La stand-up di Nautica Editrice il 21 Ago 2016 Agli inizi degli anni Ottanta, gli americani hanno scoperto un nuovo business: la pesca dei tonni yellow fin sui banchi californiani, a bordo di grandi imbarcazioni, in grado di far pescare contemporaneamente venti o trenta persone. In una situazione del genere, con cinque o sei ferrate contemporanee e bestioni di 70-100 chili che fuggono da tutte le parti, era impensabile condurre i combattimenti con canne tradizionali senza sedia. Gli statunitensi in questo sono sempre pronti a studiare nuove soluzioni e hanno modificato immediatamente le canne in modo da pompare in piedi, servendosi delle gambe e non più con le braccia come si era soliti fare fino a quel momento. Nacquero così le canne che prenderanno il nome di stand-up, concettualmente diverse da quelle a cui, fino ad allora, si era abituati. La canna da stand-up nasce da un’esigenza ben precisa, pompare grandi prede verticalmente. In pratica si rivela incredibilmente funzionante con tutti quei pesci che fuggono verso il fondo e che si bloccano a una certa profondità nuotando parallelamente alla barca. Nelle nostre acque questa è una caratteristica peculiare dei tonni. Il fusto di queste canne non solo è sensibilmente più corto di quelle tradizionali, data la spinta verticale che deve esercitare, ma si tratta, nella maggior parte dei casi, di fusti a ripartizione. La caratteristica principale che devono avere è quella di distribuire la potenza di ritorno del fusto, proporzionalmente alla spinta esercitata, contraria al pesce. Infatti, tali canne, generalmente, non sono etichettate con un libbraggio fisso, ma con potenze variabili: es. 12-20, 20-50, 50-80 ecc. L’impugnatura, ovvero la parte in neoprene o materiali simili davanti al mulinello, è molto più lunga rispetto alle canne tradizionali. Tale accorgimento si rivela indispensabile, dato l’impiego di questi attrezzi in pesca. Il manico, invece, è sensibilmente più corto, rispetto ai manici da usare in sedia da combattimento o con cinture inguinali. Nella pesca in stand-up la canna poggia sulle cosce e il mulinello si trova all’altezza dell’inguine, collegato ai ganci del renale o del giubbotto. Nell’azione di pompaggio le braccia non intervengono quasi per niente, bensì è il movimento del corpo a fare in modo che la canna si porti in posizione eretta creando la pompata. In pratica sono le ginocchia a flettersi facendo assumere al pescatore la posizione di “seduto” ed è il peso del corpo a controbilanciare la trazione del pesce. La canna viene avvicinata al pescatore mediante il giubbotto o il renale. Successivamente la canna, portata in posizione verticale, si addirizza, avvicinando la preda al pescatore. Nei combattimenti con prede molto grandi intervengono anche le ginocchia, che aiutano a controbilanciare la trazione del pesce, poggiando contro la murata interna della barca e fungendo da perno. I combattimenti estremi in stand-up andrebbero, per sicurezza, condotti sempre con un altro membro dell’equipaggio alle spalle del pescatore, in modo da reggerlo se la lenza si dovesse spezzare. È inoltre da tener presente che in alcune fasi del combattimento, il pescatore si trova sul bordo della barca, proteso verso l’acqua. In tali frangenti, specialmente se si combatte con un tonno di notevoli dimensioni, un indurimento improvvido della frizione, può significare finire in acqua. Logicamente, per controbilanciare il peso del pesce con il proprio, si deve poter contare su un carico di rottura della lenza almeno di 30 libbre. Nella pesca al tonno è consigliabile cominciare a condurre i combattimenti in stand-up dopo aver preso una buona confidenza con tali prede, in diversi combattimenti sulla sedia. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!