Una barca, uno yacht, una nave, sono oggetti che hanno una vita generalmente molto più lunga di altri mezzi di trasporto e, anche solo restando alla categoria delle imbarcazioni, cioè da oltre 10 metri di lunghezza omologata fino ai 24, si tratta spesso di barche che hanno un notevole valore.

Ovviamente, tutto cresce in proporzione quando si passa alla fascia superiore, quella delle navi da diporto, ovvero di lunghezza superiore ai 24 metri, quando si tratta non di rado di pezzi pressoché unici.

In ogni caso, a prescindere dalle tipologie, è facile che nel tempo emerga la necessità di apportare radicali modifiche, vuoi perché cambiano le esigenze dell’armatore o, più semplicemente, le mode del momento, vuoi  perché, con il passare degli anni, l’evoluzione tecnologica consiglia – a volte impone, a valle di nuove norme tecniche – un ammodernamento in termini di motori, impianti eccetera.

Chiaramente un’operazione di refit può variare da interventi minimi a una ristrutturazione completa che, spesso, coinvolge tutti aspetti dell’imbarcazione, fino a poter comprendere interventi impattanti e costosi, che possono arrivare fino all’estremo di tagliare in due la nave per allungarla. Allungarla, si badi bene, perché una nave non si accorcia mai!

I motivi di un refit

Prima di entrare in argomento precisiamo subito che quando si parla di refit non si sta parlando di restauro, che è cosa ben diversa. Il restauro, infatti, è un intervento che punta a ripristinare un’imbarcazione allo stato originale, o a riportarla in condizioni quanto più vicine possibile a quelle del primo varo.

È un intervento comune per yacht d’epoca o storici, dove l’intento è quello di preservare il carattere e l’integrità dell’imbarcazione senza alterarne significativamente l’aspetto o le caratteristiche originali.

In pratica, con il restauro si tenta di ripristinare lo yacht allo stato originale, mantenendo il più possibile l’autenticità storica e stilistica.

Un intervento di refit, invece, si concentra sull’aggiornamento e sul miglioramento di uno yacht esistente, includendo interventi sia estetici sia funzionali. L’obiettivo principale è modernizzare e migliorare le prestazioni, la sicurezza, il comfort e l’efficienza dell’imbarcazione, spesso introducendo nuove tecnologie o modificando il layout per soddisfare le esigenze attuali del proprietario.

Precisato questo, torniamo alle motivazioni che spingono un’armatore ad “imbarcarsi” in un intervento di refit.

Elenchiamoli rapidamente in un ordine che non vuole rappresentare una scala gerarchica di importanza perché, come avviene nella maggior parte dei casi, queste motivazioni sono spesso tutte presenti e hanno più o meno importanza a seconda dell’armatore.

Ad esempio a seconda della sua sensibilità verso i temi ecologici che lo spingono a soluzioni che rendano il suo yacht più sostenibile oppure dei suoi mutati gusti estetici che lo portano a contattare il famoso designer di turno che cambierà il look dello yacht.

Tutte motivazioni che possono essere legate anche ad aspetti meno soggettivi come l’esigenza di un cambio d’uso dello yacht, come un uso charter inizialmente non previsto che impone una ridistribuzione degli spazi di bordo, oppure l’esigenza di navigare in aree protette dove sono richiesti standard antinquinamento più rigorosi che impongono, ad esempio, sistemi di trattamento delle acquee reflue o impianti propulsivi ibridi o elettrici.

 

Allungare una nave generalmente significa tagliare in due lo scafo ed aggiungerne un pezzo che dovrà essere raccordato ed avviato perfettamente con il resto dello scafo. Per questo le zone di allungamento sono sempre le zone della nave a sezione trasversale costante, tipicamente la zona centrale di una imbarcazione dislocante (inserimento di un corpo cilindrico o allungamento di quello esistente) oppure la zona di poppa nel caso di un’imbarcazione semidislocante con poppa a specchio. Nelle figure, in cui sono rappresentati entrambi i casi, in blu è evidenziato un allungamento della carena del 10%.

Cambio d’uso dello yacht

È, forse, la motivazione più “razionale” dettata da un’esigenza più concreta di altre. Nel cambio d’uso rientra sicuramente la conversione a un utilizzo per il noleggio – il charter, insomma – che richiede modifiche per renderlo più adatto ad accogliere un numero maggiore di ospiti o ad offrire servizi specifici, come cabine più lussuose, spa, sale conferenze o cucine più grandi.

Ma non è raro che il cambio d’uso che motiva l’intervento di refit sia dettato da un mutato stile di vita dell’armatore che, ad esempio, potrebbe voler utilizzare lo yacht per lunghi periodi in mare e, quindi, renderlo più autosufficiente, o preferire un uso più ricreativo, richiedendo l’aggiunta di attrezzature per sport acquatici, piscine o aree relax.

grafico
Il grafico mostra la curva di resistenza della carena semidislocante originale lunga 30 metri e larga 6,7 metri (linea continua blu) e la
curva di resistenza della stessa carena allungata del 10% (linea tratteggiata blu). Come si vede, mantenendo immutata l’immersione e
guadagnando così anche un 10% di dislocamento, quando si supera la velocità critica la resistenza diminuisce significativamente (- 9%
a 16 nodi). Poi, al crescere della velocità, tale guadagno si assottiglia sempre più per effetto della maggiore superficie bagnata che fa
aumentare la resistenza d’attrito, fino ad annullarsi intorno ai 22 nodi. Se poi allungando la carena si riesce a contenere l’aumento di
dislocamento, supponiamo al 5% in modo da ridurre un poco l’immersione, la diminuzione di resistenza diventa ancora più consistente,
arrivando ad un -12 % a 18 nodi e mantenendosi al disotto della curva originale anche alle velocità più alte (linea rossa).

Comfort e personalizzazione

La ricerca di un maggiore comfort e il desiderio di rendere lo yacht più consono ai propri gusti sono certamente le motivazioni più “emotive” e, quindi, del tutto soggettive.

Pertanto, ci può entrare di tutto: dalla sostituzione dei materiali utilizzati per gli interni, al fine di migliorare sia il comfort sia l’estetica e creare un ambiente più consono ai propri gusti, alla riorganizzazione degli spazi per adattarli meglio alle proprie esigenze, ad esempio modificando cabine, saloni, zone relax o aggiungendo nuovi spazi come palestre, spa o cinema.

Per arrivare a modificare il design esterno dello yacht per adattarlo meglio al proprio gusto personale o stile di vita, ma anche alla moda del momento.

allungamento carena
Dal punto di vista idrodinamico, allungare una carena planante consente delle migliori performance alle velocità più basse, mentre alle alte velocità l’aumento della superficie bagnata si paga in termini di maggiore resistenza e le performance diminuiscono. Nel grafico, la linea continua indica la potenza effettiva al rimorchio PE (il valore di potenza necessario a rimorchiare la carena) per una carena di 90 tonnellate lunga 30 metri, mentre la linea tratteggiata indica la potenza effettiva al rimorchio PE per la stessa carena allungata del 10%. Come si vede la potenza richiesta per la carena allungata è inferiore fino ai 25 nodi quando la carena entra nel regime di planata vero e proprio. Va però precisato che valutare gli effetti dell’allungamento di una carena planante solo con un grafico del genere è troppo semplicistico, perché le sue prestazioni sono fortemente dipendenti dall’assetto dinamico assunto in navigazione che può essere facilmente modificato variando la distribuzione dei pesi e/o intervenendo con i cosiddetti correttori d’assetto, flaps o altro. Nel caso dell’allungamento di una carena planante non è quindi possibile valutare la sola variazione di lunghezza, ma diventa quanto mai necessario valutare gli effetti di ogni singolo parametro progettuale.

Aggiornamenti tecnologici

Come detto all’inizio, generalmente uno yacht ha una vita molto lunga durante la quale, inevitabilmente, la tecnologia imbarcata diventa obsoleta rendendo opportuno il suo aggiornamento. Ad esempio, la disponibilità di motori più moderni, di nuovi sistemi di propulsione e di bordo (come aria condizionata, illuminazione e gestione dell’acqua) permette di migliorare significativamente sia l’efficienza dello yacht in termini di consumi sia il comfort di bordo.

Ma è anche possibile installare sistemi di navigazione più moderni e più affidabili per rendere più sicura la navigazione oppure migliorare il comfort con sistemi domotici e di automazione per l’illuminazione, l’intrattenimento, la sicurezza.

Anche per un motoscafo planante si può optare per un allungamento della carena, che generalmente riguarda la poppa la quale
viene ridisegnata magari per creare un migliore accesso al mare. È il caso del 12 metri della foto, al quale è stata aggiunto un volume poppiero avente la duplice funzione di aggiungere una “spiaggia” dapprima inesistente e aumentare la superficie per il sostentamento idrodinamico. Come si può notare, l’estensione è stata realizzata senza tagliare lo scafo bensì, semplicemente, ancorando il nuovo blocco di poppa alle strutture esistenti.

Prestazioni e navigabilità

Questo è un capitolo dove si può andare dai piccoli interventi fino a quelli più drastici, come riprogettare la propulsione o allungare la nave. Se, ad esempio, tra gli obiettivi del refit c’è quello di una maggiore stabilità si pianificherà l’installazione di uno o più sistemi di stabilizzazione, a pinna o a giroscopico o entrambi. Se invece tra gli obiettivi è previsto anche l’aumento della velocità, può essere inevitabile riprogettare l’intero sistema propulsivo sostituendo motori ed eliche, fino ad arrivare a un allungamento della carena per renderla idonea alla maggiore velocità. Oppure, ci può essere l’esigenza di una maggiore autonomia, che può includere il semplice aumento della capacità dei serbatoi ma anche prevedere l’installazione di nuovi sistemi di gestione energetica.

Adeguamento alle nuove normative e sicurezza

Anche in questo caso si tratta di aspetti legati alla lunga vita che generalmente contraddistingue uno yacht, durante la quale le regolamentazioni internazionali riguardanti la sicurezza marittima, le emissioni e la protezione ambientale evolvono costantemente. Un refit permette di allinearsi a queste normative (come il codice ISM – International Safety Management o i requisiti dell’IMO – International Maritime Organization), ma anche di aggiornare e migliorare sistemi e dotazioni di sicurezza indipendentemente dall’obbligo normativo. Potenziare i sistemi antincendio, avere zattere di salvataggio più moderne o radar e dispositivi di comunicazione più efficaci consentono, evidentemente, una maggiore sicurezza per l’equipaggio e per gli ospiti.

Sostenibilità dello yacht

Se per un certo verso sono le stesse normative tecniche a spingere verso imbarcazioni più sostenibili, cioè che abbiano un impatto ambientale minore, è pur vero che molti armatori stanno diventando sempre più attenti a questo tema. La sensibilità ambientale può anche diventare uno dei motivi che sono alla base di un refit, magari anche condizionata e stimolata dai sempre più frequenti divieti di ingresso in riserve marine per gli yacht più inquinanti.

Ecco, dunque, che in un intervento di refit si decide di installare motori meno più “puliti”, sistemi propulsivi ibridi o elettrici, impianti di trattamento delle acque reflue. A fianco della riduzione delle emissioni, questa stessa sensibilità può spingere l’armatore anche verso interventi indiretti di riduzione dell’impatto ambientale, come, ad esempio, la scelta di materiali ecocompatibili e sostenibili per gli interni e gli esterni.

Preservare il valore di mercato

Dato che parliamo di oggetti estremamente costosi, il mantenimento del valore di mercato è un aspetto estremamente importante. Un refit regolare consente allo yacht di mantenere o addirittura aumentare il suo valore nel tempo, soprattutto in presenza di un mercato di seconda mano estremamente competitivo nel quale gli yacht ben conservati o modernizzati possono essere venduti a prezzi superiori. Tutto questo è facilmente intuibile.

Inoltre, con uno yacht tecnicamente aggiornato la necessità di futuri interventi di manutenzione si riduce, determinando risparmi economici significativi e garantendo una maggiore affidabilità. A tutto questo si può poi aggiungere anche un intervento di aggiornamento estetico esterno e interno per rendere lo yacht più appetibile alla vista.

Integrità strutturale

Capita frequentemente che ci sia uno scontro tra ciò che si desidera fare e ciò che si può fare, tra i sogni e la realtà, tra il designer e l’ingegnere.

Come abbiamo visto, tra i motivi principali per i quali si prevede il refit di uno yacht ci sono il suo aspetto estetico, la ricerca di un maggior comfort a bordo, miglioramento delle performance o aggiornamenti tecnologici. Tutti aspetti per modificare i quali è necessario, quasi sempre, intervenire sulle strutture.

In questi casi è buona regola mantenere l’omogeneità dei materiali: quindi, se lo yacht è costruito in materiale compositivo le modifiche e le integrazioni saranno effettuate sempre col medesimo materiale, anche se si possono avere diverse formulazioni in termini di resine e/o tessuti utilizzati. Stesso discorso se lo yacht è costruito in acciaio o in alluminio.

In tutti i casi, comunque, si tratta di interventi che vanno progettati ed eseguiti meticolosamente al fine di ripristinare quella che gli ingegneri chiamano integrità strutturale, ovvero ripristinare la struttura che è stata modificata, la paratia che è stata alzata, la murata nella quale è stata inserita un’apertura, per riportarla ad avere le stesse caratteristiche di resistenza, sicurezza e funzionalità che aveva precedentemente.

È evidente che si tratta di un aspetto fondamentale in un’operazione di refit che deve essere realizzata a valle di uno scrupoloso processo di rilevo e analisi dell’esistente dopo il quale eseguire una progettazione nella quale pianificare le modalità di intervento che poi saranno eseguite da maestranze specializzate in questo tipo di lavori. Infatti, è sempre auspicabile una certa sensibilità ad affrontare queste operazioni perché lavorare su impianti e strutture esistenti è un lavoro molto delicato.

Il refit estremo: taglio e allungamento dello yacht

A volte accade che l’intervento di refit non sia limitato agli interni e alle sovrastrutture, agli impianti e al sistema propulsivo, ma sia esteso all’intero di uno scafo che si vuole allungare. E tagliare lo scafo in due per aggiungerne un pezzo, al centro o a poppa a seconda delle forme di carena, è un intervento a dir poco drastico.

Per realizzare un allungamento necessario affrontare una serie di complessi problemi da vari punti di vista: da quello gestionale e operativo per la complessità dell’operazione a quello strutturale per le difficoltà nel ripristinare una struttura efficiente e sicura, a quello degli impianti che, il più delle volte, andranno riprogettati ex novo.

Nonostante ciò, non si tratta di interventi così rari come si può essere portati a pensare, specie quando la barca cambia destinazione d’uso. Allungare lo scafo, infatti, è un’operazione che, oltre a consentire un aumento degli spazi a bordo o il rinnovamento del look, consente in via generale di migliorare le caratteristiche idrodinamiche e, nel caso, di adeguarle alla nuova missione della nave.

Proprio riguardo a quest’ultimo aspetto, l’operazione segue diverse logiche a seconda che la carena sia planante o dislocante. Iniziamo dalla carena dislocante, la tipica carena lenta che mantiene pressoché costante il suo volume immerso, da ferma e in navigazione.

Su una carena di questo tipo che presenti una consistente zona centrale dello scafo a sezione costante, generalmente si taglia in due lo scafo e lo si allunga inserendo il cosiddetto “corpo cilindrico” (anche se poi non si tratta di un vero e proprio cilindro). Ma è anche possibile allungare la nave a poppa, se questa è immersa a specchio. Chiaramente la zona di allungamento deve essere raccordata e avviata perfettamente con il resto dello scafo.

Un altro aspetto da valutare, quando si allunga una imbarcazione che evidentemente aumenterà considerevolmente il suo peso, è quello idrodinamico. Ovviamente, una nave più lunga sarà più pesante, avrà una maggiore superficie bagnata e, in teoria, avrà una maggiore resistenza complessiva all’avanzamento che richiederà motori più potenti per mantenere la stessa velocità.

Tuttavia, nonostante il maggior peso, la maggiore lunghezza della carena consente il miglioramento delle sue performance in quanto la forma del volume immerso rimane grosso modo la stessa, ovviamente a meno della lunghezza.

Questo determina che anche la formazione ondosa prodotta sarà molto simile a quella della carena pre-allungamento, così come le sue qualità di tenuta al mare, le sue caratteristiche di manovrabilità. Ne consegue che, se l’allungamento è ben calibrato, la richiesta di maggiore potenza dovuta all’aumento della resistenza di attrito (maggiore superficie bagnata) potrà risultare inferiore all’aumento del dislocamento ottenuto.

Si ottiene cioè una nave più efficiente che, ad esempio, avrà una resistenza aumentata solo del 10% a fronte di un dislocamento aumentato del 20 %. Tutto ciò è fortemente legato a quella componente della resistenza totale della nave dovuta alle onde generate, la cosiddetta resistenza d’onda, che a sua volta è dipendente dalla lunghezza della nave e dalla sua velocità.

Proprio la velocità è un altro aspetto che può essere migliorato allungando la nave. Infatti, calibrando opportunamente la nuova lunghezza al galleggiamento della carena alla sua velocità di esercizio è possibile sfruttare positivamente l’interferenza tra i vari sistemi ondosi trasversali generati per recuperare, seppure in minima parte, energia e diminuire la resistenza d’onda.

È così possibile aumentare la velocità perché la ridotta resistenza d’onda è tale da compensare – in alcuni casi quasi totalmente – l’inevitabile aumento della resistenza di attrito dovuto alla maggiore superficie bagnata, così da mantenere la resistenza complessiva pressoché costante. 

L’allungamento di una carena può essere efficace e consigliabile anche per barche più veloci – come le semidislocanti, le semiplananti e le plananti – quando si prevede un aumento considerevole del peso e/o una variazione significativa della velocità di esercizio.

Infatti, l’allungamento mantiene le stesse forme di carena e quindi le stesse caratteristiche idrodinamiche nonostante l’aumento di peso perché, detto in altre parole, allungare la carena significa aumentare la snellezza della carena, fattore che consente di ridurre la formazione ondosa e addolcire il picco di resistenza corrispondente alla velocità critica che così può essere superata più agevolmente.

Nel caso delle carene plananti, infine, allungare la carena significa destinare una maggiore superficie al sostentamento dinamico, azione quanto mai necessaria nel caso di una barca diventata troppo pesante, eventualità nella pratica molto frequente. In questo caso l’allungamento consente delle migliori performance alle velocità più basse, mentre alle alte velocità l’aumento della superficie bagnata si paga in termini di maggiore resistenza e le performance diminuiscono.

Ma questo è vero solo in linea puramente teorica perché, per una carena planante, le performance sono profondamente legate anche ad altri fattori, come l’assetto dinamico assunto in corsa, legato a sua volta alla distribuzione dei pesi a bordo, alla conformazione del fondo, all’eventuale utilizzo di correttori di assetto come flap o altro. Mai come nel caso delle carene plananti andranno quindi effettuati complessi studi e calcoli per valutare globalmente gli effetti di un allungamento.

refitting
Lo yacht Lady Jade durante i lavori di refitting seguiti dallo studio NAMES dell’ingegner Rogantin

IL PUNTO DI VISTA DI FRANCESCO ROGANTIN / NAMES

L’ingegner Francesco Rogantin è titolare dello studio di progettazione navale e yacht design Names, che ha progettato e coordinato importanti refit di grandi yacht.

In un intervento di refit quanto valgono le considerazioni economiche legate all’aumento di valore dello yacht?

Si dice sempre che un intervento di refit rappresenta un investimento. Ma, trattandosi spesso di lavori molto costosi, personalmente non credo siano giustificati in termini di investimento, nel senso che l’aumento di valore dello yacht generalmente è inferiore al costo dell’intervento.

Quindi, in sostanza, ci sta dicendo che spesso l’aspetto emotivo conta più delle considerazioni economiche?
Certamente. Non a caso questi interventi di refit sono spesso firmati da designer più o meno famosi. E dirò di più: è proprio sugli schizzi e le proposte dei designer che l’armatore decide di intervenire sul proprio yacht. Poi arriviamo noi tecnici a verificare cosa si può fare e cosa no, come realizzarlo… insomma a fare il lavoro sporco! Per esempio, nei refit più estremi che abbiamo seguito, quelli che prevedevano l’allungamento dello scafo, tutto è partito da un designer che, su incarico dell’armatore, ha elaborato un primo progetto di massima; l’armatore è quindi venuto da noi, che siamo riusciti a trovare i giusti compromessi tra i suoi desideri, le idee del designer e la realtà dei numeri.

refitting yacht
Lady Jade dopo il refitting che ne ha allungato la poppa di 6 metri

L’allungamento dello scafo è dunque da ritenersi un intervento estremo?

Basta guardare un po’ foto scattate durante un refit di questo genere per rendersi subito conto di cosa succede quando si va a tagliare una barca: strutture e lamiere da ripristinare, cavi e tubi da allungare. Una bella rogna. Chi ci mette le mani deve essere abituato a tutto questo e non spaventarsi. Deve essere abituato ad affrontare situazioni in cui a volte non sai nemmeno come è fatta la barca al suo interno, perché non esistono disegni e documentazione tecnica idonea.

Insomma, lavori che un cantiere che costruisce soltanto il nuovo può non
essere in grado di eseguire.
Un cantiere che lavora sul nuovo fa fatica a gestire un’impresa del genere. Per la mia esperienza personale e come addetto ai lavori, quando si tratta di refit pesanti, vale sempre la pena di scegliere un cantiere specializzato.