Biologia Marina per subacquei: Il mare, generatore di vita di Nautica Editrice il 17 Lug 2016 L’elemento vivente più semplice è la cellula. Non si può concepire una cellula se non nell’acqua; nell’aria il suo contenuto interno evaporerebbe. Se degli esseri viventi possono esistere nell’aria è solo perché le loro cellule essenziali sono protette entro un organo umido; è soprattutto perché, almeno su una delle loro facce, le cellule vengono mantenute bagnate da un liquido, il sangue.Nell’acqua i corpi sono portati, sostenuti, anche quelli più fragili, anche quelli formati di delicatissima gelatina, anche quelli che dispiegano le più sottili ramificazioni. Sulla terra, devono acquistare dei mezzi per sostenere la loro massa, scheletro o carapace. Nell’ambiente liquido, l’essere – anche ridotto alla forma primordiale, a un informe raggruppamento di molecole – è in grado di muoversi e può così trovare, magari fortuitamente, le condizioni più opportune per il suo sviluppo. La nutrizione, cioè il trasferimento di sostanze per “osmosi” attraverso la parete delle cellule, non può avvenire che entro liquidi; e l’acqua marina, carica di sali, può nutrire le cellule per il solo fatto che le bagna, mentre l’animale vivente sulla terra o nell’aria deve possedere una tasca speciale ove il nutrimento si possa sciogliere. Anche la respirazione – che è d’altra parte un caso particolare di nutrizione – avviene su tutta la superficie dell’essere immerso nell’acqua in cui si trova disciolto dell’ossigeno. Fuori dall’acqua questa funzione esige che siano organizzate cavità umide ove l’aria venga a contatto con pareti assai sottili per passare poi in un liquido speciale, il sangue. Nel qual caso è necessario un sistema circolatorio – con una pompa – perché questo liquido interno possa bagnare ogni cellula. Quante complicazioni! Se si considera poi il problema della riproduzione, ci si accorge che l’acqua lo semplifica a meraviglia. Innanzitutto le cellule germinali o gameti possono diffondersi liberamente e basteranno gli incontri in balìa delle onde per assicurare le fecondazioni, mentre la vita aerea necessita di ben altri meccanismi per guidare l’avvicinamento e la fusione delle cellule sessuali. In seguito le uova possono essere ugualmente affidate alle onde ove maturano e si schiudono, alle onde che porteranno quindi le larve come in una culla. Per gli esseri che vivono sulla terraferma o nell’aria il problema ha solo due soluzioni: un guscio per proteggere l’ambiente ove si svilupperà l’embrione o un nido di carne nel seno materno, ove, anche là, sarà bagnato da un liquido. Così la vita terrestre appare come un caso particolare che esige soluzioni complicate: un’armatura di sostegno, “grucce” per appoggiarsi e muoversi, organi speciali per nutrirsi, per respirare, per riprodursi. Quanto più semplice di quello terrestre ci appare come un caso particolare che esige soluzioni complicate: un’armatura di sostegno, “grucce” per appoggiarsi e muoversi, organi speciali per nutrirsi, per respirare, per riprodursi. Quanto più semplice di quello terrestre ci appare l’animale marino, prima ancora di averlo osservato! In realtà esso è spesso semplicissimo. Nei tempi primordiali è stato ancora più semplice, allorquando i primi aggregati di molecole cominciarono ad autoriprodursi; e ciò avveniva in prossimità della superficie, là ove i venti agitano le onde e il sole dona la sua piena energia. Sul pianeta incandescente ove l’acqua era ancora vapore, la vita non poteva ancora nascere; nell’acqua troppo calda, non poteva più nascere. Il fatto che siano stati trovati dei batteri entro sorgenti caldissime mostra quanto la vita possa adattarsi anche alle più sfavorevoli condizioni ambientali. Ma altro è pensare che abbia potuto nascervi. Ma lo poteva alle temperature da 30¡ a 40¡, che nei nostri laboratori sono le più favorevoli alle colture viventi. E non è proprio entro i limiti di questi due valori che si trova la temperatura degli animali superiori? Secondo la teoria del biologo francese René Quinton, teoria assai in auge all’inizio del secolo, il liquido originario in cui vivevano i primi organismi si ritrova nei liquidi interni dei mammiferi. Il loro sangue non è forse un liquido salato, simile all’acqua dei mari primitivi che erano meno salati e più caldi degli attuali? Questo liquido – il plasma – costituisce l’acqua di un acquario – il corpo – ove vivono le cellule dell’organismo, segnatamente quelle cellule mobili che sono i globuli del sangue. E Quinton confermava la sua teoria con un esperimento fondamentale che al suo tempo fece scalpore: si può dissanguare un mammifero e mantenerlo in vita sostituendone il sangue con acqua di mare diluita e leggermente intiepidita. L’acqua del mare è stata, sotto un sole più intenso, il crogiolo degli esseri viventi. Ha portato i primi “coacervati” e li ha nutriti col solo fatto della sua presenza. I soli fossili che si trovano sino al passaggio dal Primario al Secondario – solo ieri all’orologio del mondo – sono proprio animali marini. Attraverso questi fossili, si può ricostruire a grandi linee la storia della vita scritta nell’oceano, sino a forme già superiori. E’ in questo laboratorio d’alchimista che si sono lentamente organizzati o che sono repentinamente apparsi esseri sempre più evoluti. Osservando, come faremo in queste pagine, il complesso della vita animale degli oceani attuali, procedendo dai più semplici ai più complessi, vedremo tratteggiato a grandi linee l’immenso affresco dell’evoluzione. Sotto i nostri occhi, la stupefacente proliferazione degli esseri marini ci dimostra che la vita si trova perfettamente bene in quell’ambiente che le è così favorevole: infatti l’ossigeno e gli elementi – che gli animali terrestri devono ricercare con lo sforzo, nella rotta, nei rischi – sono portati ad essi, in soluzione o in sospensione, dalle onde stesse. Così innumerevoli specie si riproducono e si moltiplicano pure restando fissate ad un substrato dalla nascita alla morte. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!