Traina: Le esche che camminano di Nautica Editrice il 21 Ago 2016 Le regole generaliAlcuni tipi di traina possono essere praticati con semplici lenze a mano; altri invece, data la mole dei possibili interlocutori, richiedono l’impiego delle canne con mulinello; l’uso di questi attrezzi serve anche, indipendentemente dalla stazza delle prede, ad esaltare la sportività della pesca ed il relativo divertimento. A stretto rigore le canne, i mulinelli e la lenza madre andrebbero bilanciati fra di loro con la conseguente ovvia necessità di dover disporre di un nutritissimo parco attrezzi. Troppo complicato (e costoso) per chi comincia! I primi passi si possono fare, oltre che con le lenze a mano, con normali cannette da pesca lunghe un paio di metri servite da mulinelli anche a tamburo fisso; ma se le nostre aspirazioni saranno appena un po’ ambiziose dovremo orientarci verso un paio di canne da traina da 20 libbre con mulinelli a tamburo rotante del n. 6 imbobinati con lenza madre da 30 libbre: si tratterà così di cambiare soltanto i terminali quando occorre. In seguito sarà l’esperienza a suggerirci soluzioni diverse o verso il basso o verso l’alto. La lenza madre (dacron o nylon) deve avere un carico di rottura superiore (almeno il 30%) rispetto a quello del terminale. Solo ai fini dei record e nelle gare ufficiali (aspetti dei quali qui non ci occupiamo) le posizioni si invertono perché in questi casi è la lenza madre ad essere presa in considerazione mentre la scelta del terminale resta praticamente libera. La girella è indispensabile solo se l’esca trainata tende a ruotare su se stessa; è quindi da escludere di massima con le piume e con quei pesci finti che navigano bene; viceversa è sempre necessaria con i cucchiaini e con le esche naturali; di norma va inserita fra lenza madre e terminale; soltanto con le esche naturali è più conveniente piazzarla a stretto ridosso delle stesse. Gli ami, quando servono, saranno sempre ad occhiello e con il gambo corto. Non deve mai mancare a bordo un capiente coppo con manico lungo e rete a maglie0 larghe nonché un gancio di ferraggio. Nel coppo deve entrare per prima la testa del pesce. Il gancio dovrà trafiggere la parte dorsale del pesce stesso. Si traina, salvo rare eccezioni, con più lenze a mare. Le traine vanno filate a distanze e con (eventuali) zavorre diverse; le laterali esterne sempre più a lungo delle altre. In alcuni casi, individuabili con un po’ di buonsenso e in particolar modo per i pesci di altura non troppo grandi (orientativamente intorno ai 3-4 chili), le traine su canna e mulinello potranno essere usate assieme a quelle a mano sempreché queste ultime siano armate con piume e filate più a corto. Durante l’azione di pesca le frizioni dei mulinelli vanno regolate su valori mediamente pari alla metà del carico di rottura del terminale. Per le lenze a mano il sistema migliore è quello di far passare il filo uno o più volte intorno a un qualsiasi elemento tubolare esistente nel pozzetto per modo che in caso di ferrata il filo stesso possa fuoriuscire (opponendo peraltro una certa tal quale resistenza) dal telaio intorno al quale è avvolto; fino a quando non interverremo con le nostre mani o il telaio stesso non sarà arrestato da un fermo (moschettone, maniglia, luce di bitta, ecc.). Da noi predisposto più facile a farsi che a dirsi (vedi disegno). All’atto della ferrata la lenza va decisamente strattonata in avanti e la velocità va ridotta senza però fermare del tutto la barca. In caso di cattura importante (l’importanza ce la segnalano la rapidità di fuoriuscita del filo dal mulinello o la forte trazione esercitata sulla lenza a mano) è opportuno togliere di mezzo tutte le lenze non impegnate prima di iniziare il recupero. Nell’ipotesi di catture multiple simultanee il recupero va fattopartendo dalla lenza filata più a corto. E’ buona norma controllare con una certa frequenza le esche per verificare se sono pulite: basta una piccola alga per comprometterne il rendimento. Se l’acqua è molto torbida le probabilità di cattura si riducono a zero. Le escheLe esche da traina possono essere naturali o artificiali, le prime vive o morte.Le artificiali vanno benissimo per quasi tutti i possibili clienti; fanno infatti eccezione soltanto le ricciole e le lecce di taglia, i pesci serra cresciuti e, solo in alcuni periodi, i dentici. Nel contesto elementare di questo articolo prenderemo in considerazione unicamente le quattro esche artificiali più collaudate dei nostri mari: i cucchiaini, le piume semplici (quelle costituite da ciuffi di piumettemorbide e basta), le piume giapponesi (quelle con testina solida cui vanno assimilati i cosiddetti octopus gommacei) e i pesci finti in legno di balsa. I colori mediamente più catturanti sono l’argento per i cucchiaini, il bianco per le piume, il biancorosso e il makarel per i pesci finti. Le esche naturali sono tante ma qui ci limiteremo a dire le cose essenziali sulle due di più frequente impiego e, di solito, di maggiore potere catturante: l’aguglia e la seppia. Vanno montate su spezzoncini di nylon, o di dacron o, se ci sono in zona pesci serra, di treccia metallica con guaina termosaldante. Gli spezzoncini lunghi almeno una trentina di centimetri e di resistenza mai inferiore alle 30 libbre, recheranno ad una estremità l’amo catturante (dal 2/0 al 6/0) e all’altra estremità un occhiello nel quale inserire il moschettone della girella annodata alla fine del terminale; su ogni spezzone andrà inoltre legato un amo più piccolo con funzione traente e talvolta anche catturante. Per l’aguglia l’amo traente andrà inserito alla base del becco con la punta rivolta verso l’alto mentre l’amo catturante sarà collocato all’altezza del foro anale (appena sottopelle se l’esca è viva, più in profondità se è morta) con la punta rivolta verso il basso. Per la seppia il traente sarà appuntato all’estremità anteriore del sacco e il catturante verrà allocato fra i tentacoli.L’aguglia morta, cui è necessario spezzare in due o tre punti la colonna vertebrale, funziona bene anche se ripetutamente surgelata, mentre invece la seppia dovrà sempre essere molto fresca. Le montature del totano e del calamaro sono suppergiù uguali a quelle della seppia. Gli affondatori di lenzaTutte le esche, eccettuate di norma le piume, destano l’interesse dei predatori solo se navigano sotto la superficie, talvolta addirittura in prossimità del fondo: da ciò la necessità di provocarne l’affondamento più o meno accentuato.L’effetto affondamento può essere ottenuto con mezzi diversi: fili autoaffondanti, downrigger o palla di cannone, piombo guardiano, piombi amovibili a spirale o a sgancio rapido. Qui faremo riferimento al sistema più semplice: quello dei piombi amovibili. Essi vanno collocati sulla lenza madre almeno 10-15 metri a monte dell’esca; è possibile montarne più di uno sullo stesso filo in ordine decrescente di peso a partire da quello più vicino al terminale. Quando il peso complessivo della zavorra supera il mezzo chilo è praticamente indispensabile impiegare canne di potenza non inferiore alle 20 libbre. Per “reggere” bene i piombi la lenza madre deve avere un carico di rottura non inferiore alle 20 libbre.E’ da notare che i pesci finti con paletta navigano, a seconda dei modelli e della velocità, da mezzo metro a quattro metri sotto la superficie. Se questo affondamento non basta non resta che aggiungere i piombi. I pesci della trainaLe diverse classificazioni con le quali sono abitualmente etichettati i vari tipi di traina (costiera, alturiera, piccola, media, grande, di superficie, di fondo, lenta, veloce, ecc.) finiscono spesso con il sovrapporsi e confondersi fra loro. Ma siccome ogni tematica ha bisogno di una traccia precostituita per svilupparsi compiutamente seguiremo una di queste classificazioni. Ai fini che qui interessano la distinzione più aderente alla realtà è certamente quella fra traina costiera e traina alturiera, ossia, convenzionalmente, entro o oltre le 3 miglia da terra. La traina in generale |Traina costiera |Traina d’altura Questo articolo ti è piaciuto? 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