Lenze e terminali da profondita’ di Nautica Editrice il 21 Ago 2016 Date le alte profondità da raggiungere e la quantità di lenza da calare, è necessario disporre di una lenza in bobina che opponga quanta meno resistenza possibile all’acqua. Le ultime generazioni di multifili in kevlar e carbonio, presentano degli altissimi carichi di rottura e diametri sottilissimi. Tali multifili si chiamano comunemente multifibra e rappresentano una delle innovazioni tecnologiche di maggior rilievo.In bobina devono essere almeno 750 metri di multifibra, con altri 100-150 metri di dacron di riempimento, in modo da poter raggiungere comodamente il fondo anche con corrente e relativo scarroccio. Il multifibra termina con 3-4 metri di doppiatura, alla quale viene agganciata, con una semplice bocca di lupo, una girella con moschettone, facilmente sganciabile quando si ripongono gli attrezzi. Alla girella si collega la lampada stroboscopica, attrezzo indispensabile per rendere visibili le esche nell’oscurità degli abissi. La lampada deve avere una seconda girella con moschettone all’altro occhiello, per agganciarvi il terminale.In questa tecnica, per i terminali si utilizzano monofili di nylon di grande diametro, oltre che per poter salpare le grandi cernie, per avere rigidità sul calamento e ridurre la possibilità di intrico durante la calata o il recupero. Per poter calare dei terminali con molti ami a profondità considerevoli, è necessario avere sia degli snodi particolari tra trave e bracciolo, sia la rigidità dei braccioli, in modo che non si avvolgano al trave. Il sistema più efficace è quello di utilizzare girelle a tre vie, specialmente se si pesca in zone dove c’è una buona percentuale di possibilità di trovare le cernie di fondale. Le girelle a tre vie sono in genere di due tipi differenti: quelle con il terzo occhiello che fuoriesce dal barilotto e quelle che hanno una seconda girella inserita tra l’occhiello superiore e il barilotto. Le prime tengono maggiormente distanziato il bracciolo dal trave, mentre le seconde sono sensibilmente più resistenti. Un altro snodo che risolve egregiamente i problemi di arrotolamento dei braccioli, è il fast connettor della Stonfo. Questo accessorio consente sia di avere la rotazione, sia di cambiare velocemente il bracciolo. Per avere una maggiore rigidità dei braccioli è preferibile impiombare il nylon piuttosto che realizzare dei nodi. Le impiombature vanno eseguite con manicotti idonei al nylon impiegato e con pinze calibrate a fori paralleli che presentino il diametro dichiarato su ogni foro. I manicotti possono essere sia del tipo a doppio foro che quelli ovali, l’importante è che siano di dimensioni corrispondenti al diametro del filo. La preda più comune in questa tecnica è l’occhione (besugo o pezzogna). Pesce di eccezionali qualità gastronomiche, veniva pescato a profondità variabili tra i 100 ed i 200 metri, ma negli ultimi anni è sceso notevolmente, fino ad arrivare oltre i 500 metri di profondità. Vive in banchi composti da numerosi esemplari anche di taglie diverse. Può raggiungere i cinque chilogrammi di peso, ma esemplari di due chili possono essere considerati già di ottime dimensioni. Durante l’inverno, da dicembre a febbraio, si riproduce e in questo periodo si nutre soltanto durante pochi momenti della giornata. Vive sul fango lungo le cadute tra batimetriche di diverse profondtà con salti ripidi che creano pareti vere e proprie. Gli occhioni sono pesci molto voraci, quando si individua il branco è possibile effettuare numerose catture con una sola calata. Il terminale classico per questi pesci si compone con un trave del 100 e almeno sei braccioli dello 0,70. I braccioli devono essere non più lunghi di 20 centimetri e distanziati l’uno dall’altro in modo da non entrare in contatto tra loro. Per gli occhioni si utilizzano ami a gambo lungo di sezione sottile, di misura variabile dall’1/0 al 3/0 (Mustad 34007 o similari). In alcuni casi, quando ci sono molti pesci fitti, è preferibile fare i braccioli più corti e ravvicinati, in modo da effettuare un maggior numero di catture con ogni calata. Se nella zona di pesca ci possono essere delle cernie di profondità, è necessario adeguare i terminali in modo da non rimanere impreparati di fronte a una preda di buone dimensioni. Da esperienza sul campo è risultato che le cernie, nove volte su dieci, attaccano l’esca più vicina alla lampada stroboscopica, di conseguenza comporremo il terminale in considerazione di questo. Dalla lampada parte un primo pezzo del trave del 140-160 che si collega alla prima girella, di dimensioni maggiori rispetto alle altre, il primo bracciolo sarà anch’esso di diametro pari al trave, lungo 20-25 centimetri e con un amo dell’8/0-9/0. Il resto del calamento si può comporre con trave del 120 e braccioli del 100, ma andranno utilizzati ami di grande sezione tipo Mustad 10827 BLN o VMC 9260 di misura 3/0 – 4/0, in modo da poter sopportare la trazione della cernia, ma anche di ferrare gli occhioni. Gli ami da cernia devono avere una buona sezione e la punta rientrante ad artiglio d’aquila, non sono da sottovalutare i circle hook. Per rendere i terminali più visibili, oltre alla lampada possono essere inserite altre forme di illuminazione come star light o perline fluorescenti. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!