Proteggere con una cappa la coperta della barca da prua a poppa di Arch. Gino Ciriaci il 29 Ott 2016 E’ arrivato l’inverno, la stagione più adatta per tornare su un argomento che andrebbe ripetuto ogni anno, perché la memoria di chi ha una barca a volte è un po’ debole. Va detto innanzitutto che l’inverno sembra fatto apposta per mettere la barca in cantiere per i lavori, visto che ormai solo chi va a pesca ha bisogno di avere la barca in acqua, ma oggi è invalsa una moda evidentemente poco pratica, per cui una barca viene portata a maggio in cantiere, dove resterà molto tempo perché il cantiere, data la stagione, è già oberato di lavoro. E allora, perché non portarla adesso, evitando l’affollamento, con tutte le sue conseguenze? I lavori saranno fatti con più calma e con migliori risultati. Se invece la barca resterà in acqua fino a primavera, non avendo però bisogno di particolari interventi, sarà opportuno coprirla con una cappa, come si usa, giustamente, in Adriatico, per proteggerla dall’umidità. Però sul Tirreno questa protezione è ben poco diffusa: a che serve poi lamentarsi per le infiltrazioni dagli oblò, per il colore scuro della coperta in teak, per le macchie del legno, per il coppale che si alza o per la muffa all’interno? Nella foto accanto si vedono il capodibanda e la fodera interna della falchetta di un gozzo moderno in vetroresina, una bella barca peraltro, ma le parti in legno forse non sono state protette al meglio. A destra nella foto appaiono i corsi di teak della coperta che finiscono contro il trincarino centrale senza il classico dente di sega, che aumenta la superficie di incollaggio del teak al trincarino centrale. Un peccato da poco perché attiene l’estetica, ma non certo accettabile se la barca fosse tutta di legno e classica. Il peccato grave però lo si vede nel passacavi sul capodibanda, che forse è stato montato con poco sigillante e ha lasciato filtrare l’acqua nei fori dei perni di fissaggio, facendo annerire il legno, che probabilmente non potrà essere riportato al colore originario. Gli annerimenti tra il capodibanda e la fodera verticale in mogano chiaro derivano anch’essi da mancata protezione con vernice e sigillante tra le due parti, e quelli sulle teste delle viti derivano da un imperfetto incollaggio dei tappi che coprono le teste delle stesse viti. Questi difetti oramai sono difficilmente eliminabili, se non sostituendo le parti annerite; sarebbe infatti ormai impossibili schiarirli con prodotto chimici, come si prova talora a fare con le macchie meno evidenti. Anche verniciare a smalto in questo caso non darebbe buoni risultati perché spesso lo smalto non aderisce bene dove c’è stata vernice trasparente. Perché allora non proteggere con una cappa la coperta della barca da prua a poppa, o metterla al coperto, operazione che però può costare di più? Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!