Biologia Marina per subacquei: I pesci, meraviglie dell’adattamento di Nautica Editrice il 17 Lug 2016 Ben differenti sono i pesci piatti che nuotano sul ventre: già alla nascita le Razze hanno il ventre piatto, le pinne laterali espanse per prolungare il disco del corpo, il dorso e il capo ben “carenati”. La bocca è inferiore, armata di temibili denti piatti, una vera e propria macchina per macinare, che spezza facilmente le conchiglie. Raso sabbia, questa bocca che arraffa qualsiasi tipo di cibo è stata paragonata a una pialla che divora trucioli. Incollata sulla sabbia, la bocca non potrebbe aspirare l’acqua per la respirazione. Ancora una volta la natura ci offre un esempio ammirevole di un essere adattato al suo ambiente: due buchi, gli “sfiatatoi”, si aprono dietro gli occhi, quindi nell’acqua libera. Sono otturati da valvole dopo ogni inspirazione, e l’acqua, una volta attraversate le branchie, è emessa da fessure contro la sabbia.Sui medesimo fondali vivono anche animali che non vi stanno aderenti, adattandovisi tuttavia perfettamente. I Pesci Cappone o Triglidi. Essi hanno le natatorie laterali assai sviluppate in larghezza, con raggi divisi, così da diventare vere e proprie “zampe”, con le quali passeggiano sulla sabbia, a un’altezza sufficiente a far loro scorgere le prede. Un loro cugino mediterraneo, il Pesce forca, ha subito invece un’evidente evoluzione delle parti boccali: la bocca infatti è foggiata a becco per metà cucchiaio e per metà forchetta, efficientissimo arnese per rimuovere il fango. E’ evidente che l’adattamento a un medesimo ambiente può dar luogo a forme differenti. E’ così che il Trachino si seppellisce nella sabbia per sorprendere prede nuotanti; in esso l’evoluzione ha agito sugli occhi e sulla bocca: gli occhi guardano in alto, la bocca s’apre verso l’alto. Questi caratteri si ritrovano ancora più marcati negli affini Uranoscopidi che, come dice il nome, “guardano il cielo” e hanno la bocca mostruosa simile alla fessura di un salvadanaio. Altri mezzi dunque per addattarsi a uno stesso ambiente. Al contrario un medesimo adattamento porta a sistemi di vita del tutto diversi. Un parente del Pesce cappone ha conservato le membrane tra i raggi delle pinne laterali notevolmente sviluppate; con le pinne divenute simili ad ali, non vive più sul fondale ma alla superficie del mare. E’ il pesce volante, che compie lunghi balzi fuori dall’acqua ricadendo con veri “voli planati”. E’ un tipo di singolare adattamento “anti-rischio” che permette al pesce di sfuggire ai grandi cacciatori di superficie. Passiamo ora alle giungle di alghe, anch’esse evolute e sviluppate nelle dimensioni da quando abbiamo lasciato il regno vegetale, dopo aver parlato delle alghe unicellulari. Passiamo alle praterie delle coste mediterranee, un termine che si applica alle vere e proprie piante marine, tra cui dominano le Posidonie e le Zoostere, le cui masse di lunghe foglie nastriformi ondulano in balia delle onde. In queste praterie vivono pesci straordinari, i Nerofidi, esattamente simili a una foglia, parenti degli Ippocampi. Lunghi da 25 a 45 centimetri, larghi 1 o 2, nastriformi, hanno la testa non distinta dal corpo quasi per meglio imitare il nastro rettilineo delle foglie. La prima volta che si scopre uno di questi pesci quasi non si crede ai propri occhi tanto la somiglianza è allucinante. Non vi è dubbio: in questo caso la natura ha “voluto” imitare fedelmente la pianta. Ma perché mai? Molti altri animali abitano le praterie sommerse senza fondersi con l’ambiente, e tuttavia sopravvivono. La rassomiglianza non pare un elemento necessario; tuttavia ha modellato un corpo animale sino a sviluppare o ad atrofizzare questo o quell’organo. L’Arlecchino dei Sargassi, nel mare omonimo, un cugino della Rana pescatrice, costruttore di un nido nelle alghe fluttuanti, è pure perfettamente mimetizzato; ma poiché queste alghe hanno forme complicate, anche il pesce è provvisto di inverosimili appendici dentate. Abbiamo visto Crostacei e Molluschi adottare identiche soluzioni per resistere alle onde. Anche i Pesci che vivono tra l’ondeggiamento dei flutti vi ricorrono: i piccoli Ghiozzi di tutti i bassi fondali ove pescano i bambini, i grossi Ciclotteri della Manica e ancora pesci simili ai Rombi hanno le pinne ventrali unite a formare una sorta di ventosa circolare che permette loro, quando la applicano su una pietra, di resistere alle correnti. Diamo un ultimo esempio di adattamento, un esempio straordinario: le Remore conducono un’esistenza unica attaccandosi con la ventosa del capo al ventre di uno squalo, attendendo il cibo dai resti del suo pasto. Bisogna dedurre che la Remora vive così perché ha questa ventosa? oppure che ha questa ventosa perché vive così?… Ogni volta che si riflette sull’adattamento di un animale alle sue funzioni, ci si trova di fronte allo stesso problema: la nozione di “causa” sparisce. Il Tonno è un formidabile nuotatore perché è ammirevolmente costruito per nuotare? oppure è perché nuota molto che è così fatto? Causa ed effetto sono interdipendenti in un circolo che si potrebbe dire “vizioso” se non fosse invece pieno di virtù. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!