I camini di sale sul fondo del Mar Morto

Nel cuore del Mar Morto, una scoperta straordinaria sta attirando l’attenzione della comunità scientifica internazionale.

Sui fondali di questo lago salato emergono misteriosi “camini” di sale, strutture naturali formate dalla cristallizzazione di minerali provenienti da acque sotterranee ad alta salinità. Questi camini, alcuni alti fino a sette metri, sono il frutto di un processo geologico unico che potrebbe avere implicazioni importanti per la previsione di eventi pericolosi come le doline.

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Questi camini sono stati osservati per la prima volta in un progetto di ricerca coordinato dall’Helmholtz Centre for Environmental Research (UFZ). I ricercatori, attraverso un’analisi interdisciplinare, hanno scoperto che l’acqua salina che emerge dal fondo del lago proviene da falde acquifere sotterranee ricche di minerali. Questo fenomeno di “lisciviazione” delle rocce, in particolare dell’halite (il salgemma), crea una salamoia che, una volta a contatto con l’acqua del Mar Morto, forma cristalli di sale visibili come camini o fumarole.

Una delle principali implicazioni della scoperta riguarda la sicurezza delle regioni circostanti. I camini di sale, infatti, potrebbero fungere da indicatori per la previsione delle doline, pericolosi crateri che si formano a causa della dissoluzione di enormi strati di sale sotterranei. Tali eventi sono sempre più frequenti nel Mar Morto, dove il livello del lago sta calando rapidamente e le falde acquifere sono sotto pressione a causa dei prelievi intensivi da parte degli esseri umani.

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Il ricercatore Christian Siebert dell’UFZ sottolinea l’importanza di monitorare questi camini come strumento di allerta precoce. Le doline possono essere estremamente pericolose, rappresentando una minaccia per la vita umana, l’agricoltura e le infrastrutture. Se si riuscirà a tracciare i movimenti dell’acqua che alimenta questi camini, sarà possibile prevedere in anticipo dove si potrebbero formare nuove doline, contribuendo così alla sicurezza della regione.

In un contesto di crescente preoccupazione per il futuro del Mar Morto e per la gestione delle risorse idriche, questa scoperta offre uno spunto di riflessione sul delicato equilibrio ecologico della zona e sul ruolo che la ricerca scientifica gioca nel prevedere e prevenire i rischi naturali.