Spigola, la signora delle maree di Nautica Editrice il 21 Ago 2016 Da consigliare per lo più agli ostinati ed ai certosini, la pesca a traina alla spigola riserva delle sorprese solo a coloro che non demordono al primo insuccesso. I veri specialisti di questa pesca consigliano ai neofiti che è fondamentale far coincidere alcune precise varianti per ottenere un risultato positivo: l’esca giusta, il fondale adatto, la stagione favorevole, la fase lunare propizia e soprattutto un metodo di pesca ineccepibile per precisione ed attrezzi ultra leggeri. Le esche consigliateSi possono dividere le potenziali esche per questo astuto predatore in due categorie principali: esche naturali ed esche artificiali. Le esche naturali, preferibilmente vive poiché ovviamente nuotano nel modo giusto, sono appetite principalmente nei mesi estivi ed in acque limpide, dove l’inganno dell’artificiale di solito non convince l’astuta spigola. La “ceca”, ovvero la piccola anguilla, è catturante nelle zone di bassi fondali vicino alla costa, dove abitualmente questi anguilliformi migrano dalle lagune e dai canali verso il mare. Le più piccole s’innescano con un amo in punta di bocca e si devono trainare a velocità molto ridotta, inferiore al nodo. Quelle più grandi richiedono un secondo amo verso la coda, passato appena sotto la pelle. Nell’operazione d’innesco è bene bagnarsi le mani e spolverarle con della sabbia fina per far presa sulla scivolosa pelle dell’anguilla. Altra esca viva di grande efficacia è la ben nota aguglia, valida sia in acque basse che molto a fondo, dove oltre alla spigola di grossa taglia si “rischia”, si fa per dire, di catturare al suo posto un maestoso dentice. L’aguglia piccola si suole innescarla con un solo amo misura 2/0, 3/0, legato con del filo di dacron sotto il rostro, facendo attenzione a passare detto filo nella bocca aperta, tra i denti un paio di volte, prima di girarlo anche intorno al becco chiuso. Quella media, di circa 33 cm, deve essere innescata con due ami, posizionando il secondo, un 4/0, verso la coda prima della pinna pelvica, fissato con del filo elastico, quello dei calzini da uomo, non troppo stretto per evitare che funga da laccio emostatico e blocchi la circolazione sanguigna del pesce. Anche il cefalo, intorno ai 20 cm, può essere potenziale molto appetita dalla spigola, abituata a cacciare sotto costa, tra le spume di cefaletti, spesso frenati nel loro nuovo dal risucchio del moto ondoso. L’occhiata, lo sgombro, il sughero sono meno adatti, ma pur sempre validi in mancanza delle esche già citate.Sull’utilizzo della seppia, ci sono opinioni contrastanti. E’ fuori di dubbio, a mio avviso, che se nella zona dove la spigola vive e caccia, abitualmente ricca di posidonie, spiazzi di sabbia alternati a cigli di piccole rocce, sono presenti questi appetitosi cefalopodi, la loro vita sarà legata ad un esile filo. L’innesco della seppia viva deve essere effettuato con la massima cautela, mantenendo l’esca in acqua durante questa manovra. Un piccolo amo, con funzioni di trasporto, si fissa sulla punta del cappuccio, perforando delicatamente anche l’osso interno; un secondo amo, dal 4/0 al 6/0, va posizionato tra i tentacoli, inserendolo appena sottopelle, vicino al becco corneo.Tutte queste imboccature per le esche vive, si realizzano con uno spezzone di nylon del diametro del 0,60 + o – 0,70. Si può anche raddoppiare il finale, solo per il tratto dove sono presenti gli ami. E’ consigliabile fissare il primo amo, avente funzione di trasporto, in modo scorrevole ma frizionato, per potersi adattare alle varie lunghezze delle esche. In condizioni di visibilità mediocre, dai tre ai sette metri, quando il mare assume quella tipica colorazione verdastra, le esche artificiali possono addirittura dare risultati migliori delle esche vive, proprio per la loro maggiore evidenza e per le vibrazioni che la linea laterale della spigola percepisce anche a distanza. I famosi Rapala sinking magnum da 11, 13 e 14 centimetri nelle colorazioni giallo limone e testa rossa, per le acque molto torbide, maccarello, cefaletto e bianco madreperlato con strisce arancio, per le altre situazioni con migliore visibilità, danno risultati spesso sorprendenti; ottime anche le imitazioni dell’aguglia, i Rapala Sliver.E’ importante far lavorare queste esche alla velocità di nodi 3,4 circa, per ottenere un movimento e delle vibrazioni eccitanti.Anche i cucchiai ondulanti, quelli martellati con ancoretta rivestita di piume bianche e gialle, o i Tony Accetta americani ad amo singolo sempre avvolto con penne, in alcuni casi danno risultati positivi. I sostenitori dei Raglou, esca francese in gomma che scodinzola velocemente, disponibile in varie colorazioni, giurano di aver catturato spigole di taglia, con questi artificiali. Recentemente la casa giapponese che sigla le sue esche Yo-zuri, ha prodotto un pescetto artificiale molto simile ad una alice, estremamente riflettente. Gli attrezzi consigliatiIl finale di nylon deve essere estremamente sottile e resistente al nodo. La sezione varia dal 0,28 al 0,35 per una lunghezza di 20 metri. Per affondare l’esca, si usa abitualmente il dacron piombato da 45 lbs.,che cambia colore ogni 10 Yards. Il suo affondamento a velocità di traina con gli artificiali è di circa 80 cm, ogni colore, cioè ogni dieci yards filate in acqua. I mulinelli consigliati sono quelli a tamburo rotante come gli economici ma robusti Penn della serie Long beach e Senator con frizione a stella o i più sofisticati Penn International ad una o due velocità e gli Shimano TD 20 o 30 con frizione a leva. Ma l’attrezzo più importante è senza dubbio la canna, che deve essere molto elastica, per proteggere il finale di nylon così sottile. Ottime le canne multi libbraggio, da 2 ad 8 lbs. o da 4 a 16 lbs. In effetti si flettono, iniziando dal cimino, in proporzione al peso della preda; inoltre avendo un cimino molto sottile, ci avvertono se l’esca struscia il fondo o se si sporca con plastica o alghe. Ovviamente canne ed anelli; quelle con carrucole, possono dare dei fastidi al momento del passaggio del finale, che si può incastrare tra i supporti delle ruote. Un buon poggiacanna a cintura per combattere la spigola in piedi ed un capiente guadino a maglie larghe, completano gli attrezzi da pesca. La barca deve essere manovriera, con un motore che permetta andature al di sotto del nodo per le esche vive e tre nodi circa, per quelle artificiali. Uno scandaglio digitale è l’arma vincente per poter trainar, con precisione, il più possibile vicino al fondale; molto spesso ci indicherà la posizione della spigola, appostata sopra un ciglio o dietro un masso, in attesa della malcapitata preda. La spigola si pesca tutto l’anno; i mesi estivi sono forse più avari di prede e bisogna andarsele a cercare a maggiori profondità, fino a 25 metri. I mesi più favorevoli sono quelli dell’inverno ed inizio primavera, da gennaio a maggio. A febbraio e marzo, i primi giorni di quiete dopo le mareggiate, quando l’acqua comincia a schiarirsi, con gli artificiali citati, si possono catturare mostri di sette o otto chili, in quattro metri di fondo. Ed è proprio in queste occasioni, che subentra l’abilità dell’angler, che deve bilanciare le testate di una grossa preda, con un finale di nylon molto sottile, evitando che il nylon strusci sugli eventuali scogli del fondo. La tecnica migliore consiglia di dirigere l’imbarcazione verso il largo, sfruttando le pause del pesce, rivolte a riprendere energie ed accelerando solo in questi momenti. Dopo i primi cinque minuti, di solito, la spigola di mole, sembra arrendersi e viene docilmente verso l’imbarcazione, se la si recupera molto lentamente. Non bisogna illudersi: il combattimento è solo al suo esordio. Ripartirà almeno altre due o tre volte e sempre verso il fondo, dove cercherà di liberarsi dagli ami e dove si sente maggiormente protetta, nel suo habitat più congeniale. Gli attrezzi leggeri impongono di regolare la frizione quasi al minimo, con il risultato di prolungare l’azione di cattura, il nostro divertimento, ma anche le probabilità di fuga. Molto delicato è il momento del recupero a bordo; se vediamo che il nostro retino non è sufficientemente capiente, sarà bene optare per un raffio affilato, cercando di colpire la preda vicino alla testa.Poi, dopo le foto di rito, non resta altro che decidere il modo di come cucinarla. Non gettate le uova che sono ottime, cotte nel loro sacco, con aglio e rosmarino, irrorate con un goccio di vernaccia sarda; ci si può anche condire gli spaghetti, sostituendo il rosmarino con il prezzemolo ed aggiungendo abbondante peperoncino. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!