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di Germano Scargiali

Finalmente si sistema il grande “parterre” del porto turistico dell’Acquasanta a Palermo, gestito da anni dal Marina Villa Igiea e in minor parte da due cooperative. Dopo anni di fermo, con splendidi yacht a vela e a motore lungo i pontili, il piazzale che separa la superficie acquea del porto dalla storica piazza si rifà il look e diventa funzionale, ospitando anche una costruzione parallelepipeda rimasta a lungo una piccola cattedrale incompiuta a far… bella mostra di sé. La sistemazione del verde è già in atto e nuovi alberi e arbusti sono in via di piantumazione.

“Perché tanta incuria?” – si chiedeva la gente. Era solo apparente. Era basata sugli immancabili problemi di permessi a lungo negati o quasi “archiviati” in qualche cassetto. Quella che adesso si è sbloccata è la volontà del Comune di Palermo che si è appena deciso a riqualificare anche l’armoniosa piazza con la chiesetta di Maria SS della Lettera e le altre costruzioni risalenti ai primi del 1900, tutte sotto l’egida della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali.

Persino un antico “araucarie” dentro un baglio. Alla fine la piazza sarà pedonalizzata, rispondendo a una sorta di “passione cittadina” per cui tutto si pedonalizza, ignorando spesso – però – come occorrano le vie d’accesso e soprattutto i parcheggi limitrofi. In questo caso ci si può chiedere se al Comune troveranno una logica per interrompere o rendere più farraginoso il transito veloce lungo il mare: una sorta di provvidenziale “circonvallazione a mare”, già penalizzata dall’uscita dei Tir dal porto commerciale che aspettano invano una bretella autostradale, già sulla carta da anni nei minimi particolari e realizzabile in project financing, ma che… non fa parte della logica ambientalista (?) del Comune.

Si tenga conto che il Porto di Palermo, da sempre nei disegni dell’UE (prima ancora di Augusta, il porto naturale più ampio d’Europa) è, assieme all’impianto della Fincantieri (dove c’era l’Arsenale borbonico e poi La Cantieri Navali & riuniti del Tirreno), la maggiore realtà industriale della Sicilia. Splendida per altri versi (vedi transito di navi crociera) la posizione centrale del porto, motivo storico dello sviluppo della città sin dai primordi. Tutto ciò nel cuore cittadino, dove le grandi navi Ro-Ro scaricano dal loro pancione un serpentone di autotreni lungo oltre 10 km per volta. E i Tir transitano lungo strade nevralgiche della città che vive e lavora.

Ma sull’Acquasanta si potrebbe scrivere un romanzo. La sua è la tipica storia infinita. Sprofonda nel ricordo della bella époque, tempi mai abbastanza rimpianti nella Palermo detronizzata dal suo antico ruolo di capitale dell’Impero, delle Due Sicilie e del Regno di Sicilia. Capoluogo? Pfui! Il palermitano? Uno snob che si identifica con la propria città alla quale non dichiara il suo profondo amore, non la canta, convinto che non sarà mai come fu, come avrebbe potuto e come avrebbe dovuto essere.
La piazza Acquasanta, considerata sacra dai borghigiani nati negli stretti dintorni, ma anche da molti palermitani, prende il nome da un’antica fonte naturale che esiste ancora, ma non viene – per quel che sappiamo – più utilizzata per bere, neppure da chi la nasconde da qualche parte. La minerale in plastica, guai ormai a chi la tocca.
Era un lido “eletto” per la città, riservato a chi volesse e potesse distinguersi dalla “massa” che si recava a Romagnolo, in mezzo al grande golfo cittadino. La nonna di chi scrive queste righe nuotava “a mezzo braccetto”, cioè riversa su un lato come su un triclinio, fino alla Grotta di Smeraldo che esiste ovviamente ancora, ma del tutto fuori dai percorsi cittadini. Il piccolo stabilimento su palafitte con cabine in legno era ancora lì nel primo dopoguerra, anche se la famosa Mondello, bonificata negli anni ‘20, s’era chiamata tutta la “Palermo bene” e preso appellativi da “spiaggia più bella del mondo”: un lembo dei Caraibi proiettato a caso nel Mediterraneo.
Allora l’Acquasanta era una borgata, ma anche un “clan”. Essere “acquasantino” significava qualcosa: gente intelligente, capace di spiccare il volo nell’imprenditoria, ma anche nello sport. L’Acquasanta fu per decenni la prima squadra di nuoto e pallanuoto di Palermo.
Santificata la piazza? Certo! Se è altrettanto vero che periodicamente gli alunni delle scuole del circondario fanno una vacanza ogni anno per eseguirne con pochi strumenti una pulizia straordinaria.
Con tutto questo passato le polemiche e l’ostracismo verso la nascita del porticciolo turistico, che ha portato poi lustro e lavoro all’antica piazza, furono forti.
“Una volta – dicevano in giro – qua profumavano i gelsomini, i bagni erano salutari, i fondali un merletto di coralli e piante marine. Bevevamo l’acqua della fonte con le mani a coppo…”
Tempi veramente andati: la crescita esponenziale della città nel dopoguerra, la fogna (major) che usciva a poche centinaia di metri e i cantieri divenuti leader nell’aggiustare un tempo le petroliere e oggi le piattaforme petrolifere, avevano già colpito a morte quella beata realtà. Portando però tanto benessere che prima non c’era.
“Io – aggiungevano – la ricordo ancora l’Acquasanta com’era!”
Ma la volontà di spostare il grosso del diporto e del turismo nautico, decongestionando l’antica Cala in piena “Città Murata”, attorno alla quale si dipanò nella storia il porto commerciale sin dal tempo dei governatori spagnoli, fu ferma come la pietra più dura del Monte Pellegrino. I governatori spagnoli amarono “l’avita Panormos dei Fenici e dei Romani, pur con nome greco” e la fecero propria quanto e più degli arabi (che non furono mai tali, ma genericamente musulmani del Nord Africa e Berberi). Fra questi ispanici, uomini moderni e razionali, il non dimenticato Maqueda dà ancora il nome alla principale arteria cittadina, finché essa non esce dalle antiche mura con il nome di via Ruggero Settimo. Premi meritati (nonostante le opposte critiche) per chi sventrò la città fenicia, romana e medievale per far posto a due assi stradali ortogonali, portando il “corso” parallelo al mare anziché verticale. Ma allungarono anche provvidenzialmente la diga foranea, dando il “la” al porto commerciale. A Palermo si costruirono anche gli “sciabecchi” più efficienti della Battaglia di Lepanto che decise il corso della storia.
Tanti fatti (impossibile riassumerli) si riversano sull’Acquasanta. Perché il golfo è circolare e, una volta per tutte, la mano destra non può non sapere quel che fa la sinistra perché a mare stretto fra due grandi promontori, Pellegrino e Zafferano, tutto è vicino ciò che da terra sembra lontano.
La sistemazione a porto turistico avviene oltre 20 anni fa in seguito a un disegno degli allora presidente e direttore dell’Ente porto, Santi Cacopardo e Paolo Cimino, per far spazio allo yachting locale accanto ai pescherecci della Cala e dar spazio in maggior misura al transito nel porto Acquasanta. Non fu un gioco da ragazzi: occorreva persuadere gli “acquasantini”. Stendiamo un velo perché la storia si complica troppo…

Frattanto, con Cammarata (sindaco) in città e Bevilacqua (Autorità portuale) sul ‘fronte mare’ la Cala divenne un vero gioiello: sistemazione a verde a perimetro e yacht a vela sui pontili a testimoniare in pieno centro storico la Palermo evoluta e benestante che certamente convive con gli insoluti problemi cittadini.
Ma ecco come, alle soglie degli anni ‘20 del nuovo millennio, il Comune di Palermo si decide a lanciare il programma con le parole “Riqualificazione territoriale ed ambientale dell’area prospiciente il porticciolo della borgata Acquasanta”. Anche il piazzale interno al porto sarà parte della piazza, cioè assolutamente aperto al pubblico. Di fatto era già così, perché mai fu impedito ad anziani o alle mamme col passeggino di circolare negli spazi liberi. E’ normale o quasi che nei porticcioli avvenga così! Ma la novità è che – a spese dell’amministrazione del Marina Villa Igiea, l’intera piazza sarà anche riqualificata e …pedonalizzata. Per il traffico automobilistico, che considera il breve lungomare parte di una circonvallazione di fatto, è possibile ricavare un bypass dietro la cerchia di antichi caseggiati e di una romantica chiesetta: la Madonna della lettera.
Nuova vita, dunque, per la tanto amata e tormentata Acquasanta? Chi scrive è certo fra chi la ama, ma: “…se lei spera – mi disse una signora – che questi luoghi si affranchino dalla realtà attuale – si illude di grosso”. A Palermo vigono prudenza e un costante pessimismo: “Chi vivrà vedrà…”.

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