta è semplice: studiando e mettendo in pratica. Poi, con l’esperienza, tutto diventa più facile. Poiché il filo conduttore del tema è lo spostamento da un punto a un altro, non possiamo far altro che parlare della rotta, cioè proprio di quella sorta di progetto che si compone di una certa quantità di punti – minimo due: quello di partenza e quello di arrivo – collegati da segmenti che indicano progressivamente la strada da percorrere. Ma poiché si tratta di operare scelte che incidono profondamente sulla natura stessa del viaggio, prima di incominciare a tracciare linee sulla carta o sul display è bene chiarirsi le idee su quel che si desidera ottenere. Il mal di mare colpisce soprattutto chi non è allenato La natura del viaggio I nostri viaggi per mare possono essere divisi in due grandi categorie ben distinte, anche se, come spesso accade, possono essere connesse. Distinguiamo dunque tra rotta di trasferimento e crociera. La prima ha uno scopo prettamente utilitaristico, in quanto serve semplicemente (anche se poi può risultare la fase più faticosa e impegnativa) a portare la barca in un punto “lontano” in cui si è stabilito che abbia inizio la vera e propria vacanza (che, invece, si spera sia la fase più tranquilla e rilassante). La natura squisitamente tecnica del trasferimento rende consigliabile che a svolgerlo sia un equipaggio professionale – per le barche che ne siano dotate –o comunque esperto. Infatti, a meno che non si tratti di una famiglia o di un gruppo di persone ben rodati alle navigazioni più intense, è sempre bene evitare che a compiere questo percorso sia la variegata compagnia prevista per il successivo periodo vacanziero. Un cantiere per affrontare gli immancabili problemi tecnici Questo è un aspetto della massima importanza, poiché, per sua stessa natura, il trasferimento può generare sensazioni anche molto negative in chi non è diportista incallito, creando una rischiosa premessa per il buon esito della fase successiva. Basti solo pensare al problema più frequente, che è quello del mal di mare. Ben sapendo che chiunque può soffrirne, tanto il novizio quanto il lupo di mare, la differenza sta nell’esserne travolti, sprofondando peraltro in uno stato depressivo che può protrarsi fino a quando non si torni stabilmente con i piedi per terra, o nel saperlo gestire, consci del fatto che dopo un po’ passa. Intendiamoci, non dobbiamo drammatizzare, anche perché l’entità di questo particolare viaggio può variare non poco. Una cosa è trasferire la barca da Punta Ala a Olbia; altro è trasferirla dal Tirreno all’Egeo o, addirittura, dal Mediterraneo ai Caraibi. Fondamentali i collegamenti del punto di partenza della crociera Tecnica del trasferimento L’entità del percorso previsto per un trasferimento dipende, ovviamente, dal luogo prescelto come “hub” della crociera successiva, cioè dal porto che costituirà l’inizio della vacanza vera e propria. La sua scelta deve rispettare il più possibile alcuni fattori strategici, che sono tanto più importanti quanto meno organizzata è nel suo complesso la regione circostante: la vicinanza a uno o più terminal di collegamento (aeroporti, porti commerciali, autostrade) per consentire a chi parteciperà alla crociera di raggiungere la barca il più comodamente possibile; la presenza di un cantiere dotato di officina meccanica, poiché è possibile – se non addirittura probabile – che ci sia qualcosa da riparare; la presenza di un distributore di carburanti e di una presa di acqua potabile; la disponibilità di negozi per l’approvvigionamento di cibi e bevande; l’eventuale servizio di guardianaggio, nel caso in cui la barca debba essere lasciata incustodita per un certo periodo di tempo, prima della partenza successiva. Un distributore di carburanti per assicurarsi la massima autonomia Non ultimo, la ragionevole vicinanza di un pronto soccorso. Una volta deciso il punto d’arrivo, essendo noto quello di partenza, è abbastanza facile tracciare una rotta che tenga conto dell’esigenza di una certa rapidità, la quale è più legata alla riduzione delle soste intermedie e alla previsione di eventuali tratte notturne che non alla velocità in sé della barca, se non altro per rispettare il sempre sano principio dell’economia di carburante. A questo punto si può stabilire subito se l’autonomia sia sufficiente a coprire l’intero percorso o se, invece, sia necessario prevedere una o più soste di rifornimento. In quest’ultimo caso, i waypoint intermedi della rotta corrisponderanno esattamente ai porti dotati di distributori, tenuto conto che, a scopo cautelativo, la distanza tra un punto di rifornimento e l’altro (parliamo sempre di pieno) non dovrà superare l’75 per cento dell’autonomia: in pratica, se alla velocità di crociera economica la barca ha un range – poniamo – di 400 miglia, il percorso tra un rifornimento e l’altro (a quella velocità) non dovrà superare le 300 miglia. Un buon supermercato per fare cambusa Se tutto ciò appare evidente per una barca a motore, meno ovvie sono le valutazioni da fare se si tratta di una barca a vela. In questo caso, infatti, entrano in gioco alcune variabili specifiche che il comandante deve valutare con estrema attenzione. Autonomia Ma andiamo per ordine. Innanzi tutto, è possibile che una determinata barca a vela abbia un’autonomia a motore superiore rispetto a quella di un motoryacht di analoghe dimensioni. Pertanto, quel che abbiamo già detto a proposito della tracciatura della rotta in rapporto al range disponibile trova molti velieri avvantaggiati, nell’ipotesi tutt’altro che rara di un loro trasferimento eseguito più o meno interamente sotto la spinta del Diesel, in tal caso impropriamente chiamato “ausiliario”. Sappiamo altresì che, essendo il vento un carburante inesauribile, una barca a vela può affrontare percorsi assai più estesi di quanto non consentirebbe il suo carico di nafta. Tipica è la traversata dell’Atlantico che, più o meno ciclicamente, viene svolta per trasferire le barche destinate al charter, secondo la logica Estate-nel-Mediterraneo / Inverno-ai-Caraibi. In questo caso, il problema dell’autonomia a motore si pone più che altro in rapporto alle probabilità di incontrare le calme di vento lungo le circa 2.600 miglia della cosiddetta “rotta bassa” o le circa 2.400 della cosiddetta “rotta alta”, a seconda che – parlando del percorso verso Ovest – la base di partenza per le Antille Francesi sia costituita dalle Canarie o dalle Azzorre. Ecco quindi che la mitica traversata ci offre lo spunto per introdurre il tema riguardante la più importante variabile che si possa incontrare in mare: il tempo meteorologico. Dati meteorologici su una schermata del computer Climatologia e meteorologia Gli istituti meteorologici di tutto il mondo cercano di formulare previsioni non soltanto sempre più precise, ma anche sempre più a lunga gittata. Per raggiungere soprattutto quest’ultimo obiettivo, esse ricorrono a una particolare scienza che, grazie all’avvento del computer, ha acquisito un’enorme importanza: la climatologia. Strettamente legata alla statistica, questa disciplina si presenta come la “scienza del sempre”, a differenza della meteorologia che, assai più legata alla fisica dell’atmosfera, si presenta piuttosto come la “scienza dell’oggi e dell’indomani”. Si tratta dunque di utilizzare modelli matematici che, opportunamente costruiti, permettono di ipotizzare l’evoluzione del tempo con un fattore di probabilità alquanto elevato. Un ulteriore passo in avanti è costituito dalla possibilità di elaborare, in prospettiva, le fotografie della Terra che vengono inviate dagli appositi satelliti orbitanti, al fine di comporre immagini proiettate verso un futuro più o meno immediato. Uno dei vantaggi collaterali offerti da queste rappresentazioni, spesso sviluppate in vere e proprie animazioni, consiste nel fatto che, contrariamente a quanto richiesto dalle più tradizionali carte meteorologiche riferite alle varie quote, basta dar loro un’occhiata per avere un’idea del tempo che farà su un’area alquanto estesa. Rappresentazione classica di una situazione barometrica La scelta della rotta Da questa ampia premessa si può comprendere, quindi, come mai, nel tracciare la rotta atlantica da Est a Ovest, si preferisca il percorso più a Sud (quello dalle Canarie alle Antille) e si scelga il periodo che si aggira intorno alla metà di Novembre: è infatti su quella fascia di latitudine dell’emisfero Boreale e in quel periodo dell’anno che soffiano gli Alisei, proprio quegli stessi venti costanti che, provenendo da Nord-Est, spinsero le caravelle di Cristoforo Colombo verso il Nuovo Mondo. Per compiere la traversata in senso opposto, invece, si preferisce la “rotta alta” (dalle Antille alle Azzorre) e si sceglie il mese di aprile, quando i venti del Nord Atlantico soffiano con più energia, mentre quelli lungo la “rotta bassa” tendono a placarsi in lunghe calme. Per questo motivo, chi decide comunque per quest’ultima opzione – certamente meno impegnativa per l’equipaggio – non lascia i Caraibi se non dopo aver imbarcato parecchi fusti di carburante. Una app meteo per smartphone e tablet Questo stesso approccio vale anche su scala mediterranea. Tanto per fare qualche esempio, sulla Valle del Rodano soffia spesso impetuosamente il famigerato Mistral, che poi si apre a ventaglio sul Golfo del Leone, propagandosi talvolta fino a gran parte del Tirreno; tra la tarda Primavera e tutta l’Estate, soprattutto quando nel Mediterraneo Centrale si stabilisce una zona di alta pressione, lungo lo Stretto di Messina rinforza anche violentemente il cosiddetto Vento Cavaliere; più o meno nello stesso periodo, quasi tutto l’Egeo fino alla costa turca è flagellato dal Meltemi, che può diventare assai poco maneggevole soprattutto intorno alle isole Cicladi. Eccetera eccetera. Ciò suggerisce quanto sia saggio programmare la navigazione di trasferimento e, possibilmente, anche la crociera vera e propria tenendo conto delle caratteristiche climatologiche dell’area interessata. Nonostante le previsioni, il maltempo può sempre sorprendere. Per questo motivo è importante pianificare sempre porti e ridossi alternativi L’imponderabile Ovviamente, questa cautela sul futuro – che, lo ribadiamo, si fonda soprattutto su dati statistici – non può offrire garanzie su quel che incontreremo giorno per giorno, una volta in mare. Cioè, per dirla con altre parole, se oggi, con parecchio anticipo, possiamo ragionevolmente sperare che il tempo durante il prossimo mese di luglio sarà generalmente bello e stabile, non possiamo affatto escludere la possibilità di restare sorpresi – proprio in quel periodo – da qualche giornata di maltempo. Ma oltre alla questione dell’estensione temporale, c’è pure quella dell’estensione geografica: il navigante, soprattutto in funzione dell’esigua velocità con la quale procede sul mare, permane a lungo all’interno di aree alquanto ristrette e, perciò, non necessita tanto di informazioni generali quanto piuttosto di osservazioni e previsioni il più possibile localizzate. Proprio per questa ragione si rende assai raccomandabile l’individuazione dei cosiddetti “alternati”. Mutuiamo quest’ultima definizione dall’ambiente aeronautico, dove un piano di volo che si rispetti contiene, insieme con i dati del previsto aeroporto di arrivo, anche quello degli aeroporti che, per loro caratteristiche tecniche (posizione, orientamento e lunghezza delle piste, classe, servizi di assistenza eccetera) possano sostituirlo nel caso in cui le condizioni del tempo (precipitazioni, vento, visibilità, temporali) o di altra natura (traffico, emergenze eccetera) lo rendano inadatto. Ebbene, la stessa cosa va fatta in corrispondenza dei porti o dei ridossi previsti come waypoint principali della rotta. Le esperienze gastronomiche arricchiscono i contenuti di un viaggio Programma e tracciatura Il programma di una crociera nasce quasi sempre sui divani di un salotto di casa, magari con una carta geografica e una buona guida turistica sotto gli occhi. È un gradevole brain storming nel quale è giusto che confluiscano i diversi interessi di ciascuno dei partecipanti, poiché, per essere davvero completo e appagante, un viaggio per mare deve avere contenuti variegati e condivisi: dunque senz’altro quel pizzico di avventura che gli è proprio, ma anche, per esempio, perlustrazioni a terra, soste riposanti per fare il bagno, esperienze gastronomiche legate al territorio, luoghi di immersione subacquea e snorkelling, visite a musei e a siti archeologici eccetera. Snorkeling e subacquea possono orientare la scelta dei waypoint Sviluppata la lista delle località in rapporto alla prevista durata della crociera, la fase successiva diventa di competenza esclusiva del comandante. È a questo punto, infatti, che il brain storming cessa per dare inizio al vero e proprio sviluppo della rotta, che necessita di un po’ di tempo. Dunque, il posto della carta geografica deve essere preso da una carta nautica e quello della guida turistica da un portolano. Come si sa, nella pratica le carte cartacee – mappe comprese – sono state quasi del tutto rimpiazzate da quelle elettroniche, le quali, per di più, contenendo un database di informazioni tecniche e di immagini fotografiche, svolgono in parte le funzioni del portolano. Ricordiamo però doverosamente che, a termini di legge, le unità da diporto che si spingono oltre le 12 miglia dalla costa hanno comunque l’obbligo di avere a bordo le carte nautiche pubblicate dall’Istituto Idrografico della Marina relative alla zona in cui si svolge la navigazione. Detto ciò, dobbiamo riconoscere che il diportista medio utilizza il suo sofisticato plotter sì e no per il venti per cento delle sue possibilità, rinunciando più o meno consapevolmente a funzioni che potrebbero accrescere ulteriormente il livello di precisione della navigazione e, soprattutto, la sicurezza. In un posto come la Grecia, pesa la scelta dei siti archeologici Come tracciare la rotta Basta ascoltare le chiacchiere degli appassionati per scoprire che, non di rado, essi neppure tracciano la rotta sul plotter, in quanto ritengono già più che soddisfacente la rappresentazione del loro movimento sotto forma di un’icona a forma di barca che si sposta sull’immagine cartografica. Più spesso, essi tracciano una rotta semplice, costituita da un segmento che unisce il punto di partenza con il punto di arrivo, senza troppa attenzione per quel che si trova nel mezzo. Insomma, una tracciatura completa e corretta è da considerarsi non comune. Un tablet per poter accedere alle infinte informazioni del web Proprio per questo motivo, alcuni strumenti dell’ultima generazione, così come alcune applicazioni per smartphone e tablet (ebbene sì, anche questi dispositivi più tipicamente “terrestri” sono in grado di trasformarsi in plotter cartografici) dispongono di una speciale funzione di tracciatura automatica che, tenendo conto di tutti gli ostacoli geografici presenti lungo il segmento impostato dall’utente, ridisegna la rotta inserendovi gli opportuni waypoint. La cartografia elettronica semplifica enormemente la tracciatura I punti intermedi Sottolineiamo il fatto che, in questo caso specifico, i punti intermedi automatici hanno la funzione esclusiva di tenere la barca lontano da scogli, bassi fondali e da quant’altro possa costituire un ostacolo fisso ma, ovviamente, nulla hanno a che vedere con le voci indicate dal programma iniziale, quello stabilito in salotto con gli amici. Pertanto, se si vuole tracciare una rotta che, oltre a tenere lontani i pericoli, rappresenti effettivamente il percorso desiderato, non c’è altro da fare che usare la propria testa e le proprie dita. Mai perdere la capacità di usare squadre e compasso A questo punto però è bene non esagerare nel pretendere di dettagliare la rotta, ingolfandola di waypoint indicanti ogni minimo cambio di direzione e rendendo praticamente illeggibile l’immagine. Per esempio, se il percorso desiderato prevede la perlustrazione a distanza ravvicinata di un ampio golfo frastagliato (sempre che questa sia consentita – anche a termini di norma – dalla conformazione geografica), non conviene tracciare una rotta che ricalchi pedantemente l’andamento delle baiette e delle insenature. Nella maggior parte dei casi, è sufficiente fissare pochi punti di riferimento, inoltrandosi poi con prudenza all’interno, basandosi sulle linee isobate, sugli eventuali ostacoli evidenziati dalla carta, sulle battute dell’ecoscandaglio e, ovviamente, sulla vista, magari indossando occhiali polarizzati. Per lo stesso motivo, conviene fissare il waypoint di partenza e il waypoint di arrivo soltanto alle imboccature dei rispettivi porti, evitando – a meno che, per ipotesi estrema, non si tratti di luoghi del calibro di Rotterdam o di New York – di disegnare improbabili percorsi al loro interno. Buona norma quella di duplicare la rotta sul display e sulla carta I marker Un discorso a parte va fatto a proposito dei cosiddetti marker, che sono riferimenti di posizione che il comandante introduce sulla carta e che il plotter salva in un apposito menu. Si tratta in sostanza di semplici memoranda destinati a ricordare che un determinato punto (per averlo ricavato da un portolano, da una guida turistica, dalla segnalazione di un amico o magari per esserci già stati in passato) è un luogo di interesse: un buon ancoraggio, un comodo distributore di carburanti o anche un ottimo ristorante eccetera. I preziosi consigli di chi conosce bene una determinata zona Ebbene, laddove se ne presenti la necessità, ogni singolo marker può essere trasformato istantaneamente in un waypoint della rotta o, più semplicemente, essere rilevato mediante la funzione quasi sempre chiamata “GoTo Marker”. In questo modo, si ottiene immediatamente la rotta per raggiungerlo, partendo dalla propria posizione attuale. Ecco quindi che l’ispirazione di un momento, un piccolo cambio di programma, l’improvviso desiderio di prendersi una sosta rilassante possono realizzarsi senza neppure uscire completamente da quella griglia rassicurante che è rappresentata dalla programmazione. Insomma, la fantasia trova sempre spazio all’interno di un’organizzazione intelligente. Ed è in questo modo che la più composita delle comitive diventa “equipaggio”. Crowdsourcing per la cartografia Da diversi anni, la cartografia elettronica e l’insieme delle informazioni ad essa correlate si avvantaggia di un sistema che permette di realizzare un continuo e puntuale aggiornamento. Si chiama crowdsourcing, neologismo nato poco dopo l’avvento di Internet e indicante genericamente la pratica di creare banche dati, rilevare tendenze, creare servizi eccetera attraverso la confluenza di notizie offerte liberamente da gruppi di utenza in rete. Nel nostro caso specifico, grazie alle segnalazioni trasmesse dai naviganti – diportisti e professionisti – e opportunamente controllate, i produttori di carte elettroniche per il diporto sono oggi in grado di pubblicare gli aggiornamenti in tempi incredibilmente rapidi. Un altro aspetto assai importante di questo sistema è rappresentato dal fatto che questi punti-utente, spesso accompagnati da utili note esplicative, vengono indirizzati automaticamente a tutti i plotter in rete, mentre gli aggiornamenti cartacei – affidati a un sistema di trasmissione che, al confronto, appare antidiluviano – sono affidati esclusivamente alla buona volontà dell’utente. La tracciatura manuale è sempre la più consigliabile Le diverse funzioni dei plotter Ma c’è di più. Grazie alla geniale funzione SonarCharts, inventata dalla Navionics e poi implementata da altri produttori con nomi diversi, un diportista può in un attimo sovrapporre alla cartografia in uso un eccezionale dettaglio di fondale, che è frutto di un sistema di crowdsourcing del quale può essere egli stesso protagonista: non deve fare altro che attivare una speciale funzione sul plotter e incominciare a girare a caso sull’area di suo interesse per un certo periodo di tempo. In questo modo, lo strumento geolocalizza ogni singola battuta dell’ecoscandaglio, fino a comporre una rete di dati che, una volta salvata, deve essere inviata via-Internet all’azienda proprietaria della cartografia la quale, nell’arco di ore, la elabora in chiave grafica realizzando l’immagine sonar destinata a sovrapporsi a quella cartografica standard. Integrazione plotter-autopilota: scelta delicata La facilità con la quale le moderne strumentazioni elettroniche possono dialogare, scambiandosi automaticamente informazioni e prendendo decisioni autonome, è stupefacente. Ciò riguarda, nel nostro caso particolare, il plotter e l’autopilota che, interfacciati, possono guidare la barca dalla partenza all’arrivo, passando attraverso centinaia di waypoint. Diciamo subito a scanso di equivoci che, per quanto affascinante, questa possibilità non ci entusiasma, in quanto prima o poi, per causa diretta o indiretta, può indurre l’utente a diminuire la sua attenzione su quello che si trova lungo la sua rotta. Se poi pensiamo che una rotta complessa – quella cioè che più dovrebbe sfruttare i vantaggi offerti dall’accoppiata plotter-autopilota – è tipicamente costiera, ecco che la nostra perplessità aumenta. D’altra parte, per lo stesso principio, riteniamo che pure l’utilizzo del solo autopilota è da riservare esclusivamente a determinate circostanze e a condizione irrinunciabile che sia garantita una guardia continua sul mare, per tutto il giro d’orizzonte. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!